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Sezione a cura di Mario Volpi
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Homo sapiens?

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
L'uomo ha un grosso difetto: non riesce a imparare dagli errori già fatti, e continua a ripeterli nei secoli. E per fortuna che siamo Sapiens!

Alcuni giorni fa, un mio conoscente ha avuto un incidente stradale. Fino ha qui non ci sarebbe nulla di strano, perché, purtroppo, questi avvenimenti non sono rari, ma il suo è stato quanto meno bizzarro, perché è stato letteralmente investito da un grosso cinghiale, che aveva improvvisamente tentato di attraversare la strada. Per fortuna, a parte gli ingenti danni alla vettura, nessuno si è fatto male, neppure il cinghiale che si è dileguato nel bosco sottostante. Fino agli anni novanta, la zona Apuana era completamente priva di cinghiali, e questi ungulati era possibile trovarli solo in qualche riserva di caccia, nella Maremma toscana o in Sardegna. Poi però, l’uomo per i propri interessi, in questo caso venatori, vi mise mano, causando un vero e proprio disastro ecologico, che è sotto gli occhi di tutti. Gruppi di cacciatori, acquistarono in allevamenti, e  liberarono sul territorio, scrofe e verri di cinghiale non autoctoni, di una razza proveniente della ex Jugoslavia, quindi di taglia più grossa ma soprattutto enormemente più prolifici. Senza alcun tipo di predatore, e con enormi quantità di cibo a disposizione, per lo spopolamento delle campagne, in pochi anni il numero di questi animali è letteralmente esploso, arrivando a oggi a una stima per difetto, di oltre due milioni di capi. E’ chiaro che una tale popolazione non può che portare problemi, come la distruzione sistematica delle colture agricole, gli incidenti stradali, e non ultimo l’alto rischio di contrarre e trasmettere ai maiali domestici la terribile peste suina. I piani di abbattimento presentati dalle Provincie e Regioni, vengono sistematicamente messi in discussione dagli ambientalisti, che forse in buonafede difendono questa specie, le cui devastazioni ormai, sono da considerarsi una vera e propria emergenza nazionale. Questi squilibri ecologici, non avvengono mai per caso, ma sempre e solo per mano dell’uomo. L’Homo Sapiens non tollera sul suo territorio altri predatori all’infuori di lui, così cerca in tutti i modi di sterminare i rivali, non sapendo che nel farlo distrugge forse per sempre l’equilibrio biologico che madre Natura ha creato in milioni di anni. Fino a tutti gli anni cinquanta, nel Sud dell’Italia esisteva ancora il mestiere del “luparo,” ossia il cacciatore di lupi che quando ne uccideva uno, portava la carcassa di paese in paese, per farla vedere, ricevendo in cambio generi alimentari, o piccole somme di denaro. Questi professionisti della caccia lavorarono così bene da restare senza lavoro, avendo sterminato questo superbo animale da gran parte dell’Appenino Italiano. Oggi è tornato, suscitando spesso le lamentele di qualche pastore per la perdita di qualche capo di bestiame, non immaginando come sia salutare per l’ambiente il suo ritorno. A tal proposito voglio raccontare ciò che avvenne nel primo, e più grande Parco Naturale Protetto del mondo; Yellowstone, negli Stati Uniti. Alla fine della seconda guerra mondiale, l’affluenza della gente nel Parco americano aumentò in modo esponenziale, per cui l’Amministrazione dello stesso, per aumentare gli animali da ammirare, ebbe l’idea di sterminare completamente i predatori, in questo caso i branchi di lupi e gli orsi grizzly. Dopo meno di sessanta anni però, nel Parco cominciò un lento ma inesorabile declino, che nessun naturalista riusciva a spiegare. I bisonti, attrattiva principale del Parco, morivano di stenti, gli immensi branchi di Cervo capra e di Wapiti che erano comuni un tempo, cominciarono a diventare sempre meno numerosi. Anche l’ambiente cambiò sensibilmente, intere praterie un tempo ricche di pascoli, rinsecchivano miseramente, e alche alcuni fiumi cominciarono ad erodere inesorabilmente le sponte ormai prive di vegetazione. Si narra che un giovane zoologo appena assunto nel 1995, affermò, suscitando il biasimo di molti, che quel declino spaventoso era causato dall’aumento sproporzionato degli erbivori, non regolati dalla presenza dei predatori. Tra mille dubbi e polemiche, nello stesso anno furono reintrodotti un piccolo gruppo di lupi canadesi, e si decise di proteggere i pochi esemplari d’orso rimasti. Ebbene, dopo meno di un anno il Parco parve rigenerarsi, e oggi è in perfetto equilibrio sia biologico che ambientale, con la completa stabilizzazione naturale di tutti i corsi d’acqua, e il numero degli erbivori tenuti sotto controllo dalle predazioni. Un altro disastro ecologico fu quello causato in Australia, nel 1856, da un gruppo di coloni, sempre per scopi venatori. Introdussero un gruppo di appena ventiquattro conigli selvatici fatti arrivare apposta dall’Europa, e aspettarono circa sei mesi prima di andare a cacciarli, e questo fu un errore colossale. Già nel 1887, il Governo australiano offrì 25.000 sterline, a quel tempo una cifra iperbolica, a chiunque riuscisse a sterminare quell’immensa folla di conigli, che ormai stava letteralmente distruggendo la vegetazione, ma soprattutto il sottosuolo, ridotto simile a una gruviera da milioni di tane. Nel 1950, le Autorità australiane ebbero l’idea di usare la lotta biologica per eradicare i conigli, ormai arrivati a circa seicento milioni di individui. Ne catturarono alcuni vivi e dopo averli infettati con il virus della Mixomatosi, una terribile forma di cancro, li liberarono. Il risultato fu terribile. Quasi cinquecento milioni di esemplari morirono, ma i restanti, si immunizzarono contro la malattia, e ripresero a crescere fino a superare oggi, il numero iniziale. La Mixomatosi però, nel frattempo si era propagata in tutto il mondo provocando una vera e propria strage in moltissimi allevamenti, causando la perdita di milioni di dollari, e a tutt’oggi, si è costretti a vaccinare ogni coniglio allevato in cattività. Sempre nel Continente Australiano, per un lungo periodo tra il 1870 e il 1920, per effettuare i trasporti di merci e persone nell’interno del deserto che gli australiani chiamano Outback, vennero importati migliaia di Dromedari e Cammelli dal Medio Oriente, gli unici animali in grado di sopportare il caldo asfissiante, la fatica, e la siccità. Con l’avvento dei motori però, questi animali diventarono inutili, e molti furono abbandonati nel deserto. Oggi i loro antenati si sono riprodotti in modo esponenziale, tanto da costringere le Autorità australiane a compiere delle vere e proprie stragi, anche con l’uso di tiratori sugli elicotteri, per salvare la vegetazione, e soprattutto le scarsissime fonti idriche necessarie al bestiame. Questo è ciò che accade quando l’uomo cerca di imporsi sulla Natura, rompendone gli equilibri delicati ma perfetti, come eliminare una specie per favorirne un’altra. E pensare che gli evoluzionisti dicono che siamo al vertice tra le speci, perché l’Homo Sapiens ha sviluppato un cervello molto grande. Sarà anche vero ma Sapiens lo siamo davvero?

Mario Volpi 8.11.2020
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