Fulgenzio l’avaro - carraraonline.com

Sezione a cura di Mario Volpi
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Fulgenzio l’avaro

Medioevo carrarino

Spetta/le Redazione
Anche nel buio periodo medievale, erano purtroppo presenti situazioni che contribuivano a peggiorare ulteriormente la vita della povera gente. Una di questa era quella delle transumanze stagionali, fatte da arrotini, spazzacamini, carbonari, norcini ecc. che per sopravvivere si sottoponevano a qualunque prevaricazione dei loro datori di lavoro. Io ho riprodotto qui una storia  come al solito a metà strada tra realtà storica e fantasia, ma che ben evidenzia come alla fine dei giochi era sempre e soltanto il popolo a pagarne le conseguenze.
Giugno 2012

Una pioggerellina leggera e fastidiosa non dava tregua, e già dalle prime luci dell’alba aveva infracidito la terra, e gli alberi ormai semispogli. Era metà novembre, e quasi per farlo rammentare a tutti, una evanescente nebbiolina simile a un velo, offuscava le severe mura della vicina Moneta, mentre poco più in là, Fontia era invisibile. Una debole ma maligna brezza gelata penetrava nelle ossa della gente, gli alberi pareva volessero graffiare il cielo plumbeo con i loro rami spettrali, e neppure i caldi colori dei corbezzoli maturi riuscivano a rendere quella giornata meno lugubre. Il grosso bardotto fumava, mentre s’inerpicava per la mulattiera che lo avrebbe portato alla * piazza da carbone, a cavalcioni sopra di lui, Fulgenzio Tolomei si strinse meglio nel mantello di pelle di coniglio ormai fradicio, poi, dopo esserselo tolto e scrollato dalla pioggia, si ricalcò in testa il pesante petaso di feltro. Nonostante il tempo inclemente però, era di buonumore, gli affari, grazie alla sua sagacia, sarebbero da qui in avanti andati alla grande, avrebbe voluto che suo padre, morto da poco, fosse ancora vivo, per fargli vedere come lui avesse saputo gestire l’azienda di famiglia.
Erano tre generazioni che i Tolomei producevano e vendevano carbone di legna, erano perfino i fornitori ufficiali del Duca, che, forse per riconoscenza verso suo padre, aveva per molti anni tenuto il * Legnatico piuttosto basso. Quest’anno, per la prima volta, era lui l’unico titolare della ditta e avrebbe saputo ricavare il massimo del profitto senza guardare in faccia nessuno. Per prima cosa aveva chiamato dei * pistoiesi per fare le carbonaie, questo aveva irritato non poco i villani del posto che si videro estromessi da una fonte di guadagno, alcuni * Campieri, gli avevano riferito che avevano sentito voci minacciose, sussurrare che l’avrebbe pagata cara, ma lui era giovane, nel pieno delle forze, e da un pò di tempo uno * stocco cingeva il suo fianco, che venissero pure! I pistoiesi oltre ad accontentarsi di quattro staie di carbone a settimana, e tre libbre di castagne, gli avevano promesso che avrebbero portato con i loro muli, il carbone nei suoi depositi, e questo era già un bel risparmio.
Aveva pagato il Legnatico al Duca per sei * Forteti, quattro a Fontia e due a Casaponci, e contava di ricavarne per la fine di marzo, con solo quattro famiglie di pistoiesi, non meno di mille staie di carbone, cosa che suo padre non avrebbe neppure concepito. Era pur vero che il padre gli aveva insegnato il mestiere, ma secondo lui era più interessato a farsi benvolere dai villani, anziché pensare al guadagno. Da sempre possedevano quattro piazze da carbone, poste in posizione strategica vicino a corsi d’acqua, con la terra adatta a ricoprire le carbonaie, ebbene suo padre era arrivato a “prestarne” una a un concorrente perché la sua si era allagata, una vera follia. Immerso nei suoi pensieri, quasi non si accorse di essere arrivato a destinazione. La famiglia di pistoiesi lo stava aspettando; era composta di cinque persone compresa la madre, per ripararsi dalla pioggia indossavano dei ruvidi e logori mantelli di ginestra con cappuccio, da cui spuntavano i capelli zuppi e arruffati, il padre, si scopri frettolosamente il capo per salutarlo, e dopo averlo aiutato a smontare, urlo a uno dei figli di occuparsi del mulo. Per Fulgenzio la prima impressione non fu delle più favorevoli, i ragazzi tra cui uno piccolissimo, e il padre stesso, erano veramente male in arnese, ma questo suo sentimento non era certamente dettato dalla pietà, ma dalla paura che non riuscissero a portare a termine il lavoro promesso. Magri e macilenti, avevano costruito una rozza capanna di frasche che sarebbe stata la loro casa per i prossimi mesi. Quasi gli avesse letto nel pensiero, il capofamiglia, si sperticò nel lodare l’operosità e la forza della sua famiglia, dicendo che erano anni che da ottobre a marzo, compivano quella transumanza dalla montagna Pistoiese in cerca di lavoro, quindi lo portò a vedere quanto fosse robusto e possente il suo mulo legato poco distante. Le sue perplessità passarono definitivamente venti giorni dopo, quando dalle quattro carbonaie appena “svestite” le prime staie di carbone, affluirono nei suoi depositi. Prima che fosse confuso, esaminò con occhio critico il lavoro di ogni carbonaia, controllando scrupolosamente che il carbone fosse ben asciutto, e che il suo “suono” fosse cristallino, quindi pienamente soddisfatto, ordinò ai garzoni di passare allo stoccaggio.
La luna era alta nel cielo, e illuminava con la sua luce argentata il bosco, le stelle punteggiavano il cielo terso, nero come l’inchiostro, ma il loro splendore era offuscato, quasi annegato, in quel mare d’argento. All’interno del bosco invece, il buio era totale, la carbonaia fumava appena, a poca distanza il ragazzo di guardia era rannicchiato sotto una rozza copertura di frasche, e dormiva profondamente. Il silenzio fu rotto dal lugubre verso di una civetta, quasi annunciasse un presagio di sventura, mentre silenziosamente delle figure incappucciate, si avvicinavano carponi. Ad un tratto si udì un tonfo, seguito da un flebile gemito, poi più nulla. Qualcuno aprì totalmente le prese d’aria poste sui fianchi della carbonaia, poi sparì nella notte. In pochi minuti il fuoco si alzò violento, consumando la sua vendetta, facendo finalmente cenere  della preda che per molti giorni gli era stata negata.
Fulgenzio era furioso, quattro carbonaie era andate completamente distrutte, i pistoiesi terrorizzati erano fuggiti, e nessun villano voleva riprendere il lavoro, ora si che ci sarebbe voluto suo padre!

Volpi Mario

Piazza da carbone   Spianate dove per secoli si realizzavano le carbonaie, erano considerate proprietà privata, il cui furto poteva essere pagato con la pena di morte.
Pistoiesi   Nome con cui si chiamavano generalmente le compagnie transumanti di carbonai, di solito una famiglia.
Campieri  Le prime guardie forestali private
Stocco     Antica spada adatta a colpire di punta
Legnatico Antico balzello medievale che si pagava al Signore per fare legna o carbone nei boschi, anche di proprietà della Vicinia
Forteti     Nome per distinguere un bosco fatto di legno pregiato, leccio,quercia, cerro, ecc.

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