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Sezione a cura di Mario Volpi
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Privacy


Cara Redazione

Oggi si sente continuamente pronunciare questa parola, e spesso in suo nome vengono commessi
da parte dell'Amministrazioni Pubbliche, o da Privati, dei veri e propri soprusi a carico di cittadini. Nata per proteggere la riservatezza della gente, è spesso usata solo per complicare loro la vita. Nell'Era dell'informatica la riservatezza è ormai impossibile da ottenere, almeno che non vi si rinunci volontariamente, e si ritorni ai mitici anni cinquanta, cosa, pressoché impossibile.  

Privacy
C’è la privacy!

Alla fine della seconda guerra mondiale, la maggior parte della popolazione italiana, viveva ancora nelle campagne, raccolta in piccoli borghi, dove l’aia era il centro della vita sociale. Le case avevano le porte sempre aperte, solo d’estate, erano protette da una tenda, per cercare di impedire l’ingresso a nugoli di mosche e zanzare, con risultati però, sempre deludenti. Tutti conoscevano tutto di tutti, e la parola “privacy” era aldilà da venire. Noi bambini entravamo liberamente all’interno delle case dei vicini, così come lo facevano le donne del vicinato. Anche allora però vi erano due regole ferree che tutti indistintamente rispettavano, e che erano dettate, ma questo lo capirò solo da adulto, più da una sorta di codice di sopravvivenza che dalla voglia di riservatezza. La prima consisteva nell’uscire, o nel non entrare nella casa quando gli occupanti erano a pranzo o a cena. La seconda proibiva l’ingresso nella camera da letto, almeno che non si fosse espressamente invitati a farlo, e sempre in compagnia di un membro della casa. Queste regole, sono facilmente spiegabili, la prima impediva di mettere in imbarazzo le persone, vedendo la povertà e la quantità del cibo che consumavano, ma soprattutto evitava loro di doverlo dividere con gli ospiti. Mentre la seconda impediva l’ingresso indiscriminato nell’unica stanza della casa dove si custodivano i pochi oggetti preziosi, o i denari, di solito nel cassetto del comò.
Lo spopolamento delle campagne, avvenuto all’inizio degli anni sessanta, cambiò radicalmente la Società italiana. Le famiglie ora vivevano in conigliere di cemento, tutte uguali, i nuovi palazzi sorgevano come funghi, e a causa del nuovo stile di vita, poteva succedere che due abitanti dello stesso palazzo, sullo stesso pianerottolo, non si conoscessero. Questo era possibile non solo per gli orari, e le metodologie di lavoro diverse, ma soprattutto per una sorta di diffidenza verso il prossimo sconosciuto, visto come qualcosa di ostile, e quindi da evitare. Mettersi in mostra o cercare di fare amicizia, era disdicevole, soprattutto per le ragazze, che erano subito bollate come “leggere.” Le famiglie che cercavano di socializzare, erano considerate “gentetta”, o peggio, stavano cercavano un mezzo per raggirarvi, quindi, meglio tenerle alla larga. Il vicinato non esisteva più, il suo posto fu preso gradatamente dalla televisione, che era l’unica autorizzata a entrare nelle case degli italiani. Gli anni settanta con i loro terribili fatti di cronaca nera, divennero tristemente noti come “gli anni di piombo,” e fecero sì che la gente si richiudesse ancora di più in una sorta di spaventata riservatezza, quasi che fosse questo il solo mezzo per difendersi da quelle inaudite violenze. Fu verso la metà degli anni ottanta, che, complice il timido apparire di nuovi Media, la gente cominciò ad aprirsi di più verso il prossimo. Questo avvenne a una tale velocità, che si cominciò inconsapevolmente a divulgare dati sensibili dei cittadini, senza nessun controllo, spesso, per motivi più che futili. Questo fenomeno prese così vigore, che il Governo si vide costretto a istituire un nuovo organismo istituzionale: il Garante per la protezione dei dati personali, subito ribattezzato “Garante della Privacy.” Quest’organismo, è completamente indipendente, è ha il compito di vigilare sul rispetto della privacy dei cittadini, nei confronti di qualunque soggetto, sia privato, o Istituzionale, e di accogliere ed esaminare qualunque denuncia di violazione delle regole. Intanto però, si era arrivati agli anni novanta, con i nuovi mezzi di comunicazione che avevano subito un salto tecnologico gigantesco, così le persone, quasi volessero esorcizzare gli anni passati in una sorta di clausura volontaria, cominciarono a usare i media per socializzare tra di loro. La voglia di “sbirciare” nella vita privata altrui, diviene così forte che la TV non la può ignorare, e ne fa un suo cavallo di battaglia. Negli anni duemila, Canale Cinque mette in onda un format canadese denominato “grande fratello” che consiste di rinchiudere un certo numero di ragazzi e ragazze, di varia estrazione sociale, in una casa per diversi mesi, e di spiarli ventiquattro ore su ventiquattro, con diverse telecamere. Il successo è travolgente. La gente si appassiona alle trame amorose dei ragazzi, ride dei loro strafalcioni linguistici, ma soprattutto soddisfa la propria voglia di spiare nella vita privata delle persone, e poco importa se è tutto finto. Per sfruttare questa nuova mania, è lanciato un altro programma televisivo, “l’isola dei famosi” dove dei “Vip” in disarmo, o alle prime armi, fanno finta di essere naufraghi su un’isola deserta. Dopo i primi successi, complice anche il ripetersi delle situazioni, ma soprattutto la consapevolezza di un pubblico divenuto più smaliziato, questi programmi, vera e propria spazzatura televisiva, hanno subito un forte calo di ascolti, ed io spero vivamente, che spariscano dai palinsesti televisivi. Nel duemilaquattro poi, si vide la fondazione di un vero e proprio fenomeno mondiale: Facebook, seguito dopo poco da Twitter. Questi servizi sociali gratuiti in rete, erano nati per mettere in contatto gli studenti di Università americane, ma poi ben presto dilagarono in tutto il mondo con miliardi di utenti.
Così da una riservatezza quasi talebana, come spesso accade, si cominciò a esagerare. Per sfuggire a una vera e propria solitudine sociale, moltissime persone cominciarono a frequentarsi virtualmente sui nuovi Social. Pochi sanno però che questi immagazzinano e conservano, nei loro archivi, miliardi d’immagini e dati di persone, caricati da essi stessi, magari in buona fede, non immaginando che ogni dato messo in rete, non è più di tua proprietà, non può più essere cancellato e che può essere usato da chiunque anche a tuo danno. Ormai purtroppo la privacy in Italia, è una vera e propria barzelletta: Gestori telefonici, Social e Server, vendono numeri, e indirizzi e-mail, a gruppi privati, che li usano a scopo pubblicitario. Navigando in Internet si fa inconsapevolmente incetta dei famosi “cookie,” mini programmi nascosti, che sono in grado di stabilire dai tasti digitati sul computer, i gusti, le preferenze, e perfino le idee politiche di un utente, e di inviarli a persone che possono trarne vantaggio. Basta possedere un telefonino, perché il Gestore telefonico sia in grado di sapere esattamente i nostri spostamenti, le Banche tramite carte di credito, conti correnti o bancomat, sono in grado di stabilire con precisione la nostra situazione finanziaria, nelle città, migliaia di telecamere filmano e registrano ogni nostro spostamento, mentre addirittura delle potenze straniere sono in grado di intercettare le nostre telefonate. Ieri però, all’A.S.L non mi hanno dato le risposte degli esami del sangue di mia moglie, perché mi hanno detto “c’è la privacy!”

Enzo De Fazio
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