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Sezione a cura di Mario Volpi
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La civiltà del tarpone

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Il  progresso non ha portato solo cose buone. Un vero flagello è stato il  "consumismo" più sfrenato, sponsorizzato dalle ditte produttrici di beni  di consumo, ma che di fatto ha totalmente eliminato il riciclo. Stessa  storia per gli alimentari gettati via a tonnellate ma qualcuno...

Ho sempre in mente quello che mi raccontava con arguta ironia il mio povero nonno materno quando raccontava com’era terribile la povertà ai suoi tempi. “ ‘Nt’ la me madia a s’mpicav anch i topi!” ( nella mia madia s’impiccavano anche i topi) dalla disperazione, perché era assolutamente priva di lievito, farina e qualunque altro genere alimentare. Anche se pare impossibile, la convivenza tra il topo e gli umani e relativamente recente, si pensa che risalga al periodo in cui l’uomo ha cominciato a conservare le graminacee in appositi siti, come i granai, perciò circa diecimila anni fa. Questa supposizione è rafforzata, dal fatto che su uno dei libri più antichi, la Bibbia, quest’animale non è mai citato, come se fosse sconosciuto. Sono solo tre le speci di topo che hanno scelto di vivere accanto all’uomo, non solo per nutrirsi dei suoi avanzi, ma soprattutto per usare le sue case come comode tane. Esse sono: il topo domestico, il più piccolo della famiglia lungo pochi centimetri, vive quasi esclusivamente nelle cantine, e solai, delle abitazioni più vecchie, anche se prevalentemente notturno la sua presenza è facilmente identificabile, per la sua abitudine di cospargere quasi ininterrottamente il suo cammino di feci. Il ratto nero, o dei tetti. Quest’animale è molto più grande del topolino, potendo arrivare ai duecento grammi di peso, molto prolifico, può in condizioni ottimali, fare dieci covate in un anno, generando oltre cento discendenti. Questo vero e proprio flagello, giunse in Europa, dal Medio Oriente nell’Alto Medioevo, si pensa a bordo di navi mercantili, ed è considerato il responsabile dell’epidemia di Peste Nera che colpì il Vecchio Continente, nella metà del 1300, causando milioni di morti, e facendo arrivare in Europa, a un passo dall’estinzione la razza umana. Vi è poi il ratto grigio, o Norvegese, più comunemente chiamato ratto delle fogne. Questo vero e proprio peso massimo dei ratti, può arrivare tranquillamente al mezzo chilogrammo di peso, è il più aggressivo e pericoloso di tutti, soprattutto per la sua capacità di essere portatore sano di oltre trenta malattie trasmissibili all’uomo. Ma mentre se per il topolino domestico, e il ratto nero, la loro diffusione e il numero d’individui è più, o meno, sotto controllo, la popolazione del ratto delle fogne in pochi decenni si e decuplicata. Come il solito, la colpa di questa vera e propria emergenza è dell’uomo, o meglio dello stile di vita che il cosiddetto “progresso” ha imposto agli umani. Tonnellate di cibo sono gettate ogni giorno per vari motivi, andando ad alimentare immense discariche a cielo aperto, dei veri e propri supermarket per questi animali. Se da un lato l’adozione di un sistema fognario interrato ha permesso all’umanità di debellare moltissime malattie dovute al contatto con acqua contaminata da agenti fecali, o patogeni, dall’altro ha fornito una comoda “casa” a questa specie opportunista, onnivora e soprattutto molto intelligente. Quest’ambiente, sicuro, a temperatura controllata, senza predatori, è ideale per la proliferazione di quest’animale. Città come Roma, New York, Londra, sono ormai ostaggio del ratto delle chiaviche, tanto che, anche se le Autorità, cercano di minimizzare, esiste il concreto rischio dello scoppio di una devastante pandemia, causata da questi animali. Si è calcolato che le morti dovute a infezioni portate dai topi hanno causato più vittime che tutte le guerre che l’umanità ha combattuto negli ultimi mille anni. I ratti, sono poi i responsabili di milioni di dollari di danni a cavi sotterranei, e a tubature di plastica dell’acquedotto. I loro incisivi crescono continuamente e non dovendo usarli per rosicchiare il duro cibo naturale, li consumano su questi materiali, trovando spesso la morte per folgorazione, ma causando danni incalcolabili. Da sempre l’uomo cerca di sconfiggere la popolazione murina con trappole e veleni, ma sempre con scarsi risultati. Recenti studi hanno dimostrato che questi animali hanno dei “super sensi”, oltre a una ferrea organizzazione sociale nelle colonie, che gli permette di sopravvivere a quasi tutto. Al contrario delle società dei grandi carnivori ad esempio, i soggetti più deboli o ultimi nella scala sociale, sono usati come “assaggiatori, ” permettendo ai dominanti di evitare di cadere vittima dei veleni. Non ha caso le ditte di derattizzazione cambiano spessissimo il sapore delle esce, e usano sempre più spesso i veleni cosiddetti “cronici.” Queste sostanze causano la morte dopo alcuni giorni dall’ingestione, non permettendo al ratto di “ricordare” cosa fosse. Ora si tenta perfino di usare sostanze radioattive che possano “sterilizzare” sessualmente i soggetti, nel tentativo di farli estinguere, o per lo meno tenerli sotto controllo, cosa quasi impossibile in città come Londra, dove sono stati censiti approssimativamente ottocento milioni d’individui. Quand’ero piccolo, questo problema non esisteva, era considerato normale, che il topolino domestico uscisse di notte e si sentisse camminare sull’incannicciata della camera da letto, ma la popolazione era tenuta sotto un ferreo controllo dai gatti di casa. Anche se oggi solo a dirlo si rischia una denuncia penale, il gatto veniva “provato” dalla fattora, solo i “cacciatori di topi”, erano tenuti, mentre gli inetti venivano messi in un sacco e spersi nel bosco, oggi sembra una crudeltà, ma al tempo ognuno doveva a suo modo “guadagnarsi il pane.” Per quanto riguarda il “tarpone” come in dialetto è chiamato il ratto di fogna, erano abbastanza rari, e per loro, si usavano trappole, e veleni artigianali, come la classica lastra di marmo tenuta sollevata in bilico da due bastoncini di salice con un pezzo di cotenna legato a un capo. Quando il topo tirava, la lastra lo schiacciava. Un veleno fatto in casa invece prevedeva di mescolare farina di grano, zucchero, e bicarbonato di sodio, quando il topo mangiava, il bicarbonato formava un gas che il topo non può, per ragioni fisiologiche espellere e muore. Altro tipo era composto di palline di burro impastate con acido borico, che produceva lo stesso risultato. Anche il cane era impegnato nella caccia al tarpone, e quando ne prendeva uno, era ricompensato con un pezzo di crosta di formaggio. Alla base di tutto però, era l’estrema carenza di cibo che teneva sotto scacco la proliferazione dei topi, e purtroppo, che faceva soffrire anche agli umani.
Mario Volpi
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