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Sezione a cura di Mario Volpi
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Gente di mare

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione

Circa diciotto anni fa cessava la sua attività la ITALIA NAVIGAZIONI, la Società di bandiera del comparto marittimo. Una politica cieca e scellerata, e la concorrenza del trasporto aereo, decretarono la fine di un'istituzione che per innovazione tecnologiche, eleganza, e professionalità degli equipaggi, tutto il mondo ci invidiava. Translatlantici come la "Michelangelo" e la "Raffaello," dopo pochissimi anni di servizio finirono demoliti. Anche la marineria apuana fornì uomini a questa attività, con risultati più che lusinghieri.

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Molti pensano che il territorio Apuano, sia evocato solo per la lavorazione ed estrazione del marmo, ma in realtà non è così. Oggi i pochi chilometri che separano la città di Carrara dalla sua marina sembrano un distanza insignificante, ma nei secoli scorsi, questi segnavano il confine tra due realtà ben distinte, in pratica due modi di vivere totalmente diversi. Mentre le popolazioni montane ricavavano il loro sostentamento  dall'estrazione del marmo, dalla pastorizia, o dalla coltivazione del castagno, nelle zone rivierasche, il fabbisogno quotidiano era ricavato dal mare o dalle attività  ad esso legate. Anche se il rischio delle incursioni piratesche era costante, molte famiglie erano dedite alla pesca, o alla raccolta del sale, attività vietata, che poteva costare la galera, ma molto redditizia. Era anche attivissimo, come si legge in documenti dell'epoca, un fiorente commercio di prodotti ortofrutticoli trasportati via mare verso Genova, zona cronicamente carente di terra coltivabile. Vi fu un periodo che l'attività estrattiva al monte, dipendeva completamente dalla capacità della marina di spedire i marmi in tutto il mondo. A metà del 1700, la linea di costa era molto più alta di adesso, e arrivava quasi dove ora inizia Avenza. I marmi venivano caricati sui "navizedi" (navicelli) come si diceva in dialetto, tirati in secco sulla "spiaggia di Aventia," quindi "rivarati" in acqua. E' chiaro che tale operazione, oltre ad essere estremamente faticosa, implicava anche il caricare un basso tonnellaggio di marmi, perchè altrimenti il peso eccessivo avrebbe reso impossibile ricollocare in acqua l'imbarcazione. Così  Francesco III, d'Este nel 1751, pensò di far costruire un porto, che oltre al commercio potesse essere usato anche a fini militari. Affidò il progetto a un architetto, francese, (vedi sul Sito "Il nostro Medioevo," Nouvelle ville de Carrara) ma fu un disastro. Al tempo i marinai marinelli operavano solo sotto costa, per diversi motivi. Il primo che non essendoci un porto per ripararsi in caso di tempesta, dovevano, al tramonto riguadagnare la riva, ma sopratutto quello più importante era che il marmo doveva essere portato a Genova o a Livorno per essere imbarcato su navi più grandi in grado di affrontare l'oceano. Alcuni di loro divennero dei maestri, nei vari mestieri marinareschi, come il pilota (un tempo quello che tracciava la rotta) o il mastro d'ascia, colui che costruiva le imbarcazioni in legno. Dopo quasi un secolo, esattamente nel 1845, si riprovò a costruire un porto, affidando il lavoro a un ingegnere, tale Sigismondo Ferrari, ma con risultati identici al primo tentativo. In quegli stessi anni però venne progettato, e realizzato pochi anni dopo, un "centro abitativo con sbocco al mare" quello che sarebbe diventato Marina di Carrara. Intanto la marineria marinella, continuava ad affermarsi sempre più, per la professionalità dei suoi marinai, e dei suoi carpentieri, tanto da essere richiestissimi nelle prime Compagnie di Navigazione. Specialmente i "padroni" (come un tempo si chiamavano i capitani delle piccole imbarcazioni a vela) per la loro abilità a "risalire il vento" come si diceva un tempo, quando con i navicelli riuscivano in condizioni di vento avverse, grazie al sapiente uso della vela triangolare, a bordeggiare controvento, anche sotto costa, o con le tartane da pesca, che con grande perizia, e solo con l'ausilio del vento, riuscivano a operare anche "in paranza." Con  la costruzione del primo borgo abitato a Marina, un imprenditore lungimirante William Walton, un inglese trapiantato a Carrara, fa costruire il primo molo di caricamento, dove i navicelli, e le tartane, potevano accostare per essere caricati. Sul finire del secolo però, una straordinaria invenzione aveva surclassato la vela; il vapore. Ma anche questa novità tecnologica non trovò impreparati i marinelli, che in pochissimo tempo riuscirono ad emergere anche nelle nuove professione marinaresche, così gli esperti gabbieri di un tempo, si trasformarono in ottonai, e motoristi, mentre i mastri d'ascia divennero stippettai, o carpentieri in ferro, ma anche nostromi, ufficiali, e capitani. L'attività secolare della nostra marineria, darà origine in tempi più recenti a delle vere e proprie dinastie, dove, cognomi come Aliboni, Ambrogi, Bogazzi, Maggiani, Bernabè, Paladini, e Vatteroni, solo per citarne alcuni, sono, a Marina di Carrara, sinonimo di  Gente di Mare, persone che con la loro professionalità e passione, hanno portato la marineria apuana, e le attività ad essa legate, a livelli eccelsi.

Mario Volpi
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