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Ostentare col tempo

Attualità
Spetta/Le Redazione
Chi di noi, umili mortali, non si può permettere un "orologino" dal costo di appena 2.600.000 €? Poi la domanda sorge spontanea" ma cosa ha di speciale per costare così tanto?" La risposta è semplice, solo la voglia "d'ostentare!

Il regalo più prezioso, per i bambini che facevano la prima comunione negli anni cinquanta e sessanta, era certamente l’orologio da polso. Per fare quest’ambitissimo regalo, se non vi era un congiunto “ricco,” che provvedeva da solo, si ricorreva alla colletta tra i parenti più stretti, qualche volta, pur di non sfigurare, firmando anche qualche cambialina dall’orologiaio. In quegli anni l’orologio rappresentava veramente qualcosa di prezioso ed esclusivo, tanto che quasi tutte le grandi Aziende, omaggiavano con un orologio da taschino, i loro dipendenti che andavano in pensione. L’orologio al polso, era, nella mente di noi bambini, un irrinunciabile rito di passaggio per sentirci “grandi,” magari a soli dieci anni. La Svizzera, è stata da sempre, e lo è tuttora, la patria dell’orologeria, come svizzeri erano i marchi più venduti in quegli anni, come la Tissot, l’Omega la Zenith, la Longines, o la Rolex. Ognuna di queste Aziende, scelse di occupare una certa “fascia di mercato.” Qualcuna puntò a fare numeri importanti con modelli a buon mercato, destinati a una popolazione meno abbiente, mentre altre scelsero di soddisfare l’alta Società, con modelli esclusivi e costosi. La moda di quegli anni si rivolse anche alle donne, per secoli temute lontane dal mondo dell’orologeria, creando orologi a ciondolo, a spilla, o piccolissimi da polso, con la cassa rettangolare, quadrata e perfino esagonale, realizzata in oro, palladio, o argento, spesso con pietre preziose incastonate all’interno del quadrante al posto delle “ore.” In quegli anni, i meccanismi interni, subirono un’impressionante serie di migliorie tecnologiche, con l’adozione di cariche automatiche, datari, impermeabilità all’acqua, lancette luminescenti, sistemi anti shock, per finire con i cronografi. Ma il progresso tecnologico avanzava inesorabilmente, così agli inizi degli anni ottanta, avverrà una vera e propria rivoluzione: l’invenzione del movimento al quarzo. Infinitamente più preciso di quello meccanico, e molto meno costoso, l’orologio al quarzo, avanzerà con la devastante forza di un ciclone, conquistando in poco tempo tutti i mercati mondiali. Per quasi un decennio all’industria Svizzera, sembrò che questo straordinario fenomeno produttivo non interessasse, continuando imperterrita nella costruzione di orologi meccanici. Ancora adesso, qualcuno pensa che questo grossolano errore di valutazione, sia stato provocato da un’eccessiva sicurezza nelle proprie capacità tecnologiche, e dalla certezza che il nuovo prodotto sarebbe scomparso in breve tempo. Invece, purtroppo, in appena tre anni delle 1600 industrie orologiaie svizzere ne sopravvissero meno di seicento, con una perdita di circa sessantamila posti di lavoro. Ora i marchi emergenti erano tutti giapponesi, e si chiamavano Seiko, Citzen, e Casio. Per cercare di non soccombere a questa vera e propria catastrofe economica, i produttori di orologi svizzeri convergeranno in un’unica grande società chiamata Swatch. Il suo Presidente, con un cognome impronunciabile Nicolas Hyek, capisce che per contrastare gli asiatici, bisognerà combatterli con la loro stessa medicina, con l’aggiunta però, di un pizzico di creatività europea. Nasceranno cosi gli orologi Swatch, con cassa e cinturino stampati in un unico blocco di plastica colorata, con motivi grafici molto accattivanti, e movimento al quarzo, il tutto a un prezzo più che popolare. Il successo fu stratosferico. Si calcola che in poco più di un decennio, ne furono prodotti oltre trecentotrenta milioni, e molti esemplari particolari, sono considerati ancora adesso oggetti da collezione, con quotazioni stellari. Negli anni novanta, si assisterà a un forte declino degli orologi meccanici, mentre vi sarà una proliferazione impressionante di orologi con movimento al quarzo, con un numero di funzioni sempre crescente, molte delle quali totalmente inutili, fatte solo per vendere il prodotto, e stupire il consumatore. Alcune, ultra tecnologiche, spaziavano dall’altimetro, al termometro, dal barometro, al cronometro al millisecondo, per arrivare al profondimetro per immersioni fino a cento metri, o all’inclinometro per andare a scalare in montagna. Anche il designer subirà un profondo cambiamento, ora i modelli più in voga hanno la cassa di acciaio inox, solidale con il cinturino dello stesso materiale, con chiusura a cerniera. A contornare il quadrante vi sono grosse corone smaltate mobili, suddivise in tacche e scatti, spesso colorate. Nei quadranti, di quelli più alla moda, non vi sono più le lancette metalliche, sostituite da quelle digitali. Modelli “speciali” sono completamente di plastica, con il quadrante opaco, che s’illumina alla pressione di un tasto, con i numeri in rosso. Ma il declino è dietro l’angolo. Con l’avanzare vertiginoso dell’elettronica, l’orologio diventa un oggetto quasi inutile. Tutti i principali congegni usati nella vita quotidiana ne sono provvisti, dall’auto al cellulare, dal computer per finire con il microonde domestico. Orologi digitali sono presenti perfino nei grandi cartelli luminosi pubblicitari in strada, quindi è praticamente inutile portarne uno al polso. Di pari passo con l’obblio dell’orologio, si assisterà alla sparizione del mestiere artigianale dell’orologiaio di paese. Un tempo era lui che consigliava il tipo di orologio più adatto da acquistare, basandosi alla persona cui era destinato, alle finanze dell’acquirente, e persino se fosse compatibile alla professione del futuro cliente. Era sempre lui che, con il monocolo incastrato in un occhio, riparava l’orologio, o ne faceva la manutenzione, cosa un tempo indispensabile per gli orologi meccanici, intervento che qualche volta era pagato “in natura,” con prodotti caseari o dell’orto. Oggi, solo per cambiare la batteria, ed essere sicuri di mantenere l’impermeabilità l’orologio deve essere inviato nei centri autorizzati dalla casa madre, dove “orologiai-operai” la sostituiranno, con tempi biblici, e costi non proprio popolari. All’inizio del terzo millennio, le grandi Aziende orologiaie, hanno capito che per superare quest’ennesima crisi dell’orologio, giudicato dalla gente ormai inutile, si dovevano inventare qualcosa. Così si sono rivolte alle grandi Maison di stilisti famosi, che hanno trasformato un oggetto inutile, in uno status symbol, per un ristretto numero di persone molto facoltose. Ecco così la nascita di orologi marchiati non più dalle case costruttrici, ma dagli stilisti, che, con il loro logo, li fanno diventare oggetti da collezionare, e più sono costosi, più sono ambiti, a prescindere dalla qualità dei meccanismi al loro interno. Si assiste così a una vera e propria corsa all’ostentazione, in una gara a chi ha il pezzo grifato più costoso. Si pensi che esistono orologi, con costi che superano i cinquanta milioni di Euro, una vera e propria follia. Per me comunque, rimane inestimabile il mio piccolo orologino Tissot in similoro, da decenni non più funzionante, avuto in dono dopo chissà quanti sacrifici finanziari, dai miei zii materni alla prima Comunione nel lontano 1953, che ha avuto il merito di farmi sentire ad appena dieci anni, un “importante piccolo uomo.”
 
Mario Volpi 16.1.22
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