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Sezione a cura di Mario Volpi
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Avanti c'è posto

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Chi potrebbe mai pensare che il trasporto pubblico Apuano, oggi in profondo dissesto sia come Parco  Mezzi che economico, fosse più di cinquant'anni fa il più moderno d'Italia? Eppure è tutto vero. La Municipalizzata del tempo non solo si dotò di una linea filoviaria all'avanguardia, ma la allora SACA, una cooperativa di Pistoia, divenne la più efficiente di tutta la Toscana, e mise in line i primi mezzi snodati, in grado di trasportare più di 150 persone. Oggi invece il trasporto pubblico è in completa balia delle "invasioni barbariche" che oltre a non pagare il biglietto, distruggono i mezzi, e spesso minacciano pesantemente anche il personale viaggiante. E qualcuno si ostina a dire che questo servizio è sinonimo di civiltà.

ll 5 giugno del 1955 fu inaugurato il nuovo impianto filoaviario in sotituzione del filotramviario, con 12 filobus
Avanti c'è posto
Io, del tram che faceva servizio a Carrara, ho un ricordo molto vago, non tanto per l’età, quanto per il fatto che, allora, anche una semplice corsa in tram, era piuttosto rara. Mi ricordo però molto bene, il loro colore verde, il frenetico scampanellare prima della partenza, il manovratore in piedi con la mano su una manovella, simile a quella di un grosso macinino, e le bestemmie del bigliettaio, continuamente alle prese con i ragazzi che si attaccavano al paraurti posteriore. Com’è ancora ben vivido nella mia memoria il ricordo di quando s’inaugurò la linea dei filobus. Devo però dire che proprio nello stesso periodo, presero servizio sulla tratta Carrara Massa, via Provinciale di Bonascola, dei giganteschi autobus snodati, che ai miei occhi di bambino, parevano quasi dei draghi su ruote, con quella misteriosa “fisarmonica” centrale, con le porte che si aprivano da sole con un rumoroso sbuffo d’aria compressa, e i loro lucenti tubi di scappamento, da cui usciva, oltre al fumo, anche un poderoso ruggito. Così quando andammo, in una bella mattina di primavera, insieme a tutta la mia famiglia, all’inaugurazione della nuova linea dei filobus, rimasi sorpreso e sconcertato. Eravamo nel 1955, e vedere quei grossi autobus verdi, con la scritta A.M.A.C (così si chiamava al tempo la Municipalizzata) che si muovevano senza rumore, e soprattutto senza fumo, era per me quasi una magia. Partivano da Piazza Farini a Carrara, e arrivavano fino alla Fossa Maestra, con alcuni che passavano proprio davanti alla Stazione Ferroviaria di Avenza. Al tempo non sapevo certo che quella linea era una delle più moderne d’Italia, ma aspettavo con ansia il momento che mi fosse stato possibile salire su uno di quei cosi silenziosi. Il tempo venne a ottobre, con l’apertura dell’anno scolastico. Anche se sembrerà paradossale, il trasporto pubblico del tempo, era molto più efficiente di quello odierno, trasportando oltretutto una vera e propria marea di persone. Così per gli studenti e gli operai, erano state pensate delle tariffe speciali. Per gli operai, dalle ore sei, alle ore nove, si poteva usufruire della cosiddetta “corsa operaia”, un biglietto, andata e ritorno, dal costo di poco superiore a quello di una corsa singola, mentre per gli studenti vi era l’abbonamento. Il biglietto della corsa operaia era di grandezza doppia di quello normale, e al ritorno il bigliettaio forava il “ritorno” insieme al giorno del mese. L’abbonamento invece, era formato da una tessera in alluminio, verniciata di un colore rosso mattone martellato, con la metà superiore occupata dalla foto in bianco e nero, mentre nella metà inferiore, oltre alla scritta in grassetto “studente,” vi era un cartoncino rigido removibile, tenuto in sede da un rivetto punzonato, era quello che quando ogni mese andavi a pagare, veniva cambiato. Quel tipo di abbonamento dava diritto a un numero illimitato di corse su tutta la tratta tra i due capolinea, dalle otto del mattino, fino alle venti. Prendere il “Menarini” la mattina, come si diceva al tempo, (il nome era scritto sul muso, ed era quello della Ditta che aveva carrozzato i filobus), era un vero e proprio dramma. Erano talmente affollati che spesso, non riuscivano a chiudere le porte. A quei tempi vi era anche il bigliettaio, che aveva il suo posto in un sedile a fianco della porta posteriore, e che diceva continuamente “avanti c’e posto”, anche se non vi era lo spazio per metterci uno spillo. Proprio la mattina, il filobus era talmente pieno di gente che, qualche “portoghese, ” riusciva sempre a salire a bordo, e a svignarsela prima che l’attento bigliettaio riuscisse a raggiungerlo attraverso quella massa di persone per fargli pagare il biglietto, o controllare se l’abbonamento fosse scaduto. Il vero e proprio dramma però succedeva quando, “cadevano le aste.” La corrente elettrica era presa dal filobus, dai due fili aerei paralleli, tramite due aste, che strusciavano, con una piccola puleggia, contro di essi. Nei tratti diritti, la linea era assai molleggiata, e le molle di tensione delle aste premevano bene contro i fili, così la puleggia rimaneva in sede senza problemi, negli incroci però, ossia, dove la linea elettrica si diramava in due direzioni, qualche volta la puleggia, non si orientava abbastanza rapidamente, così con una piccola scintilla l’asta cadeva, o meglio saliva al disopra della linea elettrica, e il filobus si fermava. Allora il bigliettaio, invocando tutti i Santi del Paradiso scendeva, e se era giorno, riusciva rapidamente a rimetterla in sede, ma se era notte o pioveva, era una vera e propria impresa, condita da un rosario d’imprecazioni, da far arrossire il demonio. Non era raro poi, che nelle tempestose notti invernali, qualche grosso ramo dei giganteschi platani che fiancheggiavano un tempo, il Viale XX Settembre, fosse strappato dal vento, e rimanesse penzoloni sulla linea elettrica bloccando, di fatto, la circolazione dei filobus. Allora dal Deposito di Avenza, usciva velocemente il camion officina, con la squadra di pronto intervento. L’ingegnosa forma del camion, lo rendeva molto efficiente, e sopperiva alla totale mancanza di novità tecnologiche. La cabina era simile a un filobus, ma poco prima della metà, la parte carrozzata finiva di colpo, per lasciare il posto a una specie di palco in legno, che poneva l’operatore con il petto all’altezza della linea elettrica, in posizione perfetta per eseguire ogni tipo di riparazione. Visto l’alto numero di persone che trasportava soprattutto nei periodi estivi, nel 1957, la linea fu prolungata fino a Marinella, al tempo quasi una landa desolata, con la possibilità di allacciamento alla linea filoviaria della Spezia, progetto che rimase nel cassetto. Passata sotto diverse gestioni, e cambiano spesso anche la denominazione, l’Azienda dei trasporti, nel 1980 fu denominata C.A.T, Consorzio Trasporti Toscano, e oltre a un grosso lavoro di manutenzione alle linee elettriche, ormai usurate, vennero ricarrozzati alcuni filobus, rovinati da quasi trent’anni di onorato sevizio. Proprio il loro ritorno in linea però, fu la causa del disastro. Il personale lamentava che i mezzi restaurati, erano privi di servosterzo, ne scaturì una grossa vertenza sindacale, che finì con la definitiva chiusura della linea nel 1985. Molti però sussurrarono che questa fosse solo una scusa, accampata per eliminare i filobus, e comprare i nuovi autobus a motore convenzionale. Scelta che si dimostrò poi scellerata, oltretutto dopo avere speso centinaia di milioni per manutenzionare linee e mezzi. Qualche genio del marketing poi, pensò di emulare il resto dell’Italia, ed eliminare la figura del bigliettaio, considerato una spesa inutile. Oggi il trasporto pubblico carrarino, e italiano, è allo sfascio, con il bilancio finanziario in profondo rosso, dove la maggior parte dei passeggeri, non solo non paga il biglietto, ma spesso vandalizza anche il mezzo. Quindi, io mi domando, se quel signore che diceva continuamente ”avanti c’è posto” fosse davvero  così inutile.
Mario Volpi  
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