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La TV della reclame

Attualità
Spetta/Le Redazione
Il mondo moderno si basa sull'informazione, e la pubblicità, purtroppo ne possiede la maggior parte. Una pubblicità invasiva, idiota e becera, ci condiziona la vita. Ma è davvero efficace e necessaria?
E’ indubbio, che la televisione sia stata in Italia il Media più importante per affrancarci dall’analfabetismo, e soprattutto dall’isolamento socioculturale che per secoli ha contraddistinto i paesi più isolati. Nata nel 1954, la Rai, Radio Televisione Italiana, sorgeva dalle ceneri dell’ EIAR, Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, istituito con Regio Decreto nel lontano 1927. In pochi anni, nonostante l’astronomico costo dei primi apparecchi televisivi, e la ricezione delle immagini solo in bianco e nero, non certo perfetta, la televisione fece subito presa sulla gente, che proprio grazie ad essa, cambiò significativamente il proprio modo di vivere. Le trasmissioni cominciavano alle ore sedici, con la tivù dei ragazzi, e finivano a mezzanotte dopo l’ultimo telegiornale. Le serate erano rigidamente suddivise per generi secondo i giorni della settimana, ma immancabilmente prima dello spettacolo programmato, vi era uno stacco pubblicitario, chiamato Carosello. Questo era composto da quattro o cinque mini filmati di pochi minuti l’uno, spesso composti da cartoni animati, in cui si raccontava una storia che finiva immancabilmente con la pubblicità del prodotto. Per decenni questo breve spazio pubblicitario, oltre ad essere molto amato da grandi e piccini, risultava l’unico momento di pubblicità in televisione. Ciò era dato anche dalla normativa datata 1957, per cui la pubblicità televisiva non poteva superare il 5% dell’intero tempo delle trasmissioni, per non sfavorire gli alti Media, come radio e giornali. Ma già nel 1971, nasce Tele Biella, una piccola emittente privata, che trasmette senza chiedere agli utenti alcun canone, ricavando i suoi profitti solo dalla pubblicità. Da quegli anni in poi, vi sarà una vera e propria nascita esponenziale di televisioni private, che inonderanno l’etere con le loro trasmissioni, spesso solo a diffusione locale, ma che faranno da apripista a un nuovo modo di fare pubblicità. Anche la Rai, pur usufruendo del canone, comincia ad aumentare gli spazi pubblicitari, tanto che nel 1977, Carosello viene abolito, sostituito da spot che vengono trasmessi prima delle trasmissioni o alla fine delle stesse, per tutta la giornata. Intanto in Lombardia, dalla fusione di diverse Tv private nasce Canale 5, che vivrà solo di pubblicità, per cui introduce anche in Italia, il sistema adottato da tempo nei Paesi anglosassoni, ossia l’interruzione dei programmi per dare spazio agli spot pubblicitari. Questo sistema subito imitato dalla Rai, e da tutte le altre Tv private, non piace molto ai telespettatori, tanto che nel 1995 sarà indetto un Referendum che chiederà agli italiani se vogliono o no la pubblicità durante gli spettacoli. E qui, le Tv private calarono il loro asso pigliatutto. La maggior parte dei più noti personaggi dello spettacolo televisivo del tempo, come Mike Bongiorno, Raimondo Vianello, Michele Placido, Lorella Cuccarini, Fiorello, e Sandra Mondaini, solo per citare i più noti, lavoravano in esclusiva per quella che diventerà la futura Mediaset. Così si cimenteranno in una vera e propria campagna elettorale televisiva, dove in frequentissimi spot, si raccomandavano di votare si, perché altrimenti le Tv private non avrebbero più trasmesso, i film, le seguitissimi soap opere, e i quiz. Il popolo televisivo ancora ingenuo del tempo, si lasciò spaventare da questa minaccia-ricatto, così il Referendum decretò che interrompere le trasmissioni per fare gli spot pubblicitari era legale. Penso che oggi molte di quelle persone se potessero ritratterebbero con piacere. Forti di questa vittoria, le Tv private spinsero ed ottennero, di poter incrementare il tempo massimo per la pubblicità dal primo timido 5%, al 18%, mentre la Rai usufruendo del canone doveva fermarsi al 12%. Un antico adagio recita “appetito, vien mangiando,” ed fu proprio ciò che accade alle emittenti private. Le nuove regole, valide anche oggi, certificano che la pubblicità non possa essere superiore ai dodici minuti ogni ora, il che sarebbe quasi sopportabile. Ma furbescamente, per aggirare questa normativa, alle emittenti private è bastato trasmettere 24 ore su 24, per far lievitare il numero dei minuti pubblicitari consentiti, per poi concentrare gli spot negli orari di maggior ascolto. Con l’avvento del digitale terrestre la pacchia per i signori della televisione è aumentata ancora, perché la stessa Emittente può essere concessionaria di più frequenze, e ognuno di questi nuovi “canali,” può trasmettere i canonici 12 minuti l’ora di spot pubblicitari. Questo in barba al tanto sbandierato, “miglioramento tecnologico,” oltretutto fatto ricadere sulle spalle dei consumatori, costretti spesso a comperare un decoder, o un nuovo apparecchio Tv. Oltretutto molti programmi delle tv private, sono veri e propri spot pubblicitari camuffati, come i reality, che oltre ad essere vera e propria tv spazzatura, sono totalmente prodotti dalle aziende che pubblicizzano i loro prodotti usati dai protagonisti. Non a caso nonostante il basso indice di ascolti, questi pseudo programmi, si susseguono anno dopo anno, e durano mesi. Anche la programmazione normale non è da meno. Non è certamente facile riempire venti canali che trasmettono H24, perciò si ricorre al passato. Film come Peppone e Don Camillo, Rambo, e I cannoni di Navarone, senza dimenticare i vari film di Totò, sono regolarmente e ciclicamente riproposti, spesso anche per più giorni consecutivi, insieme a “nuovissime” serie tv degli anni sessanta come il Tenente Colombo, e la Signora in Giallo. Ieri è stato battuto un record, hanno trasmesso un episodio della serie di Alfred Hitchcock, che io guardavo da bambino datata 1959. Per tornare alle pause pubblicitarie, dopo la fascia “protetta” dalle ore 20,30 alle 22, non è più possibile gustarsi un programma qualsiasi, interrotto sistematicamente per la pubblicità ogni 5 minuti per la durata di quattro. Io sono sicuro che se, chi commissiona gli spot pubblicitari, immaginasse l’odio provato dallo spettatore che si riverbera invariabilmente sul prodotto pubblicizzato durante lo stacco, certamente si guarderebbe bene dal finanziarlo. Per fortuna esiste ancora il telecomando, non solo per cambiare canale, ma anche per spegnere l’apparecchio, e optare per la lettura di un buon libro.
Mario Volpi 27.3.22
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