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Sezione a cura di Mario Volpi
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Met’r su cà (mettere su casa)

Una Volta Invece
Negli ultimi cento anni il mondo della costruzione dei mobili in Italia è radicalmente cambiato. Questo anche grazie a invenzioni e scoperte dovute all'italico ingegno.

La frase ricorrente che si sentiva pronunciare in dialetto dai genitori carraresi negli anni sessanta al figlio maschio che si voleva sposare era :”cocon mi che a i vo un sach d bagaron p’r met’r su cà!” (caro guarda che ci vogliono un sacco di soldi per mettere su casa.) In quegli anni infatti, anche per seguire le tradizioni, rigidamente codificate nei secoli, sposarsi non era per nulla economico, e ciò non solo a Carrara, ma in tutta l’Italia. Oltre alle spese per il corredo, gli abiti da cerimonia per i due sposi, l’anello di fidanzamento, le fedi, la dote, e il banchetto per gli invitati, la spesa sicuramente più rilevante era quella “p’r la mubilia.” (il mobilio.) La Società patriarcale contadina del tempo, prevedeva nella maggior parte dei casi che gli sposi si trasferissero in casa di uno dei due genitori, ma se era pacifico la condivisione della cucina, era assolutamente inderogabile l’acquisto “d’una stanzia” (camera da letto) per gli sposi. I negozi di mobili sul territorio carrarese e nell’intera Provincia, erano numerosissimi, e tutti accettavano il pagamento “a cambialine” che costringeva i poveri sposi a pagare una rata mensile per anni. Fin dal Medioevo i materiali a disposizione per costruire mobili, erano il legno massello, e il ferro battuto. I “pezzi” necessari per la camera da letto, erano sostanzialmente quattro, un “cantaran” (comò provvisto di specchio e cassetti) un “credenzion” (armadio) “ ’l let” (il letto) spesso con due comodini abbinati e “ ‘l lavaman” (lavamani.) Nelle famiglie più agiate era presente anche una pettiniera ossia un basso mobiletto provvisto di specchio e sedia, o sgabello imbottito. Il pezzo più importante era ovviamente il grande letto matrimoniale. Questo di solito era fatto in ferro battuto, con le due testiere decorate con ricci, o sbarre verticali. Anche qui esisteva il tipo più economico, composto da tubi al posto del ferro pieno, e con le testiere ricavate da un pezzo di lamiera verniciato e spesso decorato con scene bucoliche. I letti del tempo erano molto alti e questo per un motivo ben preciso. Le reti erano fissate allo scheletro del letto con ganci simili a cardini, quindi la struttura portante rettangolare della rete doveva permettere di “passare,” comodamente sotto il letto, anche con la coperta con le frange, ai due pitali in ceramica, o ferro smaltato indispensabili per i bisogni notturni. Anche il lavamani era fatto in ferro, di solito era un treppiedi con dei cerchi per posizionarvi nella parte superiore una catinella di ferro smaltato, e nella parte inferiore una brocca sempre dello stesso materiale. I modelli più costosi comprendevano anche un piccolo specchio, e un appendi asciugamani. A prima vista questo accessorio sembrerebbe frutto unicamente di civetteria, in realtà, in un mondo privo di acqua corrente, e servizi igienici, era preziosissimo per una parvenza di igiene intima. L’armadio era di solito a due ante, e spesso tra i due sportelli veniva ricavato uno spazio per fissarvi uno specchio, mentre il comò era composto da quattro cassetti sovrapposti. Per secoli, il solo modo conosciuto nella costruzione di mobili, era l’uso del legno massello, più o meno pregiato, quindi molto pesanti e costosi, ma che duravano per generazioni. Una lieve diminuzione di prezzo si ottenne quando attorno al 1920, fecero la loro timida comparsa dagli Stati Uniti i primi impiallacci di legno. Questi erano costituiti da sottilissimi fogli di legni pregiati come Rovere, Ciliegio, e perfino Palissandro. Questa nuova tecnica permetteva di usare legno più scadente e poi incollarvi sopra l’impiallaccio, che dopo essere stato lucidato a spirito rendeva il mobile splendido. Ma la vera rivoluzione la si ebbe solo negli anni trenta del novecento. Come spesso accade anche questa volta furono le dure sanzioni economiche imposte all’Italia fascista dal resto del mondo che stimolarono l’ingegno di un giovane laureato in scienze agrarie Osvaldo Protti, che aveva un’azienda agricola a Longarone. Usando legno di scarto, vapore e pressione scoprì il modo di fabbricare un “legno sintetico;” la Faesite. Questo sottile pannello in legno pressato, verrà usato come fondo e retro per mobili e cassetti, rendendoli più leggeri e meno costosi. Purtroppo questo geniale imprenditore perirà con l’intera famiglia, compreso la fabbrica, nella tragedia dello straripamento della diga del Vajont avvenuta nel 1963. Dopo il disastro della seconda guerra mondiale, da cui l’Italia uscì a pezzi, furono molte le persone che sfruttando la nostra innata arte di arrangiarci, fecero scoperte clamorose. Uno di questi fu Mauro Saviola. Apprendista falegname nella bottega del padre che costruiva manici di scopa, con l’avvento dei primi aspirapolveri dovette cercare altri sbocchi. Fu durante un viaggio in Germania che il giovane Saviola vide per la prima volta una macchina che macinava i rami degli alberi. Ne acquista subito una, e dopo poco riesce a realizzare un pannello di trucioli di legno pressati e incollati fra loro. Oggi il Gruppo Saviola è una multinazionale leader nella costruzioni di pannelli in legno ecologici. Negli stessi anni arriva sempre dagli Stati Uniti un pannello di materiale plastico, che prenderà il nome in Italia dalla fabbrica che lo produceva; Formica. Multicolore, resistente all’acqua, e agli urti, questo rivoluzionario materiale troverà subito nel rivestire il truciolato il suo uso più naturale, dando vita a componenti d’arredo innovativi, di grande effetto visivo e a prezzi contenuti. Da anni ormai i piccoli negozi di mobili di un tempo sono scomparsi, lasciando il posto a grandi Catene Multinazionali, che possono permettersi di allestire gigantesche esposizioni con centinaia di modelli, in grado di arredare ogni ambiente anche su misura Oggi laminati plastici ancora più versatili e sottili ricoprono mobili prodotti in serie a basso costo, che certamente non sfideranno i secoli, ma che hanno il merito di permettere ai novelli sposi “ d met’r su cà” a un prezzo accettabile.
Mario Volpi 18.12.22
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