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Sezione a cura di Mario Volpi
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La storia si ripete

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Molte persone non sopportano, o si dicono stupite delle misure messe in campo dal Governo per contrastare il contagio da coronavieus. Ma quelli di una certa età ricordano perfettamente che in un tempo ormai lontano....

Poche persone avrebbero pensato, che, nel terzo millennio, la razza umana sarebbe stata di nuovo colpita da una violenta pandemia. Questo dimostra la fragilità della nostra specie, e ci fa ancora stupire per come sia potuta arrivare fino ai nostri giorni, come razza dominante del pianeta.
Fu proprio una violenta epidemia, chiamata “peste nera,” che nel 1347, colpì tutta l’Europa, uccidendo un terzo della popolazione di allora, provocando sconvolgimenti sociali, e devastanti carestie, che misero a rischio l’esistenza della popolazione superstite. La pandemia di coronavirus, che ha colpito oggi il pianeta, per l’estensione territoriale, per la rapidità e virulenza del contagio, e per l’impatto economico, e sicuramente molto superiore, e più grave di quella del medioevo. Il motivo è molto semplice. La peste, è provocata da un batterio, e quindi oggi sarebbe facilmente curabile con gli antibiotici, mentre ancora oggi contro i virus non esiste cura se non la vaccinazione preventiva. Mentre è ben nota la causa che scatenò il contagio nel medioevo, è avvolta nel mistero la nascita, di questo misterioso virus, totalmente nuovo, molto aggressivo, e soprattutto, con una mortalità superiore al 6%. A tal proposito molti affermano che si possa trattare di un’arma biologica, sfuggita in modo accidentale da qualche laboratorio militare. Se questo fosse vero, dimostrerebbe ancora di più la stupidità dell’uomo, che dopo avere rischiato l’autodistruzione nel fuoco atomico, ora mette a repentaglio la propria esistenza con un virus. Molte persone sono rimaste sbalordite dalle restrizioni prese dalle autorità nel tentativo di frenare la diffusione del contagio, ma per quelli di una certa età, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Eravamo alla fine dell’estate del 1973, quando una notizia esplose con l’effetto di una bomba sui media del tempo. A Napoli, Bari, e su parte delle coste tirreniche e della Sardegna, era scoppiata un’epidemia, di una malattia, cui solo il nome terrorizzava: colera. I bar i negozi, e gli stabilimenti balneari furono chiusi, così come i numerosissimi cinema e locali da ballo, specialmente nel Barese poi, si presero drastiche misure per quello che riguardava i bagni in mare, e la vendita di prodotti ittici. Il Sistema Sanitario di allora fu colto alla sprovvista, chiamato a combattere contro una malattia che si credeva retaggio del passato, e si dimostrò privo di uomini e mezzi. A Napoli si assistette a una vera e propria gara di solidarietà da parte dei militari americani della Sesta Flotta. Lunghe file di napoletani furono vaccinate da medici militari americani, con le prime “pistole-siringa,” mentre camionette militari munite di spruzzatori percorrevano i vicoli della città, disinfettando strade e marciapiedi. L’epidemia durò poco più di due mesi, e causò la morte di circa trenta persone, e il ricovero ospedaliero di oltre mille. I numeri a distanza di decenni non sono ancora certi, perché, essendo questa malattia associata alle scarse norme igieniche, molti malati, e i parenti dei deceduti, per vergogna, non ne denunciarono mai il contagio. Gravi furono anche le perdite economiche nel settore turistico, e anche l’apertura dell’anno scolastico fu ritardata di circa un mese. Si scoprì poi, che il Vibrione del colera, era in una partita di cozze importate dalla Tunisia. Anche allora come avviene sempre durante le emergenze, presero a circolare delle false notizie, come quella che il limone di Sorrento fosse un toccasana conto il colera. Risultato che il prezzo dei limoni toccò prezzi assurdi. Come succede da millenni, è durante avvenimenti catastrofici come guerre o pestilenze, che l’umanità mostra il meglio e il peggio della sua natura. Ancora oggi, nel terzo millennio, questa regola, nonostante l’evoluzione culturale della specie, non è venuta meno. Assistiamo così a veri e propri atti di eroismo da parte di medici e infermieri, che si prodigano fino allo sfinimento, a rischio della propria vita, per assistere i malati, mentre altri della stessa categoria, che si mettono in massa in malattia, per non essere a rischio d’infezione. Vediamo farmacisti, o titolari di negozi che vendono generi di prima necessità, che restano attivi nonostante il rischio, per fornire i loro servizi, e commercianti senza scrupoli che aumentano a dismisura il prezzo di una mascherina, o di un flacone di disinfettante. Nonostante tutto di una cosa c’è l’assoluta certezza. Che non sarà certamente il coronavirus a porre fine alla razza umana. Fra qualche mese, questo nemico invisibile sarà un ricordo, finirà anche lui tra le influenze stagionali, sconfitto da un vaccino che si sta già sperimentando. Certamente più del virus sarà devastante la crisi economica mondiale che esso ha scatenato, e che molti Paesi europei, cercano di contrastare in modo “ egoisticamente autonomo,” nonostante la tanto sbandierata Europa Unita. Questo ci fa capire che l’egoismo umano è forse uno dei sentimenti più forti della razza umana, e qualche antropologo, anche se sottovoce, dice che è la vera causa della nostra sopravvivenza nei millenni.

Mario Volpi
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