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Sezione a cura di Mario Volpi
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Cantare insieme

Attualità
Spetta/Le Redazione
L'UNESCO, si occupa di conservare tutto ciò che rappresenta il patrimonio culturale dell'umanità. E' perciò un grande onore per la Sardegna, e per l'Italia, sapere che il canto a tenore sardo ha avuto questo onore.

Nel medioevo, essere scelti per frequentare una Scholae Cantorum, ossia la scuola per cantori, era un onore e un privilegio. Un onore perché, secondo la mentalità del tempo, cantare durante le funzioni religiose avvicinava il cantore a Dio. Il privilegio, era soprattutto pratico, perché si poteva usufruire di due pasti al giorno, e di un luogo dove dormire. Da quel tempo sono passati secoli, ma nell’Italia di oggi la voglia di cantare in coro, è più viva che mai. Il primo coro laico, formato solo da uomini e tutti dilettanti, nacque nel Trentino, fondato dai fratelli Pedrotti, nel lontano 1926. Non ha caso lo chiamarono con un acronimo, S.A.T, ossia Società, Alpinisti Trentini. Il coro S.A.T, fin da subito si distinse per il suo repertorio, che comprendeva “canti di montagna,” tipici del folklore Trentino, che stavano scomparendo. I vari Maestri che si sono succeduti alla sua direzione, hanno portato il livello vocale a vette eccelse, tanto che il coro ha tenuto concerti in tutto il mondo con lusinghieri apprezzamenti internazionali. Ispirandosi a questo, il Maestro Giuseppe De Marzi detto Bepi, insegnante di conservatorio, ma soprattutto innamorato della sua terra d’origine, la valle del Chiampo, nel 1958 fonda un coro maschile, chiamato “I Crodaioli.” Scriverà e armonizzerà e dirigerà personalmente, più di 150 brani, tra cui il più famoso, “Signore delle cime” è tradotto e cantato in diversi paesi del mondo, diventando “obbligatoria,” la sua messa in repertorio per ogni coro che si rispetti. Purtroppo nel 2019, questo splendido coro si è sciolto. Anche la città di Carrara, vanta uno dei cori più “vecchi,” e prestigiosi d’Italia: il coro Monte Sagro. Fondato nel 1963, si è cimentato sempre ad alti livelli, in un repertorio assai vasto, che comprendeva canti religiosi e liturgici, nei primi anni della sua fondazione, per arrivare ai canti di montagna tradizionali. In tempi più moderni si è cimentato con grande successo, nell’esecuzione di ballate in dialetto carrarese, fino ad arrivare a composizioni più moderne, scritte e dirette dall’attuale maestro, Alessandro Buggiani. I cori sono importantissimi, per non dispendere, e valorizzare l’immenso patrimonio culturale e tradizionale di canzoni, e ballate popolari che per secoli sono stati gli unici “Media” disponibili nel nostro Paese. Qualcuno si chiede come, e quando, sono nati i cori, e soprattutto quale fosse la loro funzione primaria. La risposta non è semplice, perché l’inizio del canto corale si perde nella notte del tempo. Si hanno notizie di cori usati dai greci nelle loro commedie, e di canti corali dei legionari romani prima delle battaglie. L’ipotesi più accreditata è che sia nato come mezzo di preghiera aggregante nelle prime comunità cristiane. Questa teoria è la più convincente perché specialmente nel canto Gregoriano, il suono è diviso per timbro, potenza e tonalità, e non uniforme come un coro di guerra, o similare. Infatti, anche i moderni cori sia maschili che femminili, sono divisi in quattro sezioni: bassi, baritoni, tenori primi, e tenori secondi, e la sapiente armonizzazione di questi timbri vocali che produce quelle splendide melodie, anche senza accompagnamento musicale, e proprio per questo dette “a cappella.” Il numero dei coristi, ha un limite in meno, ma non in più ossia, che deve essere un numero minimo per coprire le quattro tonalità, ma non ha limite verso l’alto. Il canto corale è così importante in ambito antropologico che l’UNESCO, ha dichiarato Patrimonio Immateriale dell’Umanità, il Canto a Tenore sardo. Questi cori sono composti da solo quattro coristi, ossia “su bassu,” voce bassa, “sa contra” contralto, “sa mezza boche” mezza voce, e “sa boche,” il solista. Il loro repertorio è composto da poesie popolari, che vengono cantate cercando di imitare i suoni della Natura. Il più vecchio è il coro Barbagia, fondato nel 1966, mentre il più famoso è, senza dubbio i Tenores di Bitti. Il canto corale in Italia è così diffuso che sono nate ben tre diverse Associazioni, che ne curano iscrizione, concerti, e festival in Italia. e spesso anche gli inviti per l’estero. Nel 2010, data dell’ultimo approssimativo censimento, i cori iscritti erano oltre 2.500. Ovviamente in questo numero non sono compresi i cori parrocchiali, o scolastici, e neppure i grandi cori professionali che operano all’interno dei teatri lirici. Così si stima che le persone che in qualche modo cantano, o curino la parte logistica e amministrativa dei cori italiani, grandi e piccoli, siano superiori alle duecentomila unità. Purtroppo questi due anni di pandemia, hanno praticamente azzerato ogni tipo di manifestazione corale sia in Italia che all’estero, e per riprendere l’attività a pieno ritmo, penso che sia necessario molto tempo. Ma certamente, questo settore rifiorirà alla grande, perché, in ogni corista, la voglia di stare insieme, eguaglia, e spesso supera, la passione per il bel canto.
Mario Volpi 11.2.22
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