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Sezione a cura di Mario Volpi
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Equus caballus

La civiltà animale
Spetta/Le Redazione

Voglio continuare la serie dedicata agli animali che hanno avuto un  ruolo fondamentale nella storia dell'uomo. Oggi ci occuperemo del  cavallo, simbolo di potenza forza e libertà, ma con il futuro....
Equus caballus

Questo è il nome scientifico, del più nobile degli animali che ha seguito l’uomo nel suo cammino evolutivo: il cavallo.
Si pensa che la sua prima addomesticazione sia avvenuta circa 5000 anni fa, dopo la cattura di qualche esemplare di Tarpan, una specie di cavallo selvatico euroasiatico, che purtroppo si è estinto nei primi anni del 1900. Quest’animale da sempre è stato il simbolo del potere di una Società nobile ed elitaria, usato prevalentemente per i grandi viaggi, ma soprattutto per la guerra. Solo nel basso medioevo, soprattutto all’interno dei grandi latifondi, il suo uso, grazie alla creazione di razze particolari, trovò un largo impiego in agricoltura, sostituendo quasi completamente il più lento bue. Per secoli il cavallo fu associato a eventi bellici, creando addirittura una vera e propria casta di elite che avrebbe influenzato pesantemente il modo di vivere nel Vecchio Continente; i cavalieri. Era talmente importante per l’uomo che, per quasi un millennio, il cavallo è stato sottoposto a una rigida selezione, che cercava di fare emergere alcune qualità primarie, del suo carattere, o della sua morfologia, necessarie per quel tipo di lavoro specifico, così oggi, esistono ben codificate, oltre trecento razze di cavalli. Per porre un esempio su come fosse considerato importante quest’aspetto, riportiamo di seguito il tipo di cavallo che un cavaliere aveva al seguito. Destriero; cavallo da battaglia di grosse dimensioni, ubbidiente e perfettamente addestrato a eseguire i comandi impartiti principalmente con gli speroni, essendo le mani impegnate a impugnare le armi. Corsiero; cavallo molto bello e veloce, adatto per le giostre e i tornei, dove era la velocità, e quindi la forza dell’impatto, la caratteristica cercata. Palafreno; cavallo di rinforzo, usato per i viaggi, doveva essere dal fiero portamento, perché usato anche nelle parate. Ronzino; cavallo grande e forte, rustico, usato da soma, e come cavalcatura dello scudiero. Cortaldo; cavallo con orecchie, e coda mozzate, per agevolare il cavaliere arciere. Chinea; cavallo di piccola statura montato dalle dame.  Furono i Romani a capire che, a proteggere adeguatamente lo zoccolo del cavallo dal logoramento, e dalle asperità del terreno, ci si assicurava di sfruttare al massimo la forza e la velocità di quest’animale. Inventarono così un primo sistema rudimentale di ferratura, costituita da una specie di scarpa di cuoio, con la suola di ferro da legare alle zampe tramite legacci. La ferratura come oggi la conosciamo, cominciò ad affermarsi solo agli inizi del IX secolo. L’uso primitivo del cavallo in battaglia, fu quello di fargli trainare un carro da guerra, dove un guerriero scagliava frecce o giavellotti, e un auriga guidava il carro contro la fanteria. Si capì poi che un soldato in sella al cavallo, era certamente più agile e veloce, in più si poteva aumentare il numero di cavalli senza problemi di spazio per le manovre, nacque così la prima cavalleria, intesa come formazione  militare. Il soldato a cavallo fu armato di arco e frecce, di lancia e di spada. Da subito ci si accorse di un grosso problema. La sua stabilità in sella era garantita solo dalla pressione delle sue ginocchia sul torace dell’animale, e bastava un urto con la lancia contro un avversario, o un fendente andato a vuoto, per essere disarcionati. L’invenzione della staffa, non solo risolse questo problema, ma formò un nuovo ordine di soldati, che avrebbero dominato le battaglie per secoli: i dragoni. Con questo termine s’intendeva descrivere il soldato a cavallo armato di sciabola, e di lancia, che si lanciava alla carica nelle battaglie del tempo. Il soldato “cavalleggero” sopravisse fino alla seconda guerra mondiale, dove proprio un Reparto italiano del Savoia Cavalleria, in una località russa dal nome quasi impronunciabile, Isbuscenskij, nell’agosto del 1942 fece quella che si può, a tutti gli effetti, definire l’ultima carica. Settecento cavalleggeri italiani caricarono tre reparti russi forti di ben 2500 uomini e diversi pezzi di artiglieria, sbaragliandoli completamente. Anche nel mondo esoterico e simbolico, il cavallo occupò per secoli un posto primario. Addirittura alcune popolazioni praticavano” l’ippomanzia, ” ossia la previsione del futuro in base al movimento delle orecchie e della coda di uno stallone sacro. Quest’animale era considerato il mezzo di locomozione di divinità di primaria importanza nei vari culti religiosi. Tirava il carro del sole del dio Apollo, mentre Poseidone dio del mare, usava un carro trainato da ippocampi, i famosi cavallucci marini. Nella superstizione religiosa i boschi erano il regno dei centauri, esseri mezzo uomo e mezzo cavallo, simbolo del desiderio e della lussuria, mentre in contrapposizione, le più oscure selve erano la casa dell’Unicorno, simbolo di purezza e castità, che solo una fanciulla vergine, poteva avvicinare e cavalcare. Il cavallo rappresentava l’energia vitale, ed era fortemente caratterizzato dal colore del manto. Non a caso i quattro Cavalieri dell’Apocalisse montano cavalli di diverso colore; cavallo bianco, conquista militare, cavallo rosso, stragi e violenza, cavallo nero carestie e pestilenze, cavallo verde, guerra e distruzione. Sono molte le fiabe e leggende che raccontano le gesta eroiche e mirabolanti di cavalli alati. Tra i più noti c’è Pegaso, divenuto in epoca moderna, oltre a una Costellazione, anche il simbolo della regione Toscana. Giudicato “pagano” dalla religione cristiana, il cavallo subì le attenzioni delle gerarchie ecclesiastiche. Papa Gregorio nel 732, ordinò che” chi fosse costretto a mangiare la sua carne dovesse fare penitenza”, mentre più drasticamente Papa Zaccaria ne proibì il consumo. Anche per la religione ebraica la carne di cavallo è un tabù, infatti, anche ai giorni nostri ne è proibito il consumo.
Aldilà delle convinzioni del mondo religioso, magico, o simbolico, la dimostrazione di quanto quest’animale fosse importante nell’evoluzione umana l’abbiamo della consuetudine di assegnare un nome a ogni esemplare, quasi fosse un membro della famiglia, o un vecchio amico. A distanza di secoli, la storia ricorda ancora i nomi dei cavalli appartenuti a uomini famosi, che hanno avuto un ruolo primario nella storia, come Bucefalo appartenuto al grande Alessandro Magno, Marsala del Generale Garibaldi, o Marengo di Napoleone, solo per citare i più importanti.  Cavalli eccezionali, vi sono stati anche in tempi moderni, distintisi nel mondo delle corse ippiche. I loro nomi sono diventati un mito per un’intera generazione di scommettitori. Quelle al galoppo, hanno avuto il mitico Ribot, per finire con Tornese e Varenne, denominato “il figlio del vento” trottatori eccezionali. Purtroppo, oggi il mondo dell’ippica è in crisi profonda, a causa del notevole calo delle scommesse, vero motore economico del settore. Molti purosangue sono finiti al macello, e decine d’ippodromi sono stati chiusi o abbandonati. Pensare, che, che appena negli anni cinquanta, gran parte del “traffico” cittadino era composto da “barocci” e “manbruche” (biroccio per il trasporto di lastre di marmo) trainati dai giganteschi cavalli per il tiro pesante di razza Frisona, Agricoli Italiani, o Maremmana, che spesso riportavano a casa da soli, il loro padrone, ubriaco perso, addormentato a cassetta. Oggi questo nobile animale è presente solo in qualche maneggio, relegato a servire per qualche ora di monta a pagamento, neofiti cavalieri. Anche nella splendida Maremma i butteri sono merce rara, e dunque, il futuro non sarà roseo per quest’animale. Oggi, la Società moderna, i cavalli li preferisce … solo sotto il cofano di una scatola di ferro!

Mario Volpi
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