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Una strage silenziosa!

Attualità
Spetta/Le Redazione
 
Il terzo millennio, si è rivelato catastrofico per il genere umano, pandemie, riscaldamento globale, e disastri ecologici provocati da noi stessi, mettono a rischio la nostra sopravvivenza. Ma nonostante ciò, l'opinione pubblica mondiale rimane in altre faccende ... affaccendata!

Da qualche anno si sta perpetrando una strage che, pur essendo di vitale importanza per tutto il genere umano, è passata quasi sotto silenzio; la moria delle api. Un recente studio universitario ha stabilito che in meno di cinque anni, dieci milioni di alveari sono spariti dalla faccia della terra. Calcolando che in ognuno di essi erano presenti circa sessantamila api, la dimensione di questa “strage degli innocenti,” appare in tutta la sua drammatica dimensione. Questi laboriosi insetti, oltre a fornirci il loro dolce prodotto, sono responsabili di oltre la metà delle impollinazioni di piante per noi vitali come le orticole, e la frutta. E’ perciò evidente che la loro scomparsa creerebbe un impoverimento del nostro patrimonio vegetale, che in pochi decenni potrebbe persino provocare l’estinzione della razza umana. Ma quali sono le cause di questa strage? La risposta mi pare scontata; è colpa nostra. Alcuni decenni fa si sono fatte ricerche per creare insetticidi che pur essendo efficaci, non fossero di facile diluizione alle intemperie, e soprattutto non particolarmente tossici sui vertebrati. Si mise così a punto, una nuova categoria di pesticidi, detti sistemici, che venivano assorbiti dalla pianta, che li distribuiva uniformemente dalle radici, ai fiori, e ai frutti, proteggendo il raccolto, dopo una sola applicazione, per tutto il ciclo produttivo. Fu scoperto anche una nuova generazione d’insetticidi, i neonicotinoidi, poco dannosi per noi, ma letali per gli insetti, cui paralizza il sistema nervoso, impedendone le funzioni vitali, che li porta in breve tempo alla morte. E’ chiaro che anche se l’insetto bersaglio non erano le api, queste, visitando un altissimo numero di fiori di ogni tipo, sono le più colpite, e infatti, il numero di quelle selvatiche è drasticamente diminuito rischiando l’estinzione, mentre per le domestiche oltre al loro dimezzamento numerico, si è presentato un altro problema, ancora più grave. Prima di morire le api, fanno a tempo a portare all’alveare il polline, anche lui contaminato, che oltre a essere tossico al consumo umano, uccide le pupe cui è destinato come cibo, distruggendo di fatto l’alveare. Altro grosso problema è un erbicida totale, ampliamente usato in agricoltura; il Glifosato. Recenti studi hanno evidenziato che le api sono particolarmente vulnerabili a questa sostanza anche in particelle infinitesimali che gli scienziati credevano innocue Da qualche tempo l’opinione pubblica dei Paesi Occidentali, sta cercando di sensibilizzare i vari Governi perché mettano al bando il Glifosato, e questi terribili pesticidi, ma calcolando che solo nel 2015, la vendita di questi prodotti ha prodotto un’utile di quasi 2,5 miliardi di dollari, la battaglia sarà dura. Il terzo millennio non è un periodo felice per le api, perché sempre per la nostra dabbenaggine devono fare i conti con un altro nemico, questa volta un coleottero esotico, che inconsapevolmente è stato importato in Italia dal Sudafrica, dal nome difficile, l’Aethina Tumida, che parassita pesantemente la colonia, e che la sola cura conosciuta per adesso, è la distruzione dell’alveare. Altro parassita africano è la Verroa Destructor, che però è più facile da controllare. I cambiamenti climatici poi, hanno portato sconvolgimenti, che mettono in ulteriore pericolo questi insetti. Il caldo ha fatto spostare di anno, in anno, sempre più a Nord, l’area di nidificazione di un uccello bello ma micidiale, il Gruccione. Questo volatile è specializzato nella cattura in volo degli insetti, soprattutto delle api, che portando anche un carico di nettare, ha per quest’uccello, lo stesso gradimento che gli umani hanno gustando un cioccolatino ripieno. Tutte queste cause hanno contribuito a ridurre la produzione di miele in Italia, di oltre la metà, causando l’aumento dei prezzi, ma soprattutto la voglia di qualche “furbetto” di sofisticare questo delizioso alimento, a scopo di lucro. Pensare che meno di cinquanta anni fa a Carrara, come in ogni zona vocata all’agricoltura, in ogni fattoria erano presenti almeno cinque o sei “cassete” come a quei tempi si chiamavano in dialetto gli alveari. Le api erano considerate alla stregua degli altri animali domestici, perché, oltre a fornire con il miele un importantissimo aiuto alimentare, senza saperne magari il motivo, i contadini avevano visto che favorivano i raccolti. Mi ricordo che nel mese di marzo, la fattora, prendeva gli alveari da sotto la tettoia del granaio, dove avevano passato l’inverno, per spostarli di notte, alla loro posizione “primaverile.” Ognuno aveva il suo posto già assegnato anno dopo anno. Ne metteva due nel frutteto, su una specie di palafitta alta circa un metro da terra per metterli al riparo dagli animali selvatici, altri due erano posti in cima, e in fondo, all’orto, e un altro paio, li poneva di fianco alla ferrovia dove esisteva un grosso boschetto di Acacie.  Noi bambini ci tenevamo alla larga dagli alveari, ma restavo incantato quando a distanza di sicurezza, guardavo la fattora lavorare attorno alle api. Le chiamava in dialetto ”le me m’nine,” (le mie bimbe) e armata solo del soffietto a fumo, senza usare altre protezioni, riusciva ad aprire gli alveari e a smielare, senza alcun problema. Nel mese di aprile, metteva dei piccoli recipienti davanti all’entrata degli alveari pieni di acqua molto zuccherata, perché diceva ”ad’en picine ad’an fama e a n pos’n anch volar ben” (sono piccole, hanno fame e non possono ancora volare bene.) Nei miei ricordi più belli sono rimaste le scorpacciate fatte con le gigantesche fette di pane casereccio, spalmato di miele, al tempo una vera merenda da re. Sarebbe davvero imperdonabile, che per la nostra “cecità” ecologica, condannassimo a morte le nuove generazioni, per non aver saputo fermare la “strage degli innocenti.”
Mario Volpi 12.12.21
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