Il sogno degli antichi alchimisti - carraraonline.com

Sezione a cura di Mario Volpi
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Il sogno degli antichi alchimisti

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione

Le nuove generazioni non sono a conoscenza dello scempio ambientale che l'errato uso della chimica ha causato al nostro territorio, come non sono a conoscenza che i carrarini tra il lavoro "avvelenato" e la salute, scelsero la seconda, con un referendum popolare primo in Italia. Oggi la chimica non è più così ma nella gente è rimasta la paura del "demonio invisibile" che un tempo essa rappresentava.


In epoca medievale, gli alchimisti erano visti con sospetto, a mezza strada tra stregoni e sapienti, creduti spesso in contatto con le forze demoniache per creare magie strabilianti, pozioni malefiche o potenti amuleti. Usavano la Mandragola per le loro formule segrete ma il loro sogno era uno solo: cambiare il piombo in oro. L’Alchimia, anche se non si può considerare una scienza, è stata l’antesignana della moderna chimica, che soprattutto nel XX secolo, ha cambiato profondamente il modo di vivere della razza umana.
Semisconosciuta alla maggior parte della popolazione, la chimica cominciò a essere considerata una scienza “utile” a metà del 1800, con la produzione semindustriale dei primi coloranti di sintesi, utilizzati per la tintura dei tessuti, o la produzione delle prime vernici. Con lo scoppio della Grande Guerra, a qualcuno venne in mente di usare la neonata scienza a scopi militari. Così si usò un composto gassoso in uso per colorare i tessuti, il Fosgene, come arma chimica. Messo all’interno dei proiettili di artiglieria era lanciato sul nemico che moriva per asfissia. Invece la terribile Iprite, fu inventata al solo scopo bellico. Questo gas chiamato anche “gas mostarda” per il suo caratteristico odore, distruggeva la pelle, provocando terribili piaghe, e se respirato, attaccava in modo devastante l’albero respiratorio portando alla morte. Fu però solo alla fine della seconda guerra mondiale che la chimica come scienza fu conosciuta dal grande pubblico, per via delle sorprendenti scoperte che rivoluzionarono completamente il modo di vivere del tempo. I primi pesticidi, come il DDT importati nel Vecchio Continente dalle forze alleate, misero fine in un attimo all’attacco d’insetti e parassiti che affliggevano l’umanità da millenni, e “medicine” miracolose come la Penicillina, potevano guarire quasi ogni male. Dal petrolio, un combustibile scoperto da poco negli U.S.A, si potevano ricavare detersivi a basso costo, e soprattutto fibre tessili che avevano del miracoloso. Proprio in questo settore, in quegli anni l’Italia ebbe un ruolo primario, con un grande scienziato Giulio Natta. Questo ingegnere chimico balzò agli onori della cronaca mondiale per aver messo a punto la prima fibra artificiale, il Propilene, commercializzato poi con il famosissimo Marchio Moplen. Per questa scoperta assieme a un chimico tedesco, ottennero il premio Nobel per la Chimica nel 1963. In Italia sorsero colossi chimici industriali come la Montecatini, diventata poi Montedison, la Rumianca, e l’ANIC, solo per citare i più importanti, che diedero lavoro a migliaia di persone creando le basi per il boom economico degli anni sessanta. A una frenetica ricerca, e attività produttiva, però, non fece seguito uno studio per il corretto uso di queste nuove sostanze, che in pochi anni provocarono un disastro ambientale i cui effetti sono ancora presenti oggi in molti ecosistemi. Catastrofica come l’apertura del mitico vaso di Pandora, la chimica senza controllo, generò incidenti terribili come quello avvenuto a Seveso, in provincia di Monza nel 1976. Dall’ICMESA, una fabbrica di una multinazionale Svizzera, per un guasto a una valvola, fuoriuscì una nuvola di Diossina, uno dei veleni più tossici conosciuti, inquinando case e terreni per chilometri, costringendo gli abitanti a lasciare le loro abitazioni che saranno poi demolite, causando anche l’abbattimento e la distruzione di migliaia di capi di animali domestici, e la decorticazione del suolo fino a una profondità di 15 centimetri. Molti abitanti, specialmente bambini, subirono le conseguenze del contatto di questa letale sostanza sulla pelle, sviluppando vesciche dette cloracne, che a lungo termine causano gravi patologie come il cancro. Anche a Carrara la Montedison, e la Rumianca, furono protagoniste d’innumerevoli incidenti ambientali, alcuni in parte maldestramente nascosti dalle Società coinvolte, ma talmente gravi che decretarono attraverso un referendum popolare, la loro chiusura. Così la chimica fu vista dalla gente come una scienza da guardare con sospetto, al servizio di multinazionali senza scrupoli, il cui solo interesse era il profitto, a scapito della salute pubblica. Quasi come fosse una rivincita sui danni provocati, nell’immaginario collettivo, si cercò di “dimenticarla” ponendola nel cesto delle cose ormai vecchie e sbagliate. Discipline emergenti come l’elettronica o l’informatica, occuparono il posto che negli anni sessanta era stato della chimica. Meraviglie tecnologiche come i videoregistratori, videocamere, e i primi computer catturarono l’attenzione della gente. Il lancio del telefono cellulare poi ebbe un effetto dirompente sulla Società, come lo scoppio di una bomba. Ognuno poteva avere il proprio telefono, e anche se costosi, sgraziati e ingombranti, furono eletti a furor di popolo come un vero e proprio status symbol. Ancora oggi dopo decenni la chimica è considerata una scienza “minore” tanto che sono pochissimi i giovani che sono propensi a impegnarsi per studiare questa disciplina, preferendo quelle più “visibili”.
Invece è proprio la Chimica, con la ”C” maiuscola la vera protagonista del terzo millennio. La maggior parte dei componenti del nostro adorato telefonino, ad esempio, sono realizzati da processi chimici, come la plastica del guscio, lo schermo, i fosfori che ne permettono l’illuminazione, per non parlare della batteria. L’imponente esplosione demografica della popolazione mondiale non sarebbe sostenibile senza l’invenzione dei moderni fertilizzanti, che permettono abbondanti raccolti o senza i ritrovati farmaceutici, che ci hanno affrancato da innumerevoli malattie un tempo mortali. Anche i processi chimici atti a conservare il nostro cibo, sono stati fondamentali per l’evoluzione umana. I cibi in scatola, liofilizzati, disidratati, o conservati sottovuoto in contenitori plastici sono ormai entrati nella nostra vita quotidiana, facendoci risparmiare tempo, e limitando gli sprechi. I nostri abiti, molti elementi della nostra auto, l’asfalto su cui camminiamo, per non parlare dei laterizi, e delle vernici che formano la nostra casa, sono creati da processi chimici. Ora proprio la chimica sta cercando di porre rimedio ai danni ambientali che il suo uso sconsiderato ha provocato all’intero pianeta, producendo plastiche biodegradabili, o batteri di sintesi in grado di “divorare” gli idrocarburi. Quindi, a quanto pare, dopo secoli, il sogno degli alchimisti medievali si è, almeno in parte realizzato, trasformando in oro, non il piombo, ma la nostra vita!
Mario Volpi
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