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Sezione a cura di Mario Volpi
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Andare al “Cine!”

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Oggi siamo letteralmente sommersi dai Media, sempre più tecnologici e spesso anche invasivi della nostra privacy, ma meno di cinquanta anni fa ...

Anche se sembra impossibile, vi è stato un tempo in Italia, che la vera “botta di vita,” quasi una trasgressione, era andare al cinema. Questo era tanto più vero, in proporzione all’età degli spettatori. Per noi “piccoli,” da sette a tredici anni, andare al cinema la domenica pomeriggio, era quasi un miraggio, una cosa tanto ambita da “lavorare,” tutta la settimana per raggranellare le 150 £ necessarie per vedere due film. Nei cinematografi di periferia, al tempo, per invogliare gli spettatori a non andare ai cinematografi cittadini, si proiettavano due film, al prezzo di uno. Certo non erano pellicole da Oscar, si trattava di Maciste, contro Tarzan, o di qualche western di serie “Z,” ma a noi non importava. Pur di poterci andare, si batteva palmo a palmo il torrente Carrione, in cerca di rottami di ferro da vendere al “Mao,” come si chiamava lo stracciaio a quei tempi. La canaglia lo sapeva, e non arrivava mai alle 150 £ necessarie, così ci costringeva a intensificare la ricerca. Io arrotondavo con il commercio dei Gechi vivi, come già detto in un precedente racconto, che vendevo a un fattore per mettere nella stalla come insetticidi naturali, che mi fruttavano la iperbolica cifra di 50 £ alla dozzina, un vero affare. Si andava anche per “pigne,” nelle abetaie, e nelle rare pinete esistenti sul territorio, dove si raccoglievano quelle secche che poi vendevamo alle persone “ricche,” per accendere la stufa. La domenica alle quindici iniziava lo spettacolo. A Fossola il cinematografo era appena passato il ponte della Ferrovia Marmifera, e già dalle quattordici vi erano ragazzi in fila, ad aspettare che si aprissero le porte. Quando succedeva, una vera fiumara di bambini si riversava all’interno della sala, travolgendo tutto, e chiunque si trovasse davanti. I posti più ambiti erano quelli in galleria, perché si poteva lanciare le bucce di noccioline, o sementine, ai “poveri,” seduti in platea. Nei cinematografi da “grandi,” i posti erano divisi in Platea, e Galleria, dove per accedere a quest’ultima bisognava pagare di più, ma nei cinema di periferia, il proprietario cercava di mettere dentro più gente possibile, e vi era un biglietto unico. La confusione era assordante, così come il fumo che si sarebbe potuto tagliare con il coltello, ma quasi per miracolo, quando si spengeva la luce, un silenzio di tomba calava nella sala. Le urla e il baccano, fatto battendo i piedi sull’impiantito di legno, ricominciava quando Tarzan, con il suo famoso urlo sbaragliava i nemici, o il Settimo Cavalleria caricava al suono della tromba una tribù di indiani “cattivi.” Quelli di noi più grandicelli, e più trasgressivi, approfittavano del buio della sala per fumare una Nazionale Esportazione con il filtro, pagata ben 5 £, passandosela l’un l’altro, magari in cinque, sentendosi dei veri Boss. Anche per i “grandi” il cinema era l’unico Media disponibile, perché dopo la proiezione del film partiva La Settimana Incom, un specie di film giornale che faceva vedere i fatti più salienti accaduti in Italia, però, vecchi di settimane. I film del tempo erano sottoposti a una rigorosa e becera censura, che molto spesso con i suoi tagli, snaturava la trama della pellicola, o peggio ancora ne proibiva la proiezione “ai minori di 14, o 18 anni,” o totalmente, come successe a un film diventato poi un cult,” Ultimo Tango a Parigi.” condannato addirittura al rogo. I ”Don,” delle varie parrocchie, o i frati operatori, poi, ci mettevano del loro, ponendo la mano davanti al proiettore, quando Zorro baciava l’eroina di turno. Con l’avvento della televisione, che minacciava il suo monopolio, il cinema corse ai ripari, proiettando pellicole che avevano un seguito il giorno dopo, o dalla durata quasi biblica, come il famoso “Via col vento,” che durava  quattro ore. Ricordo che mia mamma, fans sfegatata di Clark Gable, si mise d’accordo con le vicine, per andare a vedere il film, portando anche noi bambini, ma provvisti di una sostanziosa merenda composta da “pan e mundiola,” (pane e mortadella) e, crepi l’avarizia, anche una bottiglia di Spuma, ovviamente da dividere fra tutti, mamme comprese. I ragazzi più grandi, andavano al cinema all’ultimo spettacolo delle ventidue, dopo aver fatto la consueta partita a carte, o al bigliardo al bar. Questa “moda,” prese così piede, da costringere la Compagnia Municipalizzata A.M.A.C, a mettere due o tre filobus per effettuare l’ultima corsa a mezzanotte, per riportare a casa gli spettatori. Ma ormai il potere del cinema stava perdendo colpi, nei confronti della televisione, sempre più popolare. Per cercare di mantenere gli spettatori, alcuni cinematografi, installarono nelle sale i televisori, per far vedere, ad esempio il giovedì, la famosa trasmissione “Lascia o Raddoppia,” che stava letteralmente spopolando in Italia. Il cinema Marconi poi, situato in Piazza Matteotti, pensò di mettere un po di pepe nei suoi spettacoli, così il lunedì sera, sfidando la censura, metteva in cartellone “la rivista,” uno spettacolo di varietà con donnine seminude, comici, e soprattutto il pruriginoso, strip tease. Negli anni ottanta, con la diffusione del videoregistratore, e delle Videoteche, i cinematografi subirono un vero tracollo, cui cercarono di porre riparo, cambiando la programmazione ogni due giorni, o proiettando film per adulti. A Carrara, dei sei cinematografi presenti, in poco meno di un anno quattro chiusero i battenti. Negli anni duemila, con l’avvento delle TV a pagamento, ma soprattutto per il divieto di fumare nei luoghi pubblici, chiusero definitivamente anche i due superstiti. Da pochi anni sono sorte le multisale, che forse come tutte le novità, da prima hanno avuto un forte numero di spettatori per poi stabilizzarsi su di un numero più che modesto. La recente pandemia di Covid 19, ha inferto un altro duro colpo al mondo del cinema e ai cinematografi, che spero sia presto superato, perché il cinema, con le sue illusioni, e le sue emozioni, non debba morire per sempre.
Mario Volpi 24.10.21
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