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Sezione a cura di Mario Volpi
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Una bambina speciale

Genetiche Mutazioni

La vita della piccola Camilla, era cominciata in salita. La madre, era morta di setticemia dopo appena quattro giorni dal parto, e lei stessa era stata salvata in extremis dalla nonna, che era riuscita a trovarle una balia per allattarla. La seconda guerra mondiale era appena finita, e l’Italia tentava di risollevarsi faticosamente da quel mare di lutti, privazioni, e macerie. La bambina era “figlia della colpa” come si diceva allora, perché la sua giovane madre, aveva ceduto alle lusinghe amorose di un giovane tenente dei G-Man, così si facevano chiamare i soldati americani, purtroppo morto in combattimento. La nonna, non più giovane, aveva dovuto rimboccarsi le maniche, per trovare una fonte di reddito per tirare avanti con quella nuova bocca da sfamare, così faceva mille mestieri, dalla lavandaia, alla ricamatrice, dalla sarta, alla donna di servizio. Bisogna dire che al tempo la solidarietà tra il vicinato era molto sentita, e tutti, sapendo delle sue condizioni, la aiutavano per quello che potevano, magari portandogli una pagnotta appena sfornata, o una tazza di latte appena munto. A compenso di miseria e privazioni, Camilla cresceva, a vista d’occhio, e la sua bellezza era già un mito tra la gente del borgo. Aveva i capelli rosso fuoco, con la pelle bianchissima, che i vispi occhi verdi, sul viso paffuto, accentuavano ancora di più. Fu verso il primo anno di vita che avvenne il primo episodio, che terrorizzò la nonna in modo incredibile. La bambina era seduta contornata da guanciali per non farla cadere, sul letto matrimoniale, mentre la nonna sfaccendava, quando cominciò a vocalizzare come fanno tutti i bambini di quell’età. La nonna non ci fece caso, fino a quando non lo vide. Il ciuccio, posto in un bicchiere sul comodino, cominciò a muoversi, dapprima in modo quasi impercettibile, poi, di colpo prese il volo per finire in grembo a Camilla che come se nulla fosse, lo prese e se lo mise in bocca. La nonna quasi svenne dalla paura, si fece il segno della croce, e poi preso in braccio la bambina, scappò in chiesa. Chiamò a gran voce il parroco Don Luigi, che era in Sacrestia, che accorse spaventato domandandogli cosa fosse accaduto. La povera donna terrorizzata gli disse che sicuramente la nipotina era indemoniata, del resto quello strano colore dei capelli, non poteva essere casuale, e gli raccontò il fatto. Il prete, sapendo le condizioni economiche della famiglia pensò che fosse stata la fame a far vedere alla donna i “ciucciotti volanti,” così la portò in Sacrestia, le fece bere un goccio di vino della messa, per tirarsi un pò su, e gli disse che sicuramente si era sbagliata, gli dette la benedizione e la rispedì a casa. La povera donna, per tutta la notte non chiuse occhio, aspettando il Diavolo, che sicuramente sarebbe venuto per prendere la nipotina. Armata di rosari e crocefissi per difenderla, verso le due del mattino cedette alla stanchezza, e si addormentò profondamente. La svegliò il gorgheggiare di Camilla che si era svegliata e che aveva fame, e richiedeva di essere cambiata. La donna, dopo aver accudito alla nipote, cominciò a ripensare al fatto, e a mente fredda, decise che forse sarebbe stato meglio tacere, per non passare per pazza lei e stregata la bambina. Negli anni che seguirono Palmira, così si chiamava la nonna, ebbe la certezza dello strano potere della nipote, e raccomandò alla piccola di tenerlo segreto. Intanto la bambina cresceva in modo eccezionale. A sette anni era già molto più alta delle sue coetanee, i capelli rossi, pettinati in due lunghe trecce, le incorniciavano il perfetto ovale del viso, che già cominciava a svelare la bellezza della precoce pubertà. Nel segreto delle mura domestiche Camilla usava il suo potere in modo naturale e quasi istintivo, spostando cose con una naturalezza che perfino Palmira aveva cominciato ad accettare, ma fuori, memore delle raccomandazioni della nonna, stava molto attenta a non usarlo. Da qualche tempo aveva scoperto di poter influenzare il pensiero delle persone, anche se questo esercizio gli procurava un violento mal di capo. Al tempo la scuola, specialmente per le bambine, era una cosa giudicata quasi inutile, perché si preferiva prepararle al futuro ruolo di moglie e madre. Anche Camilla non sfuggì a questo triste destino, e fu inviata in una “scuola di ricamo.” Questi luoghi non erano veramente delle scuole ma laboratori dove, il titolare, poteva usufruire gratis di una numerosa manodopera in “apprendistato,” dove in cambio, s’insegnava un mestiere. Camilla intanto era diventata una splendida signorina. Alta, flessuosa, con un corpo perfettamente proporzionato, lo splendido viso, incorniciato da una gran massa di capelli rosso fuoco, tenuti sciolti, che gli arrivavano alle spalle, i magnetici occhi color smeraldo, gareggiavano con le labbra, che anche senza rossetto, esaltavano e risaltavano su quell’incarnato di un candore quasi virgineo. Di carattere aperto e solare, era sempre pronta al sorriso, senza mai essere sguaiata, il naturale portamento signorile poi, faceva invidia a molte sue compagne, compresa la “signora,” padrona del laboratorio, che non lasciava passare giorno senza rimproverarla per un nonnulla. Un giorno, Camilla era molto triste, perché l’amata nonna stava male, ma gli aveva imposto di andare lo stesso al lavoro. Verso mezzogiorno, la signora si avvicinò a Camilla e dopo averla sgridata, per un “punto” secondo lei mal fatto, le dette un ceffone. Gli occhi di Camilla s’incupirono, e sul suo bel volto apparve un ghigno feroce, poi un grosso vaso di terracotta che era posto su un tavolo alle spalle della donna, parve animarsi, e dopo un rapido volo, colpì violentemente la nuca della donna facendola stramazzare. Tutte le ragazze del laboratorio terrorizzate non capivano cosa fosse successo, mentre la loro padrona giaceva a terra incosciente, in una pozza di sangue. Camilla con calma aprì la porta e se ne andò. Dopo due giorni la nonna morì, e appena fatto il funerale, della splendida ragazza non si ebbero più notizie. Dopo più di un decennio, a Carrara al Politeama Verdi, misero in cartellone uno spettacolo d’illusionismo, la“grande Nefertiti” prometteva il più grande spettacolo del mondo. Lo spettacolo sarebbe cominciato alle ore 21. All’ora stabilita, il teatro era zeppo in ogni ordine di posti, ma di Nefertiti neppure l’ombra. Tra fischi di protesta e urla del pubblico, dopo quasi due ore si spensero le luci, e una splendida rossa, vestita da principessa egiziana, fece il suo ingresso sul palco. Dopo aver zittito con un gesto gli urli e gli schiamazzi, la donna chiese al pubblico” perché gridate?” Mille voci risposero quasi in coro “per l’ora! Sei in ritardo!” “Vi sbagliate,” disse Nefertiti, “sono le nove, guardate i vostri orologi.” Stranamente tutti gli orologi facevano le ventuno in punto. In un teatro ammutolito, la donna disse” lo spettacolo è finito, buona notte a tutti” e se ne andò.
Bentley  Parker.
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