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I rimedi della nonna

Una Volta Invece
Cara Redazione
All'inizio della stagione fredda, la macchina pubblicitaria si scatena, per convincerci a comperare sciroppi per la tosse miracolosi, rimedi contro influenza e raffreddori, dimenticandosi di avvertirci che a tutt'ora contro i virus si può fare ben poco. Un tempo era la saggezza popolare a cercare di porre rimedio a questi malanni di stagione, sapendo già in partenza che sarebbe stata una guerra persa in partenza.
I rimedi della nonna
Nel suo millenario cammino evolutivo, la razza umana ha dovuto lottare aspramente per la propria sopravvivenza, non solo, contro bestie feroci ed eventi naturali, ma soprattutto contro un nemico, piccolissimo, invisibile, ma tanto potente da poterne causare la morte; gli agenti patogeni.
Le malattie sono state per millenni la principale causa di morte degli esseri umani, che a loro difesa avevano solo la superstizione. Ma poi con l’evoluzione, e l’esperienza d’innumerevoli generazioni, ci si accorse che le malattie si potevano contrastare con determinate sostanze, estratte soprattutto dalle piante, anche se la guarigione non era per nulla garantita. In questi metodi di cura, però, era la superstizione, che assieme alla magia, assumevano la parte d’attori principali, innescando spesso dei processi d’autosuggestione che portavano in alcuni casi a vere e proprie guarigioni prodigiose. Queste conoscenze non impedirono però, l’avvento di grandi epidemie, come la peste nera che a metà del 1300 uccise quasi la metà della popolazione Europea del tempo, o la cosiddetta influenza Spagnola che tra il 1918, e il 1920 uccise cinquanta milioni di persone in tutto il mondo. Nonostante la loro scarsa efficacia, questi metodi tipici del mondo rurale, sono giunti intatti fino ai nostri giorni, tanto, che fino agli anni cinquanta erano ancora ampiamente usati nelle nostre campagne. E’ quasi incredibile, come in meno di cinquant’anni, patologie che un tempo erano considerate molto gravi, siano oggi considerate banali, curabilissime con una semplice pasticca. Una di queste era sicuramente l’ulcera. Questa patologia oggi curabile con antibiotici specifici, era considerata una vera e propria malattia incurabile, che oltre a provocare atroci dolori, portava spesso alla morte. Il metodo di cura era a dir poco fantasioso, consisteva nell’ingoiare una lumaca viva priva del guscio, perché si riteneva che la sua bava stendesse un velo protettivo sullo stomaco. Negli anni cinquanta poi, furono messe in commercio delle pastiglie specifiche, a base di Bismuto e Magnesio, si chiamavano Roter, ed avevano una confezione in metallo. La loro efficacia però non fu mai dimostrata. Un’altra patologia molto frequente che oggi è pressoché scomparsa era il cosiddetto Gozzo. Questa malattia colpiva soprattutto le donne, e in particolar modo quelle che abitavano nei nostri paesi a monte. Era causata dall’assunzione continua d’alimenti oggi chiamati “gozzigeni” come Cavoli, Spinacci, Rape, Lattuga, Miglio ecc. che impedivano l’assorbimento dello Iodio. Oggi quest’importante minerale è aggiunto al sale da cucina, ma la nostra alimentazione estremamente variata, ne consente comunque l’assunzione e l’assorbimento in modo naturale. Anche le parassitosi erano molto comuni. Una delle più frequenti era l’infestazione intestinale da Tenia Solium, comunemente detta “Verme solitario”. Questo parassita era presente nelle carni dei maiali, che attraverso alimenti non cotti, come salsicce o salumi, finivano nell’intestino dell’uomo, dove si riproducevano, raggiungendo spesso la lunghezza di parecchi metri. I sintomi erano chiari, come fame continua, vomito, stanchezza e diarrea, ma la sua e radicazione era molto complessa, perché era necessario espellere dall’intestino la testa del parassita, operazione che con i vermifughi del tempo non era semplice. Anche un semplice mal di gola era un problema. Si cercava di risolverlo con gargarismi d’aceto, e nei casi più gravi si ricorreva alle terribili pasticche di potassio acquistate in farmacia. Erano composte di clorato di potassio, sostanza oggi vietata, ma che noi ragazzi usavamo per fare i “colpi” mischiandola con lo zolfo e mettendola tra due lastrine di marmo, colpendole poi violentemente con il tacco degli zoccoli, che spesso si spaccavano, attirando su di noi l’ira, e le botte delle madri. La scarsissime norme d’igiene dentali del tempo, innescavano sovente una patologia dolorosissima e invalidante; l’ascesso dentale. Questo era dovuto alla proliferazione di batteri e pus sotto la radice di un dente, spesso scheggiato o cariato, e la sua cura era alquanto problematica. Qui la fantasia popolare si sbizzarriva in rimedi che andavano dall’applicazione sulla parte malata di chiodi di garofano, sciacqui con grappa, sale grosso, propoli, e perfino trinciato forte. Spesso però era tutto inutile e quando il dolore era insopportabile era spesso la “mammana” locale a provvedere con un ago da materasso a forare la parte malata per favorire la fuoriuscita del pus. Per fare uscire il “sangue cattivo” responsabile di giramenti di testa e svenimenti immotivati, si usavano le sanguisughe. Queste al tempo erano comunissime nei fossi, ma si preferiva andare a comperarle in farmacia. Si applicavano di solito dietro un orecchio, e si lasciava che si rimpinzassero a dovere di sangue. Quando erano sazie si staccavano da sole, e solo allora erano poste in un secchio pieno d’acqua perché digerissero per poterle poi riutilizzare. Bronchiti e raffreddori erano curati con impiastri bollenti di farina di lino, per i geloni si usava lo strutto, mentre come purgante erano indicati i corbezzoli quando era stagione, o il terribile olio di ricino. Oggi tutto questo sembra preistoria, ma erano i rimedi usati…appena dai nostri genitori.

Mario Volpi
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