il vaso di Pandora - carraraonline.com

Sezione a cura di Mario Volpi
Vai ai contenuti

il vaso di Pandora

Una Volta Invece

Cara Redazione

Per fortuna i tempi in cui si aprì il vaso di Pandora nel nostro territorio sono lontani, anche se la nostra gente continua a morire di tumore, ma purtroppo non si è ancora chiuso definitivamente. Questo perché la civiltà moderna è diventata succube della tecnologia esasperata, esercitata in ogni campo, sopratutto quello alimentare, e ambientale. Tonnellate di nuove sostanze vengono immesse quotidianamente nell'ambiente, e il nostro organismo non fa a tempo ad adattarvisi,da qui la crescita esponenziale di allergie anche gravi, sopratutto nei più piccoli. Fino a quando l'umanità non farà un passo indietro, su il coperchio di malefico vaso, resterà  uno spiraglio!

File Audio del Racconto
Quando si aprì il vaso di Pandora

Per secoli, l’economia carrarina è sempre stata legata a filo doppio con l’estrazione e la lavorazione del marmo, e periodicamente quando l’oro bianco andava in crisi, tutta l’economia del territorio ne risentiva pesantemente. Così, durante il ventennio fascista, in un’ottica di esasperata autarchia, si pensò di creare un qualcosa che fosse in grado di eliminare per sempre questi periodi di depressione economica. Il gerarca carrarino Renato Ricci, aiutato da un altro gerarca, che essendo sposato a Massa aveva preso a cuore il problema, Osvaldo Sebastiani, segretario particolare del Duce, ordinarono la creazione della ZIA, ossia la Zona Industriale Apuana. Per agevolare l’insediamento delle ditte, azzerarono quasi del tutto dazi e gabelle, si costruì una Stazione Ferroviaria per i collegamenti, e in più, obbligarono le Ferrovie dello Stato, a fornire la corrente elettrica a un costo bassissimo, oltre naturalmente a fare prezzi molto vantaggiosi per il trasporto delle merci. Nel 1942 ci fu l’inaugurazione della neonata Zona Industriale Apuana. Attratti dalle condizioni particolarmente vantaggiose, furono molte le Aziende importanti come IRI, Montecatini, Edison, Fiat, Piaggio, Magneti Marelli, solo per citare le più famose, ad aderire al progetto, seguite da altre ditte minori d’imprenditori anche nostrani. Lo scoppio della seconda guerra mondiale, non solo fermò tutto sul nascere, ma i tedeschi razziarono tutti i macchinari, distruggendo quello che non riuscivano a portare via. Alla fine della seconda guerra mondiale, l’Italia era un gigantesco ammasso di rovine, le pochissime industrie rimaste in piedi, producevano beni che nessuno poteva acquistare, visto lo stato di terribile povertà in cui versava la quasi totalità della popolazione. Pur essendo un paese prevalentemente agricolo, anche quest’attività era stata pesantemente compromessa, per l’abbandono dei campi da una manodopera impiegata in attività belliche, o per l’impossibilità alle coltivazioni, per la presenza dei campi minati. Lo spettro della carestia e della fame incombeva su milioni di persone. Gli Stati Uniti, cercarono di porre rimedio a questa catastrofica situazione varando il piano Marshall. Questo piano, rimasto attivo dal 1948 al 1952, con i famosi aiuti ERP, non solo concesse prestiti allo Stato Italiano per milioni di dollari, cosa che permise una timida ripresa economica, ma soprattutto esportò in Europa il modo di produrre e pensare americano, avviando quello che, negli anni sessanta, sarebbe stato chiamato il boom economico.
Fu proprio la guerra a stimolare in tutto il mondo, la ricerca in campo industriale, con la scoperta di prodotti nuovi, da prima usati a scopo militare, ma poi utilizzati a fini civili. Nascono prodotti fantastici come il Nylon, il Poliestere, e il Poliuretano, dal petrolio si ricavano detersivi, insetticidi, e fertilizzanti, che possono triplicare la produzione agricola, insomma, con l’uso della chimica sembrava che il sogno degli antichi alchimisti di trasformare in oro il piombo, fosse finalmente possibile.
Questa nuova Industria però, richiedeva grandi spazi per le fabbriche, oltre a un massiccio impiego di manodopera a bassa specializzazione, necessaria per le lavorazioni a ciclo continuo importate dall’America, si sconfiggeva così anche la disoccupazione, al tempo a livelli altissimi.
Così qualcuno si ricordò della ZIA di Massa-Carrara. Dopo una contrattazione con gli industriali che erano già insediati, e che fiutarono l’affare, il Governo di allora, rinnova le concessioni in materia fiscale, ed economiche, alle ditte che vorranno investire qui. Così Aziende Metal meccaniche, Cementifere, Carbonifere, e Chimiche occupano per intero i quasi 800 ettari disponibili. Nel 1950 gli impiegati nella zona sono quasi 5000, lo spettro della miseria sembra definitivamente sconfitto nel territorio Apuano. Negli anni sessanta con il boom economico, l’edilizia cresce a dismisura, e richiede materiali nuovi a basso costo, per la costruzione di nuove case. Così la Fibronit di Massa-Carrara, lavora a ciclo continuo, e sforna i suoi nuovi fantastici prodotti, tubi, serbatoi, e coperture in fibrocemento. Anche la rinata agricoltura richiede a gran voce i nuovi concimi e i fertilizzanti. Gli anticrittogamici di nuova generazione poi, come l’efficacissimo Rogor, prodotto dalla Farmoplant, promettono raccolti sani e abbondanti. La Rumianca, produce a ritmo frenetico le sostanze che servono per produrre queste meraviglie. Qualcuno, si lamenta per l’odore pestilenziale che si respira nella Zona, e dice che le acque del Fosso Lavello che attraversa la Zona industriale sono di un colore rosso vivo, e che puzzano tremendamente. Gli si risponde che questo nuovo modo di produrre ha bisogno d’immense quantità d’acqua per eliminare gli scarti di lavorazione, che sono rilasciati nei corsi d’acqua, un pò di odore è il prezzo da pagare per il progresso, quindi è tutto regolare. Un po’ per ignoranza, ma molto più spesso per avidità, le Autorità competenti, e le Proprietà non badavano troppo alla salute pubblica e all’ecologia, parola al tempo sconosciuta ai più. Ma poi, di colpo, a distanza di pochi decenni, quasi si fosse scoperchiato il vaso di Pandora, arrivò puntuale il conto da pagare. Quello che più amareggia, anche a distanza di decenni, è come una certa classe politica abbia cercato di nascondere alla popolazione la gravità di certe situazioni. Rumianca 1984 due esplosioni con incendio, e dispersione di sostanze tossiche e velenose, non ci furono morti, ma si scoprì che dalla sua nascita alla chiusura, che avverrà nello stesso anno, ci furono oltre quaranta incidenti, con addirittura due morti che si cercò di far passare sotto silenzio. Oggi dei quasi 700 operai, che vi hanno lavorato, ne sopravvivono solo una dozzina, gli altri sono morti per tumore alla vescica, o ai polmoni. Farmoplant luglio 1988, due esplosioni, con incendio, disperdono una nube tossica per circa 2000 Km quadrati. Solo dopo molte ore si fa evacuare la popolazione. Ci si accorge poi, che numerosi pozzi che prelevano dalla falda acquifera, contengono alte percentuali di Rogor, e se ne decreta la loro chiusura, con un grave danno al rifornimento idrico. Nonostante un Referendum popolare che decretava la chiusura dello Stabilimento, il Tar lo fa riaprire, ma dopo poco tempo chiuderà definitivamente. Dopo decenni di cause civili, i Comuni interessati ottennero dei risarcimenti ridicoli, 750.000 € a quello di Massa, 600.000 € a quello di Carrara e udite, udite, ben 250.000 € per la Provincia. Fibronit, la quasi totalità dei dipendenti è morta per Mesotelioma Pleurico o Asbestosi, l’aerea dismessa necessita di una costosa bonifica. Si cercò di nascondere, in maniera criminale, anche quello che successe nel 1957. La casa farmaceutica tedesca Grumenthal, lancia sul mercato un sonnifero-tranquillante, particolarmente adatto per le gestanti, il Contergan, il cui elemento attivo è il Thalidomide. Usato nel mondo da milioni di pazienti, ha purtroppo un effetto secondario devastante sul feto, li fa nascere focomelici. Ritirato frettolosamente in tutto il mondo, in Italia continua la sua vendita fino al 1963, quando anche da noi, ne sarà proibito il commercio. Si stima che siano attorno a 700, le nascite di bambini malformati accadute in Italia, e a tutt’oggi non si capisce il ritardo nel ritiro del farmaco incriminato. Nel 1976 in una fabbrica che produce diserbanti, l’ICMESA di Meda, vicino a Seveso, si apre una valvola di sicurezza, e una nube di Diossina, una delle sostanze più tossiche del mondo, si disperde nell’ambiente.
Anche qui si cerca di minimizzare i danni, e solo dopo otto giorni si avverte la popolazione. Si divide l’area in tre zone A, B, R dalle prime due la popolazione è fatta evacuare, si uccidono migliaia di animali da cortile, la produzione agricola è distrutta. Nella zona A si abbattono anche le case, e si arriva a decorticare la terra per una profondità di circa 15 cm.  Un numero altissimo di persone tra cui molti bambini, sarà sfigurato dalla cloracne, un’eruzione cutanea provocata dalla diossina. Ancora oggi non si conoscono gli effetti a lungo termine.
Per cercare di evitare di fermare le loro pericolosissime produzioni, molte multinazionali si trasferirono nei paesi in via di sviluppo, come l’Union Carbide. Da un suo stabilimento nella città di Bhopal in India, nel 1984, per un incidente fuoriuscirono quaranta tonnellate di Isocianato di Metile, che causò la morte di 8000 persone, e l’intossicazione di oltre 30.000.
Oggi, soprattutto nel nostro martoriato territorio, quel vaso sarà tornato a essere sigillato per sempre?


Volpi Mario

Racconti di questa rubrica


Nessun commento
CarraraOnline.com
CarraraOnline.com
Torna ai contenuti