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Sezione a cura di Mario Volpi
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Popolo bue

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Spesso la classe politica di un paese, si presta, per la loro ideologia, a limitare la libertà di pensiero delle persone. Un tempo questo era fatto in modo grossolano e anche un pò ingenuo, oggi con metodi molto più sofisticati, ma non per questo meno efficaci!

Da sempre, il potente di turno, ha cercato di influenzare il pensiero del popolo a proprio vantaggio, non solo nascondendogli la verità, ma anche impedendogli di esternare qualsiasi tipo di critica nei propri confronti. Lo strumento per fare ciò è chiamato censura. “ Il popolo non deve pensare,” ebbe a dire un generale dei Pretoriani all’Imperatore Giulio Cesare, ” ma solo eseguire come fa il bove.” Dopo la dissoluzione dell’Impero Romano, fu la Chiesa che piano, piano, prese non solo il potere spirituale, ma anche quello temporale, su gran parte dell’Europa medievale. Per secoli, la censura fu esercitata dalla Chiesa col pugno di ferro, sotto la minaccia di scomuniche, per chiunque osasse ostacolarla, perfino Principi regnanti, o i suoi stessi membri, ricorrendo spesso ad atti molto più drastici, come per Giordano Bruno. Pur membro della Chiesa, essendo un frate domenicano, solo perché criticò apertamente i dogmi predicati dalla Chiesa, come la dottrina trinitaria, dopo ben otto anni di carcere durissimo, fu mandato al rogo dal tribunale dell’Inquisizione di Roma, con la bocca chiusa nella terribile mordacchia, proprio per impedirgli di parlare alla folla che si era assiepata sotto il palco del supplizio. Alla fine del secondo conflitto mondiale, in Italia, dopo un breve periodo di sbandamento politico-sociale, un nuovo partito andò al potere; la Democrazia Cristiana. Il nome indicava chiaramente il suo orientamento, e in barba ai Patti Lateranensi, stipulati con lo Stato Vaticano nel lontano 1929, da subito con l’aiuto dei suoi politici, cercò di indirizzare ai propri voleri la vita sociale e politica degli italiani. La Chiesa capì subito quale arma potente fosse il cinema per influenzare il pensiero delle masse, nacque così il A.C.E.C. un acronimo che significava Associazione Cattolica Esercenti Cinema, che di fatto fece nascere una miriade di sale cinematografiche in moltissime parrocchie, che oltre a fare sleale concorrenza alle sale laiche sul prezzo del biglietto, fruttava anche un bel gruzzoletto. In modo arbitrario e ridicolo, anche in queste sale era esercitata, dal frate o dal prete improvvisato operatore, una ferrea censura. Io stesso da bambino, fui testimone durante la proiezione di Zorro, della mano posta davanti al proiettore, per coprire il bacio del protagonista dato l’eroina appena salvata dal cattivo, scatenando in sala un assordante concerto di fischi. Ben più grave invece fu la ferrea censura cinematografica esercitata su tutto il Territorio Nazionale, da un apposito Comitato, presieduto da un politico che poi diventerà famoso; Giulio Andreotti. Oltre alle cose sessuali, al tempo erano anche altre le situazioni che facevano storcere il naso al censore. Sostenendo che “i panni sporchi devono essere lavati in casa”, film capolavori, come ”Miracolo a Milano” o “Umberto A” di De Sica, solo per citare i più famosi, furono pesantemente censurati, non essendo gradito al censore politico, il primo neorealismo che mostrava le reali condizioni socio-economiche delle italiche genti del tempo. Molti personaggi sia politici che religiosi, vedevano, nell’esercitare il bigotto moralismo con la censura, la vera e unica missione della loro vita. Il più importante di essi fu certamente, colui che decenni dopo, avrebbe conquistato il Quirinale, diventando Presidente della Repubblica Italiana; Oscar Luigi Scalfaro. Per anni Capo del Comitato d’Ascolto della Televisione Italiana, ossia dell’organo di censura della stessa, restò famoso per un episodio che tenne banco per mesi in quell’anno del primo dopoguerra. Nella calda estate del 1950, Scafaro stava pranzando assieme a dei colleghi in un noto ristorante romano, quando ad alcuni tavoli di distanza una signora oppressa dal caldo asfissiante si tolse il bolerino restando a spalle nude. Il parlamentare andò su tutte le furie, accusando la signora di essere una donnaccia, e qualcuno affermò che la prese anche a ceffoni. L’avvenimento suscitò grande scalpore in Italia, non solo per il plateale atto di una ridicola censura, ma soprattutto perché la donna era moglie di un esponente di spicco del Movimento Sociale Italiano. Si passò alle denunce, e si finì anche in teatro, visto che anche al tempo la satira colpiva. La censura clericale non risparmiava  neppure le canzoni. Testi come “Dio è morto” dei Nomadi, “ 4/3/1943” di Lucio Dalla, o “Luci a San Siro” di Vecchioni, solo per citarne alcuni, furono censurati, e pesantemente rimaneggiati prima di essere immessi in circuito. Si pensi che in ogni chiesa era presente “l’elenco dei libri all’indice“ che ogni buon cristiano doveva consultare, una barbarica forma di censura culturale secolare, abolita solo sotto Paolo VI nel 1966. Negli anni settanta, con l’avvento di altre forme di Media, la censura religiosa, cominciò a sentirsi in pericolo, e disperata, serrò ancora di più le sue maglie, arrivando ad eccessi da Inquisizione Spagnola. Nel 1976, la censura cinematografica italiana, condannò letteralmente “al rogo” il film “Ultimo tango a Parigi.” Nel 2002, una giuria internazionale ha posto questa pellicola tra i cento miglior film sentimentali del mondo. Questo becero controllo censorio si accaniva soprattutto sulle “oscenità sessuali” come erano chiamate le scene giudicate “spinte,” tralasciando completamente le trucolente scene di violenza dei film “horror splatter” americani, che nel frattempo stavano spopolando tra i giovanissimi. In molti di queste pellicole, vi erano zombi e vampiri, che facevano centinai di morti, ammazzati nei modi più raccapriccianti, dove il sangue sgorgava a fiumi, ma che lasciavano completamente indifferente il censore. Nella neonata televisione, invece, oltre a un “censorio lavaggio” del linguaggio, con cancellazione di qualunque parola potesse solo ricordare oggetti, o atti, anche lontanamente sessuali, si arrivò a censurare con pesanti calzamaglie intere, perfino le gemelle Kessler, al tempo delle vere star. Anche la censura politica non scherzava, tanto che il famoso Alighiero Noschese, uno dei più bravi e popolari imitatori di quel periodo, dovette ottenere l’approvazione dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, per poter imitare alcuni personaggi politici durante una trasmissione televisiva. Oggi la Chiesa non scomunica più i fedeli che le disobbediscono, perché francamente farebbe sorridere, ma non per questo la sua voglia di censurare è cessata. Solo lo fa con altri metodi, soprattutto politici ed economici. Stessa cosa avviene per la carta stampata. Finito il tempo delle testate indipendenti, oggi molti “poteri forti,” hanno acquistato una o più testate giornalistiche, dove logicamente si lega l’asino dove vuole il padrone. Per quelli che non si adeguano scatta la riduzione dei finanziamenti statali alla carta stampata, il che equivale a una condanna a morte. Anche il mondo delle televisioni è molto simile. Molti grandi Broadcast sono privati, e quindi fanno e dicono ciò che più fa loro comodo, influenzando anche pesantemente l’opinione pubblica, ma dando lavoro a migliaia di persone, si deve fare buon viso a cattivo gioco. Del resto anche il servizio pubblico della Rai non è immune a questa vera e propria forma di censura mascherata. A tal proposito va ricordato che molte trasmissione televisive, poco “gradite” ai partiti al potere, come Report, hanno subito una drastica riduzione dei finanziamenti, alcune poi, sono state addirittura soppresse, e i giornalisti scomodi, messi “in naftalina!” Non ha caso nel 2016 la stampa italiana è stata giudicata appena al settantasettesimo posto come indipendenza, quindi, c’è poco da stare allegri per noi, “popolo bue!”
Mario Volpi 17.12.2020
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