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Sezione a cura di Mario Volpi
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Quando il corno suonava

Una Volta Invece

Cara Redazione
Alcuni studiosi ipotizzano che la razza umana si estinguerà per la sua incapacità di riciclare, rimanendo così senza materie prime necessarie alla sua esistenza. Questo è già avvenuto sull'isola di Pasqua, dove gli abitanti si sono estinti per aver distrutto tutte le risorse dell'isola. I problema dei rifiuti quindi non è solo estetico, ma di vitale importanza per la nostra sopravvivenza.

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Quando il corno suonava..........

E’ curioso come un suono, possa rimanere impresso nella memoria di un bambino, e che questi anche a distanza di decenni lo associ sempre a un determinato fatto o personaggio. Ovviamente sto parlando di me, che ancora oggi, a distanza di più di mezzo secolo, associo il suono del corno a due personaggi della mia infanzia lontana, ormai ambedue scomparsi, il gelataio ambulante, e lo spazzino.
Quando la mattina andavo a scuola, incrociavo spesso lo spazzino, che spingeva una specie di carretto con sopra un bidone di metallo zincato. Con la sua divisa grigio topo, con tanto di cappello a visiera, ogni tanto si fermava, ramazzava la cunetta tra il marciapiede e la strada, e raccoglieva la spazzatura con una paletta di metallo, poi suonava il corno e aspettava che qualcuno uscisse da casa con l’immondizia, ma la sua attesa era spesso vana. Il netturbino di quel tempo era di solito un invalido di guerra, o comunque una persona che aveva qualche handicap. Questo accadeva perché al tempo, questo mestiere era considerato “di tutto riposo, ” perciò poteva essere praticato anche da chi aveva qualche menomazione, così, spesso, le Amministrazioni Comunali usavano questi posti come “attività da fascia protetta”. Questa considerazione era in parte vera, perché i netturbini oltre a essere in numero esiguo, erano presenti solo al centro della città, con la scopa di erica, pulivano le strade, ma il ricavato era scarso, si limitava a qualche biglietto del tram usato, a resti di fiammifero bruciacchiati, a qualche rarissimo mozzicone di sigaretta, e in autunno, alle foglie secche. Il sistema di raccolta rifiuti era presente solo nelle strade principali, e avveniva a chiamata con il suono del corno, mentre nelle campagne, le concimaie, e gli animali da cortile, erano gli ultimi destinatari degli scarti. Verso mezzogiorno tutti i netturbini si riunivano con il loro carrettino in un luogo preciso, e travasavano il contenuto dai bidoni in un barroccio con le sponde alte, tirato da un vecchio ronzino, che piano, piano, portava il tutto fuori città, in una discarica. Fu verso la metà degli anni sessanta, in pieno boom economico che tutto cambiò all’improvviso. Fino ad allora, tutto si comprava sfuso, con i contenitori a rendere, o propri, ma in quel periodo cominciarono a fare la loro timida comparsa non solo prodotti completamente nuovi, come i detersivi in polvere, ma già confezionati, quindi con l’imballaggio a perdere. Sia i consumatori, che le Amministrazioni Comunali, si trovarono di colpo a fronteggiare un qualcosa cui non erano preparati, né mentalmente, ma sopratutto materialmente. Così, le rive di fiumi e torrenti, si trasformarono in discariche a cielo aperto, con migliaia di scatole di cartone, contenitori di metallo, e flaconi in plastica, che nessuno sapeva come smaltire. Dopo poco tempo, la situazione già critica peggiorò ancora. Fecero la loro comparsa, le prime buste in plastica, i famigerati shopper. Per aumentare le vendite, i primi Supermercati, offrivano gratis questi contenitori a perdere, che oltretutto, facevano pubblicità, con le loro scritte, a questo o a quel prodotto. Per la loro praticità ottennero subito un enorme successo, diffondendosi rapidamente in milioni di pezzi. Dopo pochissimo tempo però, si videro subito i terribili effetti che esse avevano sull’ambiente. Gettate dopo l’uso senza precauzione, e nessuna forma di rispetto ambientale, esse andavano a inquinare campi, boschi e fiumi, ma soprattutto il mare, dove, uccidevano un gran numero di creature marine, che le ingoiavano, scambiandole per meduse. Le Amministrazioni Comunali cominciarono ad attrezzarsi per fronteggiare questa nuova situazione. Così il numero dei netturbini fu aumentato, e si cominciarono a mettere nelle vicinanze dei centri abitati dei bidoni per la raccolta dei rifiuti. Fecero la loro comparsa, i primi camion attrezzati con mezzi di sollevamento posteriore per i bidoni. Questi mezzi, con un equipaggio di tre uomini, erano in grado di svuotare in un giorno centinaia di contenitori, compattare il pattume e portarlo in discarica. E fu proprio lì che cominciarono i guai più seri! Le discariche con l’aumento delle tonnellate di rifiuti, ma soprattutto per la totale indegradabilità delle plastiche, si esaurivano rapidamente, così si pensò a un impianto che riducesse questi rifiuti in cenere. Nacquero così, i primi inceneritori, ma da subito si vide che non erano la soluzione ideale. Oltre ad essere molto costosi, sia come costruzione, sia come gestione, ci si accorse che bruciando tutti i rifiuti senza una cernita, essi emettevano con i fumi, una sostanza cancerogena, molto pericolosa; la Diossina. Questo sottoprodotto della combustione, non ha una soglia di tollerabilità nell’uomo, essendo tossica in dosi di un miliardesimo di microgrammo. Nell’organismo umano si accumula e si degrada molto lentamente, il cinquanta per cento della quantità assimilata, è eliminato in un arco di tempo dai sette, agli undici anni. Si pensò così a impianti che bruciando rifiuti selezionati, producessero qualcosa di utile, come ad esempio l’energia elettrica. Gli si dette il nome di termovalorizzatori, ma la loro costruzione restò molto problematica, sia per gli alti costi, ma soprattutto per l’opposizione delle popolazioni che non volevano un simile impianto sui loro territori. Intanto le Amministrazioni Comunali, per contenere i costi della raccolta e gestione dei rifiuti, cercavano di adottare nuovi sistemi tecnologicamente avanzati, come un nuovo tipo di cassonetto, adatto al sollevamento automatico, compattatori con il solo autista come equipaggio, spazzatrici computerizzate per la pulizia delle strade, e macchine automatiche per la cernita della spazzatura. Alcuni Comuni adottarono la raccolta porta a porta, a giorni alterni, per risparmiare sul personale, o cercando di favorire al massimo la raccolta differenziata. Oggi il netturbino si chiama operatore ecologico, ed è molto diverso da quello di quei tempi, essendo un operaio specializzato in grado di condurre mezzi molto sofisticati, ma nonostante tutti gli sforzi, e l’aiuto della tecnologia più avanzata, a tutt’oggi, la raccolta e smaltimento dei rifiuti incide pesantemente sui bilanci comunali, e di conseguenza sulle tasche dei cittadini. Io penso, che la maggior responsabilità di questa situazione sia da imputare all’industria, che per aumentare i profitti ha spinto, e continua a farlo, un dissennato “usa e getta.” Non è più tollerabile l’uso di massicce quantità di plastica per gli imballaggi, spesso esagerati, e non facilmente riciclabili, come i terribili tetrapak, o i contenitori di plastica per le bevande, i cui costi di smaltimento ricadono interamente sulle Amministrazioni Comunali, e quindi sui cittadini. Ormai viviamo in continua emergenza rifiuti, le mafie s’ingrassano sulla loro gestione, l’ambiente è pesantemente inquinato, con discariche abusive piene di prodotti anche tossici, tanto da mettere a rischio la nostra salute. Questo “pallone” su cui viviamo, ha, nel corso di milioni di anni, superato prove ben più gravi di questa, una cosa è certa, lui certamente sopravvivrà, ma noi?

Volpi Mario

30 settembre 2014

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