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Sezione a cura di Mario Volpi
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Una professione sfortunata

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Alcune categorie di artigiani sono state pesantemente penalizzate nel corso dei secoli, subendo in Era moderna a causa del Covid 19, una vera e propria catastrofe ...
La pandemia di Covid 19, ha messo in ginocchio diversi settori economici, in modo tanto grave da provocare in parecchi esercizi commerciali, il collasso finanziario, con il conseguente fallimento, e la chiusura totale. Per altri, invece, per superare questo difficile momento, si è dovuto ricorrere a misure drastiche, come il licenziamento del personale, e a un draconiano taglio delle spese, nonostante ciò, la ripresa sarà lunga e difficile. Tra le decine di figure professionali colpite duramente dalla pandemia, certamente, nessuna è stata più sfortunata di quella del barbiere. Detta così, sembra un’affermazione di parte, o quanto meno azzardata, ma ora ne andrò a spiegare il senso. Questa professione è antichissima, tanto che era già conosciuta dagli antichi Romani, con il nome di Tonsor. A tal proposito si dice che per i romani, radersi fosse una vera e propria tortura, dato la scarsa efficienza dei primi rudimentali rasoi di bronzo, o quelli di ferro antico, che non tenevano il filo, e che quindi provocavano ferite, e abrasioni nel volto dei clienti. Ecco che i Tonsor più bravi, che riuscivano a radere senza “spargimenti di sangue, “ erano quasi venerati, e potevano permettersi una clientela nobile, e ricca, che pagava profumatamente la loro “mano leggera.” Con la caduta dell’Impero Romano, la professione di Tonsor, fu dimenticata, ecco la prima catastrofe per la professione. Nell’Alto Medioevo, i sacerdoti cristiani erano gli unici autorizzati ad assistere gli infermi, curandoli con l’ausilio di salassi, o piccole operazioni chirurgiche. Vista la loro dimestichezza con lame e rasoi, come assistenti usavano spesso i barbieri, da poco tornati a esercitare la professione. La Chiesa però decretò, che per i sacerdoti era sacrilego, toccare il sangue, ecco che a fare queste operazioni restarono solo i barbieri. Intorno alla fine del 1400, la professione del barbiere conosce il suo massimo splendore, soprattutto in Inghilterra, dove si va dal barbiere oltre che per fare un salasso, anche per cavarsi i denti. Il barbiere-cerusico diventa una professione d’élite, che porta onori e ricchezze. Questa figura professionale era talmente importante che tutte le Corti europee grandi e piccole, avevano alle loro dipendenze un barbiere “aiutante del boia.” Il compito di questo “dipendente statale, ” era quello di cercare di rimettere in loco le articolazioni dei suppliziati, straziate dai terribili tratti di corda, usati normalmente negli interrogatori del tempo. Ma la nuova catastrofe è dietro l’angolo. Dopo pochi decenni, ai barbieri è impedito di svolgere attività diverse dal salasso, e la professione risprofonda in una sorta d’oblio, che la porterà a essere quasi bistrattata. Questa poco felice situazione, si aggraverà ulteriormente alla metà del 1800, dove, complice anche un importante progresso della Medicina, ai barbieri sarà vietato ogni attività medica. Ma come l’antica Fenice, questa professione agli inizi del 1900, risorgerà a nuova vita dalle proprie ceneri, perché, con il benessere dovuto alla prima forma d’industrializzazione di massa, tutti i “nuovi operai, ” vogliono prendersi cura del proprio aspetto. In quel periodo nascono varie “mode,”  che faranno la fortuna dei figari di allora. La cura dei baffi, della barba e del pinzo, più a meno elaborati, tornano in auge prepotentemente, come la crescente voglia dei maschi, di essere quasi coccolati mentre ci si faceva radere, con l’uso delle nuove scoperte chimiche, come lozioni e saponi profumati, o con la novità assoluta, lo scalda salviette a vapore, che permette di applicare panni caldi sul viso appena rasato. Ma a rompere quest’idillio economico, ci penserà un imprenditore americano, un certo Gilette, che inventa e commercializza, una lametta super economica, e un rasoio di sicurezza, con il quale e quasi impossibile tagliarsi. Per la professione di barbiere è un colpo tremendo, perché in pochi anni, vide la clientela soprattutto meno abbiente diminuire drasticamente. Per sopravvivere alcuni si gettano nella crescente moda dei parrucchini, diventando dei veri artisti non solo nella loro manutenzione, ma anche nella progettazione e costruzione. La grande guerra però, riporterà l’intera Europa indietro di un secolo. E solo alla fine della seconda guerra mondiale che la professione di barbiere riprende vita. Dopo lutti, sofferenze e privazioni, la gente torna a occuparsi un po’ di più del proprio aspetto. In luoghi duramente colpiti dagli eventi bellici, come Carrara, la pace riporta la voglia di vivere. Sono i “maschi,” che iniziano per primi a curarsi per “piacere, ” soprattutto al gentil sesso. Nel primo dopo guerra le barberie a Carrara nascono come i funghi fino ad arrivare a quindici. Molte famiglie mandano i figli a fare l’apprendista barbiere, perché, considerato un mestiere redditizio e non faticoso. Non era raro vedere negozi con tre, o quattro sedie, e altrettanti barbieri in azione, e una lunga fila di clienti in attesa. In quei tempi molti barbieri svolgevano anche un “servizio medico,” se così lo si vuol chiamare. In una sedia a parte, e con dei fogli di giornali stesi su una specie di vassoio, che teneva forzato all’indietro il capo, con un pettine a denti fittissimi, “pulivano,” la testa, soprattutto dei bambini dai pidocchi e dalle loro uova che le infestavano. Ma ancora una volta la malasorte si appresta a colpire. Eravamo agli inizi degli anni sessanta e un giornalista, in un articolo che farà scalpore, affermerà di essersi ammalato di Epatite, (al tempo ancora non si distingueva in A, B, C, ) dal suo barbiere, che lo aveva ferito mentre lo radeva. La notizia susciterà grande scalpore, soprattutto per l’abilità del giornalista nel farsi pubblicità. Non si appurò mai se il figaro fosse veramente colpevole, ma la clientela nelle barberie di tutta Italia calò drasticamente. Intanto però da” mestieranti fai da te,” com’era un tempo la maggior parte dei barbieri, nascono le prime scuole, che formano scientificamente i primi professionisti che si chiameranno “acconciatori.” La categoria, anche grazie a film di grande successo, come “La febbre del sabato sera” e “ Grease, ” (brillantina) in cui i giovani protagonisti sfoggiano chiome pettinate impeccabilmente, si riprende alla grande, e qualcuno diventa anche “parrucchiere unisex,” servendo anche il gentil sesso. Nel 1983 però, la pandemia di AIDS, sbarca anche in Italia. Questa terribile infezione si trasmette con gli atti sessuali, o con il contatto con sangue infetto. Per i barbieri è un’altra catastrofe. Molti rinunciano a radere, altri annunciano il cambio delle lamette a ogni cliente, ma la paura è grande, così moltissimi clienti rinunciano anche al taglio dei capelli, cui sopperiscono con un “fai da te,” supportato dalla vendita a basso costo delle prime macchinette elettriche taglia capelli, e regola barba. Dopo decenni di attività stentata, e la chiusura di parecchie barberie, si pensi che a Carrara sono rimaste solo in due, la categoria, che nel frattempo, è divenuta altamente professionale, ha dovuto subire quest’altra devastante mazzata per la pandemia di Covid 19. Io però, sono sicuro, che anche stavolta, questa sfortunata categoria riuscirà a superare la malasorte che la perseguita, e a rinascere più forte di prima, come ha sempre fatto nel corso dei secoli.

Mario Volpi 8.8.21
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