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Sezione a cura di Mario Volpi
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Cupido … agreste

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Oggi, escluso rare eccezioni, la parità tra i sessi è cosa conclamata. Quello che oggi è normalità, appena settanta anni fa, era inconcepibile, ma l'amore con la "A" maiuscola, in molti casi ha saputo vincere "con il fatto compiuto" una mentalità bigotta, e oscurantista.

L’uomo, per sua natura, è un “animale sociale,” questo significa che deve vivere in “branco” o almeno in coppia, meglio se questa è composta di individui di sesso opposto. Già in Era preistorica, la formazione della coppia, essenziale per la continuazione della specie, era regolata da un rigido rituale, che teneva conto della tribù di appartenenza, della religione, e della posizione sociale dell’individuo, sia maschio che femmina, all’interno del branco. Con il progredire della specie umana, questo comportamento è cambiato, relegando la femmina a diventare succube del maschio. Escluso rarissime eccezioni, il sesso femminile, è da sempre stato penalizzato nella pur naturale ricerca di un compagno. Per millenni, la donna, è stata considerata essere inferiore, addirittura priva di una sua volontà, quindi, solo una specie di oggetto animato, a totale disposizione dei capricci dell’uomo. Questa vera e propria aberrazione comportamentale, con qualche lieve cambiamento, è arrivata nel mondo Occidentale, fin quasi a ridosso dei nostri giorni, mentre in molte parti del mondo è ancora ampiamente praticata. Come spesso accade, anche se è terribile affermarlo, fu la seconda Guerra Mondiale che portò una ventata si aria fresca nel mondo femminile, soffocato da una secolare segregazione sociale. La mancanza di manodopera maschile, impegnata al fronte, portò nelle fabbriche migliaia di donne, che non solo si scoprirono in grado di svolgere ogni tipo di lavoro, spesso, meglio degli uomini, ma risvegliò in loro, una voglia d’autonomia, e di riscatto sociale che anelavano da secoli. Anche se questa vera e propria rivoluzione sociale ebbe inizio, lo fece con una lentezza esasperante, perché secoli di oscurantismo, avevano influenzato pesantemente il modo di pensare della Società, che credeva che quel comportamento fosse normale. Così nei primi anni cinquanta, si cominciarono a vedere le prime bambine frequentare regolarmente le scuole superiori, e non solo le elementari “perché alla donna un’istruzione non serve,” come si pensava un tempo. Molte ragazze cominciarono a lavorare fuori di casa, contribuendo a far sì che la bigotta Società con la mentalità ancora ottocentesca, si aprisse più velocemente al progresso. L’uscita dei primi fotoromanzi come il mitico Grand Hotel, fece conoscere all’universo femminile, anche a quello ancora analfabeta, che al di fuori delle mura domestiche esisteva un altro mondo. Questo però succedeva solo nelle grandi città, mentre nelle zone rurali, il “progresso,” procedeva ancor più lentamente, frenato da mille pregiudizi. L’occasione d’incontro tra i due sessi, era occasionale, legata ai lavori nei campi, come la vendemmia, la mietitura, o la raccolta delle olive, e si approfondiva durante le “veglie” serali nelle stalle, quando la penombra, il chiacchierio dei partecipanti, e il placido ruminare delle mucche, poteva nascondere il fugace “toccamento,” magari, solo di una mano. Anche nella zona Apuana, dove la “chiusura” al forestiero, dei Paesi a Monte era ancora una realtà, per tutti gli anni cinquanta fin quasi agli inizi dei settanta, era ancora florido, e ampiamente richiesto il lavoro dei sensali. Questa figura, di solito una donna, su incarico dei genitori pianificava il “matrimonio” fra due giovani, magari di paesi diversi, senza che questi si fossero mai visti, e soprattutto senza tenere conto della volontà degli stessi. La parte del leone nella conoscenza più “fisica” era affidata alla Balera del paese. Queste antenate delle moderne discoteche, in quei tempi nascevano come funghi, magari per un’estate, e con la stessa rapidità sparivano. Erano poste in locali spesso danneggiati dai bombardamenti, e rabberciati alla meno peggio, quel tanto che bastava per essere usati solo il pomeriggio del sabato, e della domenica. La musica era prodotta spesso da una sola fisarmonica, o da un vecchio grammofono. La più famosa di Carrara, era allo Stadio, all’interno di un grosso capannone di legno, che noi chiamavamo “ da Gelsè.” Circondata da una specie di veranda, ingentilita da una merlatura che riproduceva una trina, sorgeva in fondo a Melara, di fianco all’attuale via Piave. Verniciata a vividi colori, questa struttura di legno, che oggi farebbe inorridire un moderno addetto alla sicurezza, ospitava nei pomeriggi di sabato domenica, e feste comandate, ragazze sorvegliate a vista da mamme, zie, o sorelle maggiori, e torme di ragazzi, impacciati nel vestito dalla festa, con i capelli impomatati e luccicanti per i chili di brillantina Linetti, impegnati a chiedere il ballo alla-quasi-futura-fidanzata, da eseguirsi, “senza stringere e a distanza di sicurezza,” pena l’immediata entrata in pista della” guardiana” infuriata.
Anche il “fidanzamento ufficiale” era sottoposto a un rigido rituale, in cui la ragazza era quella più penalizzata. Se per incompatibilità caratteriale lo rompeva, era additata come ragazza “leggera” e quindi quasi certamente condannata a restare zitella, o corteggiata solo come “passatempo” sessuale, mentre per il maschio, più fidanzamenti aveva alle spalle, e più era considerato maschio. Il primo atto della formazione di una coppia era il fidanzamento ufficiale, ma “fuori.” Ossia le rispettive famiglie sapevano che la figlia, o il figlio, frequentava qualcuno, ma si faceva finta di non saperlo. Seguiva quello “in casa,” ossia il ragazzo si presentava accompagnato dai  genitori in casa della ragazza, e ne chiedeva ufficialmente la mano. Se questo permesso era accordato, al ragazzo era concesso di venire, una o due volte la settimana, a casa della ragazza “a fare l’amore” come si diceva al tempo. Ma al contrario di quello che la parola può far pensare, questo far l’amore consisteva nello stare seduti vicini, magari accanto al camino, sorvegliati a vista dalla mamma, dal babbo, o dalla nonna di lei. Un vecchio adagio recita che l’amore, e l’acqua, nessuno li può fermare, e in quegli anni nulla era più corretto. Al tempo l’Italia era un paese soprattutto rurale, e le costruzioni più abbondanti nei campi erano i pagliai. Questi erano di due tipi; uno, era composto di un semplice palo piantato al suolo, attorno a cui, si ammucchiava il fieno, mentre l’altro, era costituito da una tettoia, spesso mobile, poggiata su quattro pali che proteggeva enormi mucchi di fieno per l’alimentazione del bestiame. Ebbene, io penso che oltre la metà degli italiani nati tra gli anni 50, e sessanta, siano stati concepiti in questo tipo di pagliaio. Oggi tutto questo sembra la trama di un’operetta di quart’ordine, invece era l’unico modo in cui i due sessi si potevano rapportare meno di sessanta anni fa. Alle giovani donne di oggi, che pensano che la loro libertà sessuale sia sempre esistita, bisognerebbe ricordare che il delitto d’onore, ossia l’impunità che si dava, SOLO AL COGNUGE MASCHIO, di uccidere moglie e amante, colti in flagrante, è stato abrogato appena nel 1981. Quindi molti nati in quegli anni, possono ringraziare della loro esistenza, il dio Cupido, ma quello “agreste,” perché spesso la sua freccia era scoccata dentro un soffice e accogliente … pagliaio.
Mario Volpi
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