Per salvare la pelle - carraraonline.com

Sezione a cura di Mario Volpi
Vai ai contenuti

Per salvare la pelle

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
C'è stato un tempo, ormai remoto, che Carrara era un importante centro industriale, e non si trattava di marmo.
L’animale uomo, è l’unico mammifero la cui pelle non è in grado di proteggerlo dagli agenti atmosferici come sole, freddo, pioggia, o vento, per cui, per sopravvivere, è stato costretto a prendere “in prestito” quella di altri animali. Ma per fare ciò era necessario imparare a fermare il normale, e molto veloce processo di putrefazione, che distruggeva e rendeva la pelle dell’animale un veicolo d’infezione. Questo processo si chiama “concia” e nei millenni ha subito innumerevoli migliorie, che continuano anche oggi. All’inizio ci si limitava a mettere la pelle su di un graticcio ben tesa, ed esporla per giorni al sole, ma così facendo questa diventava secca e dura, e oltretutto questo procedimento, rallentava, ma non fermava del tutto il processo di putrefazione. Così, forse dopo secoli, ci si accorse che aggiungendo il sale, questi estraeva gran parte dei liquidi responsabili del decadimento organico, e si cominciò a mettere le pelli sotto salamoia per giorni, prima di esporle al sole. Ma questo procedimento anche se rendeva la pelle più durevole, aumentava ancora di più la sua secchezza e rigidità. Furono per primi i popoli mediorientali a usare per la concia  l’immersione prolungata in bagni con altri ingredienti, come resine vegetali, infusi vari, ma anche urina e feci, che penetrando in profondità nelle cellule, non solo fermavano il processo di putrefazione ma rendevano la pelle abbastanza morbida. Ma fu nel Medioevo, che i conciatori diventano una potente e indispensabile Corporazione. Una prova inconfutabile si ha nella storia medievale della città di Carrara, dove l’abbondanza delle acque del fiume Aventia (oggi Carrione) favorì una florida “industria” di concia delle pelli, prevalentemente ovine e caprine. Questa lavorazione, era però soggetta a rilasciare nell’aria un nauseabondo fetore di cadavere, che l’uso di feci umane, e urine animali, accentuava ulteriormente rendendo, specie nei mesi caldi, l’aria irrespirabile. Così già nel 1240, nel Codice Pallavicini, il primo vero “codice civile e penale” della Carrara medievale, oggi conservato nell’Archivio di Stato di Sarzana, si stabilisce “che le conce, et la lavorazione della ginestra, dovevano essere fatte al di la del Ponte Baroncino (ossia fuori della mura)  insieme alla vendita della carne malata.” Il territorio Apuano divenne in quel periodo storico un punto d’eccellenza per la concia delle pelli, soprattutto di bue, ma anche di mulo, e cavallo, oltre naturalmente a quelle di pecore capre, e coniglio. Ciò era dovuto all’uso innovativo per il tempo di una sostanza “magica” ricavata dal castagno, di cui il territorio era ricco; il Tannino. La concia nella Carrara medievale, era di due tipi, “bona, e pogh bona” (buona e poco buona) secondo l’uso che si doveva fare della pelle. Ad esempio, la “bona p’r tuti”(buona per tutti) nella concia di pelle di bove, era quella fatta per  salvare e valorizzare al massimo la parte interna della pelle ossia il Corio, che trattato a dovere si sarebbe trasformato in cuoio di buona qualità, indispensabile per ricavarne robuste suole per i “scarpon,” (scarponi) che poi sarebbero stati chiodati, indispensabili per il lavoro alle cave. Mentre  “la bona p’ri signori” la pelle era di altro tipo e conciata in modo diverso. Per le selle, stivali, e abbigliamento da “caccia” delle persone nobili, si usava pelle di cavallo, in particolare la “culaccia” ossia quella dei quarti posteriori. Questa pregiatissima pelle era conciata oltre che con i Tannini, anche con olio d’oliva, per renderla più morbida, e anche lucente. Costosissima, la versione moderna di questa pelle, oggi quasi introvabile, si chiama Shell Cordovan, ed è ancora reperibile in Spagna per via della sua grossa popolazione di grandi cavalli da tiro pesante. La concia “pogh bona” invece era riservata alle pelli destinate alle cose di uso comune, come finimenti, basti per asini e muli, cinghie, e soprattutto, tomaie per zoccoli in legno, e un accessorio poco conosciuto ma utilissimo al tempo; l’otre. Questo contenitore era ricavato dalla pelle di capre o pecore, e la sua caratteristica basilare, era che l’animale veniva scuoiato partendo dalla testa, e rinversando all’indietro la pelle senza altre incisioni, escluso ovviamente le zampe. Mentre la concia delle pelli prevedeva l’asportazione completa del pelo, quello per la conciatura di una pelle destinata a diventare otre non avveniva. Il pelo all’interno agiva come filtro per trattenere impurità varie. Gli otri erano resi impermeabili con la concia tramite l’impiego massiccio di olii vegetali, ed erano in grado anche di resistere a moderate pressioni, esercitate ad esempio dal vino scosso durante il trasporto ovviamente a dorso di mulo. Nei tempi odierni l’Italia è ancora leader nella concia delle pelli, oggi usate per pelletteria pregiata o per interni automobilistici di lusso. Situati in prossimità di fiumi importanti, il polo della pelletteria più noto si trova in Toscana in quel di Firenze, dove a Santa Croce sull’Arno, hanno sede ben 560 aziende conciare. Il boom della produzione in Italia si ebbe negli anni ottanta-novanta, che purtroppo dato il grosso impatto ambientale tipico delle concerie, produsse un grosso danno ambientale, con lo sversamento nei fiumi di acqua di risulta contaminata da Cromo Esavalente, e nell’aria con i micidiali e maleodoranti fumi, contenenti Idrogeno Solforato, Ammoniaca e Formaldeide. Oggi per fortuna le concerie hanno un sistema di filtraggio dell’aria, e di riciclaggio delle acque, anche se ancora oggi vengono accusate dagli ambientalisti di essere le principali “divoratrici” di acqua potabile.. Nonostante tutto però, noi dobbiamo essere grati ai nostri antenati, perché se oggi siamo qui, lo dobbiamo senza alcun dubbio ai loro sforzi secolari, fatti senza risparmio solo per “salvare la pelle.”
Mario Volpi 13.08.23
CarraraOnline.com
CarraraOnline.com
Torna ai contenuti