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La fine di un'Era

Attualità
Spetta/Le Redazione
Da sempre i conflitti spingono l'evoluzione tecnologica. Un esempio di quanto dico, avvenne migliaia di anni fa, quando un debole David, con un prodotto tecnologicamente avanzato poté battere il gigante Golia.

Questo terribile clima di guerra, fa ricordare che ottanta anni fa, il mondo era anche allora nel mezzo di un catastrofico conflitto. Le notizie che arrivano dall’Est Europa, ci ricordano, come dico da sempre, che purtroppo sono le guerre che danno un grande impulso alla tecnologia. Il prossimo 27 maggio, ricorrerà l’anniversario dell’affondamento della Bismark, una delle ultime, più potenti, e moderne, navi da battaglia, della Kriegsmarine, la Marina da guerra tedesca, avvenuto al largo delle coste Francesi. Contravvenendo al famoso Trattato di Versailles, che vietava il riarmo della Germania, Hitler, fece costruire dapprima delle “mini,” ma modernissime corazzate, per non violare il Trattato, ma poi quando i venti di guerra soffiavano ormai impetuosi, ordinò la costruzione di questo vero e proprio mostro d’acciaio, che aveva il compito di dare la caccia e distruggere i convogli alleati che si dirigevano in Gran Bretagna, così da affamarla e costringerla alla resa. La consegna alla Kriegsmarine, avvenne nel 1940, e per ordine del Fuhrer, la nave dal porto di Amburgo, dove era stata costruita, si diresse, insieme all’incrociatore Prinz Eugen, verso l’Oceano Atlantico, dove avrebbe dovuto iniziare la missione per cui era stata progettata. Lunga 251 metri, con una stazza di 50.000 ton. era spinta da 12 caldaie, che potevano imprimere a questo titano una velocità di trenta nodi, eccezionale per l’epoca. Il suo armamento poi, era terrificante, composto da 8 modernissimi cannoni da 381 mm. in quattro torri binate, 12 pezzi da 105 mm. più 20 da 75, oltre a numerose mitragliatrici antiaeree posizionate alle murate. La sua corazzatura era composta da lastre d’acciaio spesse 32 cm. sulle fiancate fino a pelo d’acqua, mentre le torrette e la coperta, erano protette con corazze cha variavano da 8 a 32 cm. La sua artiglieria era paragonabile solo a quelle montate sulle corazzate italiane della classe “Littorio,” come la Roma con una gittata di oltre trenta Km. L’Ammiragliato inglese, sapeva dei terribili rischi che avrebbe corso se questa nave fosse arrivata in Atlantico. Così, quando la resistenza Norvegese, l’avvertì  del passaggio delle due navi attraverso lo stretto di Danimarca, per intercettarla le spedì contro la corazzata più grande che possedeva, la Hood, in coppia con l’incrociatore pesante Prince of Wales. Le condizione metereologiche erano pessime, tanto che i ricognitori inglesi non poterono alzarsi in volo, e i cacciatorpediniere di scorta in avanscoperta, si affidavano esclusivamente ai rudimentali radar del tempo. Il contatto avvenne sul radar del caccia Suffolk, ma fu subito perduto a causa di una violenta tempesta di neve. Ma le due unità tedesche erano ormai state scoperte, e sulle navi britanniche, Hood e Prince of Wales, scattò l’ordine di posto di combattimento permanente. Fu forse quest’ansia che fece commettere al comandante inglese alcuni fatali errori. Alle 5,30 del mattino, le sagoma delle due navi tedesche apparvero nella foschia a una distanza di 16 miglia, l’Ammiraglio inglese scambiò il Prinz Eugen, per la Bismarck e ordinò di aprire il fuoco su di esso. La prima bordata mancò l’incrociatore tedesco, che rispose immediatamente al fuoco, poi, mentre la Hood stava accostando per utilizzare tutte le sue batterie, fu centrata in pieno da una salva da 381 sparata dalla Bismarck. I proiettili dal peso di ottocento chilogrammi, colpirono la corazzata proprio al centro della coperta  esplodendo al disotto di essa spezzando la nave in due, provocandone l’affondamento quasi immediato. Ora le due navi tedesche potevano concentrarsi sul Prince of Wales, che ripetutamente colpito, e seriamente danneggiato, fu costretto ad abbandonare il duello, ritirandosi dietro una cortina fumogena. Nello scontro anche la Bismarck dovette incassare due colpi, uno a proravia, che provocò l’inondazione di un gavone, e il conseguente appruamento della nave che perse così un po di velocità, e l’altro a poppavia, con la perdita di nafta. Per riparare i danni il comandante tedesco decise di fare rotta verso il porto francese di Brest, mentre il Prinz Eugen continuava verso l’Oceano Atlantico. La Marina inglese fu molto colpita per la perdita della sua nave migliore con tutto l’equipaggio, per cui Winston Churchill ordinò all’intera Squadra navale presente nell’area di trovare la Bismarck e affondarla ad ogni costo. Capendo che la potente corazzata doveva fare rotta verso un porto amico, l’Ammiragliato inglese sguinzagliò un gran numero di cacciatorpediniere, e ricognitori aerei, per intercettarla, oltre a tre corazzate e due portaerei provenienti da Gibilterra. Al mattino del 26 maggio, un Catalina decollato dall’Irlanda del Nord, avvistò la Bismarck, che faceva rotta a tutta forza verso la Francia. Alle 19 uno stormo di aerosiluranti Swordfish, partiti dalla portaerei Ark Royal sfidando il terribile fuoco di sbarramento ingaggiarono la nave da battaglia. Un siluro colpì ed esplose contro una fiancata, senza neppure scalfirla, ma poco dopo un secondo siluro colpì e danneggiò gravemente il timone, rendendo la nave di fatto ingovernabile. Un cacciatorpediniere tenendosi fuori tiro comunicò l’esatta posizione della nave, e sul posto affluirono a tutta forza le corazzate inglesi Rodney e King George V, che aprirono immediatamente il fuoco. La Bismarck impossibilitata a manovrare subiva colpi pesantissimi che la ridussero ben presto a un rottame galleggiante. Sul suo affondamento, vi sono pareri che affermano che fu auto provocato per non rischiare di essere catturata dal nemico. Nel novembre del 1943 al largo dalla Sardegna un bombardiere tedesco affondò l’orgoglio della Regia Marina Italiana, la corazzata Roma. Si capì così che l’Era delle corazzate era finita, sopravanzate dalla tecnologia della nuova arma aerea, proprio come oggi, dove un drone di tre metri, pilotato da remoto, magari da migliaia di chilometri di distanza, anche nella notte più buia, può trovare e bombardare il nemico, mentre, a dispetto delle possenti corazze, un missile spallabile dal costo di qualche migliaia di dollari può distruggere un tank, o abbattere un elicottero, che di dollari ne costano milioni.
 
Mario Volpi 15.5.22
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