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Una festa commerciale

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Questo sarà certamente il mio ultimo articolo prima delle feste natalizie. Perciò volevo cogliere l'occasione di porgere a Voi, e a tutti i lettori, il mio più sincero Augurio di Buone Feste.
Una festa … commerciale
E’ indubbio che per i cristiani la festività maggiormente sentita sia il Natale. Questa festività, è così importante, che per la sua celebrazione ci si prepara con mesi di anticipo, e questo avviene in quasi tutte le città del mondo. Oggi però, questa ricorrenza non è solamente una delle più importanti per tutta la Cristianità, ma è diventata anche un potente motore economico che muove milioni di Euro, e che da lavoro a migliaia di persone. I simboli irrinunciabili di questa festa sono parecchi, ma il più importante, anche se in Italia è stato adottato da pochi decenni, è l’albero di Natale. Agli inizi degli anni sessanta questo era costituito solo da veri alberi di abete rosso, anche se purtroppo per scarsa cultura ambientale, ma soprattutto per ragioni economiche, molti erano prelevati illegalmente in natura, o peggio ancora, fatti con le cime tagliate ad alberi troppo grossi per essere sradicati, ma condannati così a una fine ingloriosa. Oggi per fortuna questo non accade più, la totalità degli abeti sono coltivati in vivai, solo a questo scopo. A differenza di quanto si potrebbe pensare è la Toscana, la regione Italiana con la maggior concentrazione di vivai, spesso posti in terreni marginali, non adatti ad altre coltivazioni. Così nelle Province di Arezzo e Pistoia, sono quasi ottocento gli ettari impegnati in queste coltivazioni, che in tutta Italia è stato calcolato muovano un giro d’affari di 140 milioni di Euro. Negli anni ottanta, fecero la loro comparsa gli alberi di Natale artificiali, dapprima delle imitazioni poco credibili, ma oggi del tutto simili ad alberi veri. Prodotti quasi esclusivamente in Cina, sono disponibili in tutte le misure, di tutti i colori, e in tutte le fogge, alcuni con le luci già inserite. Il loro costo non è proprio economico, e crea un giro di circa 680 milioni di Euro, anche se ogni anno gli ecologisti si scagliano contro la loro produzione, perché, a loro dire, poco rispettosa dell’ambiente, e per le difficoltà che comporta il loro smaltimento, una volta finito il ciclo di utilizzo. Un’altra tradizione che è diventata ormai consolidata sono le luminarie cittadine. Comuni grandi e piccoli, stanziano migliaia di Euro, per la loro istallazione, affidata a ditte specializzate, scelte spesso con vere e proprie gare d’appalto, come per qualsiasi altro lavoro di pubblica utilità. A tal proposito voglio ricordare un triste periodo della storia Italiana più recente, che molti delle nuove generazioni non conoscono. Nel 1973 a causa di una crisi politica mondiale, vi fu una forte diminuzione nell’estrazione e nella vendita del petrolio, così molti Governi tra cui quello Italiano, decisero di varare un periodo di austerity, ossia di risparmio energetico. Tra i molti provvedimenti adottati vi fu anche quello della proibizione delle luminarie natalizie. Oggi, con le nuove tecnologie, tra cui i nuovi LED, queste luci multicolori fatte installare dai Comuni, sono tutte a basso consumo, quindi più rispettose dell’ambiente, ma con un effetto visivo ancora più bello. Anche i privati non sono da meno, tutti i negozi sono decorati con luci multicolori, alcuni in modo quasi sfarzoso, ma è nei grossi Centri Commerciali che si raggiunge una vera e propria apoteosi di luci, e colori, con festoni dorati, e alberi di Natale riccamente addobbati, alcuni alti decine di metri. Purtroppo anche l’industria delle luminarie è saldamente in mano ai paesi emergenti come la Cina, che può permettersi di esportarne una grande quantità a basso costo, spesso, a discapito della qualità. Altro simbolo irrinunciabile e sicuramente il Panettone. Questa delizia tutta italiana è giudicato dai grandi pasticceri, come il dolce più difficile da preparare. Per fare fronte alla grande richiesta natalizia di questa leccornia, molte industrie assumono personale stagionale, dando così un’opportunità a molti giovani di sbarcare, almeno per un po’ il lunario. Come si vede dunque, questa festività si è trasformata da prettamente religiosa, a prettamente consumistica. Io non ho nulla contro il consumismo, perché come disse un grande economista, “ il consumismo è quella cattiva abitudine che ci permette di prosperare” ma una riflessione mi porta a farla. Quando io ero bambino, il Natale era atteso con ansia da noi “piccoli” perché era il giorno che si poteva mangiare qualcosa che non c’era tutti i giorni, si andava per “burazina” (licheni) per fare il Presepe, composto di casette fatte con le scatole di fiammiferi vuote, di branchi di pecorelle costruite con un turacciolo e un poco di ovatta, tutte in fila su strade di farina, vicino a laghetti di carta stagnola.  Alla vigilia i “grandi” bevevano il tradizionale ponce al mandarino, scaldato a bagnomaria sul fuoco del camino. Spesso il nostro “albero” era un ramo di ginepro, con due candele sui rami, che si accendevano nella notte Santa. I pochi regali, li portava la Befana, e non un pancione obeso vestito dalla Coca-Cola. Non avevamo quasi nulla, ma quel nulla aveva un altro sapore, che “questo” Natale non potrà mai avere.

Mario Volpi
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