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Sezione a cura di Mario Volpi
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Le mucche dei poveri

La civiltà animale
Spetta/Le Redazione
Voglio continuare la serie degli animali che sono stati fondamentali nell'evoluzione umana, ma non solo dal lato economico, ma anche religioso e culturale, alcuni pagando e facendo pagare ai loro padroni un prezzo altissimo a causa del fanatismo religioso e dell'ignoranza popolare.


Tutti gli studiosi di antropologia, sono concordi nell’affermare che il primo embrione di civiltà umana, si sia formata circa 11.000 anni fa, in Mesopotamia. Una zona sulle sponde del mar Mediterraneo a forma di semicerchio, con i confini delimitati da fiumi importanti come il Tigri e l’Eufrate, da cui deriva il nome che significa “terra tra i fiumi”. Con un clima di tipo mediterraneo, che consentiva l’agricoltura, e l’allevamento degli animali, ben diverso dal territorio arido e desertico circostante, gli scienziati chiamarono questa piccola porzione di Medio Oriente la Mezzaluna Fertile. Tale zona comprendeva l’attuale Palestina, la Siria, la Giordania, e la parte più settentrionale dell’Egitto. Si presume che proprio qui, nel Neolitico, i nostri progenitori iniziarono il lungo cammino evolutivo che ancora oggi continua. Ad aiutarli in questo difficile viaggio fu l’addomesticazione, e l’utilizzo di quello che era chiamato “bestiame minuto”, ossia capre e pecore. E’ difficile stabilire quale dei due animali abbia subito per primo l’addomesticazione, è certo invece che, le due speci, siano state protagoniste nell’evoluzione umana, con gli stessi vantaggi per l’uomo, anche se in ambienti totalmente diversi. La pecora, discende certamente dalle progenitrici selvatiche che vagavano numerose nelle praterie Mesopotamiche, mentre per la capra, alcuni zoologi sono concordi nell’affermare che derivi dall’Egagro, una capra selvatica ancora presente nell’Asia centrale. Mentre la prima necessita d’erba di buona qualità, con pascoli in terreni non troppo accidentati, con disponibilità di acqua, la capra si accontenta di mangiare erba dura, e ramoscelli fibrosi, e ama arrampicarsi su pareti scoscese e brulle, o sulle creste di profondi dirupi, ed è capace di bere anche ogni due giorni. Il successo dell’evoluzione umana, è in gran parte dovuto all’utilizzo intensivo di un alimento derivato dalla pastorizia, usato per millenni, che molti affermano sia stato scoperto per puro caso. Si presume che sia stato possibile che un nostro progenitore, abbia pensato di mettere del latte in un otre di pelle di pecora, come riserva alimentare per fare un viaggio attraverso il deserto. Il caldo, lo scuotimento, e i batteri presenti nell’otre, generarono il primo” latte acido” della storia. Conosciuto con molti nomi, per ottenere questo primitivo yogurt, in un’Era in cui il frigorifero non esisteva, bastava aggiungere latte alla massa spugnosa, in ugual misura di quanto se ne consumava, riuscendo così a conservare il latte in eccesso per molti giorni. La scoperta di cagli animali e vegetali, poi, diede inizio alla produzione del formaggio, altro modo sicuro per conservare a lungo il latte. L’importanza di pecore e capre, aumentò notevolmente con l’evolversi della razza umana, diventando, agli occhi di alcune popolazioni, l’incarnazione sulla terra di potenti divinità. Scrive Plutarco che in Egitto delle bellissime sacerdotesse, si accoppiassero con “l’ariete sacro”, incarnazione terrena del dio Mendes, per ingraziarsene i favori per il raccolto. Il poderoso maschio della capra, l’ariete, proprio perché considerato divino, finì anche in cielo in una Costellazione che porta il suo nome.  Per gli antichi Greci invece, il dio Pan, mezzo uomo e mezzo caprone, era una divinità silvestre, sempre a caccia di Ninfe da insidiare, era il simbolo dell’insaziabile appetito sessuale, ma anche il protettore degli armenti. Per la religione Ebraica, la capra aveva forti connotati simbolici.”Il Capro Espiatorio di Azazel”, era il ricettacolo di tutti i peccati degli umani, e quindi, durante una speciale cerimonia, era precipitato da una rupe, per mondare il popolo di Israele. Per la religione cristiana invece, entrambi gli animali possedevano un forte misticismo. La pecora era il simbolo della mitezza, della sottomissione, ma al plurale era un chiaro riferimento ai fedeli, intesi come popolo di Dio, mentre il cucciolo di pecora, l’agnello, era l’incarnazione stessa, dell’Agnus Dei, ossia di Dio. Il montone, il maschio della pecora, invece, era il simbolo della forza, e dispensatore di vita, in quanto, fecondatore di un intero gregge, ecco perché lo si sacrificava alle divinità, essendo il bene più prezioso del pastore. Nel Medioevo, soprattutto attorno al 1300, con l’arrivo della grande epidemia di peste, e la successiva “caccia alle streghe”, l’ariete, diventò la personificazione del maligno, e le pastore donne, a quel tempo la maggioranza, furono accusate di accoppiarsi con lui per ottenere i favori di Satana, o spargere il contagio tra chi le ostacolava. Per oltre due secoli, questa inumana persecuzione causò molte migliaia di vittime tra le povere donne del popolo, torturate, e bruciate vive, insieme ai loro animali. A ridosso dei nostri giorni, era ancora convinzione popolare, che una capra nella stalla impedisse agli altri animali di ammalarsi, com’era certo che portando nella stanza di un malato un ariete, questo guarisse il giorno dopo. Cosa c’era di meglio contro l’insonnia di un corno di capra sotto il cuscino? Per alcuni poi, ogni tanto le capre al pascolo sparivano perché andavano dal Diavolo a farsi pettinare la barba. Sul finire del 1700, l’avidità, e la cupidigia, della “Società bene”, ossia dei primi padroni di ferriere e fucine, per saziare la loro sete di legname, e materia legnosa, necessaria all’alimentazione delle fornaci, convinsero la “politica” del tempo, a emanare delle leggi scellerate. Fu certamente la non vicinanza con il popolo, e la totale ignoranza dei suoi bisogni primari a fare si che, il Marchese Cesare Beccheria, dotto giurista e illuminista, facesse promulgare una legge che proibiva il “possesso e il pascolo delle capre”, portando la popolazione caprina a un passo dall’estinzione, e privando milioni di persone della sussistenza data loro dalle “vacche dei poveri”, com’erano chiamate pecore e capre.  Stessa cosa accade durante il ventennio fascista, in cui si proibì il pascolo delle capre nei boschi, anche se di proprietà dell’allevatore, e si mise una forte tassa sul possesso di ogni capo, riportando questi animali a un numero prossimo all’estinzione. In altre parti dell’Italia invece, i regnanti autorizzavano la transumanza, e il possesso di enormi greggi, a solo pochi eletti, favorendo così un vero e proprio monopolio della lana e del formaggio. Oggi l’allevamento delle capre è molto limitato, presente soprattutto nelle zone alpine dove da origine a prodotti caseari di alta gamma, ma di contro, con una produzione molto limitata. Non va meglio per le pecore. Oltre alla scomparsa dei territori per il pascolo, gli allevatori sono costretti a smaltire la lana come “ rifiuto speciale” non essendoci più un mercato, sommando a questo anche l’onere economico per la tosatura. Il territorio Apuano, con la sua asprezza, ha contribuito nei millenni, ha far nascere razze autoctone perfettamente adattate all’ambiente, come la pecora “Massesa”. Originaria del Forno sopra Massa, con il vello completamente nero, per meglio catturare i raggi del sole, e la taglia relativamente piccola, per muoversi agevolmente sulle Alpi Apuane, è di contro una grande produttrice di latte, e partorisce di solito due agnelli, cosa non da poco per l’economia di un tempo.  Vi è poi la ancor più specializzata Capra Apuana. Caratterizzata da un vello sia corto, che lungo, di colore nero, o grigio scuro, presenta macchie bianche sul ventre, molto rustica è perfettamente adattata agli aspri e impervi canaloni Apuani, avari di erba, ma generosi di “paler” un’erba fibrosa che solo le capre mangiano. Oggi questa specie, con meno di trecento esemplari in purezza, può considerarsi estinta, perdendo così per sempre, un patrimonio genetico millenario.
 
Così, pecore e capre, dopo essere state le principali artefici della straordinaria evoluzione della razza umana, gradatamente, ma inesorabilmente, sembrano destinate al crudele destino dell’estinzione, o per lo meno dell’oblio; triste epilogo, per le “vacche dei poveri”, che per millenni hanno dispensato la vita!
 
 
Mario Volpi
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