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Sezione a cura di Mario Volpi
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Il massacro dei congiuntivi

Una Volta Invece

Spetta/Le Redazione
25 nov 2013

Cara Redazione
Neppure durante le invasioni barbariche pre - medioevali, la nostra bella lingua ha subito tanti, e così devastanti attacchi alla sua grammatica e fonetica.  Il massiccio uso dei Media, poi, fa da deleteria cassa di risonanza, con la conseguenza catastrofica che i giovani non sanno più parlare la lingua dei loro nonni. Spero solo che chi di dovere, sopratutto la Scuola si accorga di ciò che sta avvenendo, e che riesca a porvi rimedio prima che sia troppo tardi.

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Il massacro dei congiuntivi!

Attorno agli anni cinquanta, in Italia, il tasso di analfabetismo nella popolazione era pari al 70% inoltre, la lingua italiana, era parlata con grande difficoltà, infarcita pesantemente da parole e locuzioni dialettali.
La situazione era così grave che, per cercare di porvi un qualche rimedio, la RAI, in collaborazione col Ministero della Pubblica Istruzione, decisero di fare una trasmissione televisiva didattica, indirizzata agli adulti analfabeti. Fu trasmessa per la prima volta, il 2 settembre del 1960, con il titolo di “Non è mai troppo tardi.” Andava in onda nella fascia preserale, per dare la possibilità della sua visione, anche a chi lavorava. Era presentata da un maestro pedagogo, che, per le sue doti professionali, ma soprattutto per la sua grande umanità, sarebbe diventato ben presto un’istituzione: Alberto Manzi. Ebbe da subito un grande successo, tanto che, non solo si protrasse fino al 1968, alfabetizzando più di un milione e mezzo d’italiani, ma la sua formula venne copiata da ben settantadue Paesi nel mondo.
Nelle scuole elementari, invece, la situazione era molto diversa. Proprio per cercare di unificare linguisticamente un’Italia divisa da mille dialetti, la scuola del tempo favoriva senza dubbio lo studio dell’italiano. Escluso il primo anno, quasi tutto dedicato ad acquisire manualità nell’uso della matita, al tempo oggetto misterioso sconosciuto ai più, dal secondo, avveniva lo studio delle lettere dell’alfabeto, non solo grafico, ma anche e soprattutto fonetico, esaltato dalla lettura di gruppo di lettere scritte a caso sulla lavagna. Questo esercizio, a prima vista inutile, era invece fondamentale per cercare di correggere nei bambini, le inflessioni dialettali. Anche lo studio della grammatica era molto approfondito, sopratutto i congiuntivi, e i verbi, con le loro varie coniugazioni, che dovevamo imparare a memoria, come importante era considerato anche l’uso e la forma degli accenti. Mi rammento, che per aiutarci a ricordare le regole grammaticali, la maestra ci insegnava delle piccole filastrocche, alcune di queste ancora ben vive nella mia memoria. Proprio sull’uso dell’accento ricordo un episodio di cui sono stato testimone e protagonista, diversi anni fa. Stavo, assieme ad altri colleghi di lavoro, partecipando a un corso che prevedeva l’uso di un programma di scrittura sul computer, e l’insegnante ci faceva notare come alcuni errori di battitura o di sintassi, venissero evidenziati dal programma con una sottolineatura rossa. A tal proposito un mio collega disse che, certamente, all’interno di quel programma vi era un errore, visto che sottolineava in rosso la parola “perchè” a suo avviso scritta in modo corretto. Anche l’insegnante non seppe al momento spiegarne il motivo. Dopo un attimo, nella mia mente ritornò vivida una di quelle filastrocche,”a,i,o,u, con l’accento grave su” e digitai la parola “perché”con l’accento grave, magicamente la linea rossa scomparve. Ho notato che la differenza tra l’accento grave (é) e quello acuto, (è) è totalmente sconosciuto ai più, come praticamente estinto e sconosciuto, è l’accento circonflesso (^), tanto caro ai poeti di un tempo. L’uso massiccio del computer ha reso praticamente inutile anche la corretta divisione in sillabe di una parola, indispensabile per  “ l’andare a capo” di una volta, errore segnato in blu, il più grave, temutissimo da noi bambini, perché comportava la scrittura della parola incriminata fino ad un massimo di cento volte.
La lingua italiana ci è invidiata in tutto il mondo, soprattutto per la sua musicalità, ma tutti sono concordi nel dire che è sicuramente molto difficile da scrivere, e parlare correttamente, tanto che al suo studio è conservazione, è interamente dedicata una istituzione tra le più antiche, e importanti del mondo: l’Accademia della Crusca.
L’Accademia della Crusca, nasce nel 1583, a Firenze, da intellettuali del tempo, che si definivano scherzosamente Crusconi, con lo scopo di contrastare, in modo giocoso,  e con discorsi strampalati pronunciati nel corso di allegre serate, quella fondata dai Medici, ritenuta troppo formale, e pedante. Questa impostazione dilettantesca e scherzosa però, cessa già nel 1612, con l’edizione del primo vocabolario della lingua italiana, e nel corso dei secoli successivi, il suo obiettivo principale resterà quello del mantenimento della “purezza” della lingua, oltre naturalmente allo studio, della sua filologia. Compito che purtroppo oggi, non sembra dare i risultati sperati, visto il massiccio uso di termini inglesi, ormai entrati nell’uso comune, come meeting, hotel, toast, break, per citare solo quelli più comuni, o di francesismi come, toilette, gaffe, menù ecc.
Anche la televisione poi, ha la sua parte di responsabilità, se negli anni sessanta ha contribuito a alfabetizzare tante persone, ora ottiene l’effetto contrario, con trasmissioni demenziali, come alcuni Reality, dove i protagonisti, di cui certamente non è la cultura la loro dote primaria, massacrano i congiuntivi, o pronunciano termini di cui non conoscono neppure il significato. E’ purtroppo estremamente  comune udire, da personaggi famosi, frasi come “ mi ha imparato a suonare “ oppure “sarebbe meglio che non la ebbi conosciuta” o esilaranti come “quando muoio mi faccio cromare” frasi, per cui, la mia vecchia maestra, avrebbe consumato un’intera matita rossoblu.
Del resto, e questo è gravissimo, secondo dati del 2006, l’Italia è uno dei paesi al PRIMO POSTO come numero di persone analfabete, con una percentuale del 12%, che sale oltre il 30% se si considerano quelle con una semplice licenza elementare. Possiamo però consolarci, perché siamo  al PRIMO POSTO, come numero di telefonini venduti, ben oltre 60 milioni, non c’è che dire, non sappiamo leggere e scrivere, però lo comunichiamo a tutti!


Volpi Mario

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