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Sezione a cura di Mario Volpi
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Dal balocco al giocattolo

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione

Alcuni giorni fa, mentre visitavo un mercatino, ho visto esposta una macchinina di metallo con la carica a molla. Vi confesso che mi è preso un nodo alla gola, perché era identica a quella che mi era stata regalata più di sessanta anni fa per la mia prima Comunione. Oggi tutto è cambiato, anche il nome, nessuno chiama più i giocattoli "balocchi", ma un dubbio mi assale, questi nuovi  giocattoli, faranno divertire i bambini come faceva con noi una semplice fionda?
Dal balocco...al giocattolo
La storia dei giocattoli dei “cuccioli d'uomo” si perde nella notte dei tempi. Sono stati trovati giocattoli nelle sepolture di bambini morti nella Preistoria, quindi esistono da quando l'uomo ha fatto la sua comparsa sulla terra. Si trattava invariabilmente di giocattoli che riproducevano oggetti,  con cui i futuri uomini e donne, dovevano confrontarsi, così ai bambini armi, per la caccia e la guerra, e alle femminucce bambole, per prepararle alla maternità. Con l'evolvere della razza umana, anche i giocattoli subirono un cambiamento sostanziale, sia nei materiali, ma sopratutto nella loro forma. Mentre in antico erano rozzamente stilizzati, con il passare dei secoli diventarono sempre più definiti, passando dalla semplice creta seccata al sole, al legno intagliato, per arrivare, per i figli di capi tribù o regnanti, all'avorio, e perfino a l'oro. Per millenni, il modo di fare i giocattoli restò pressochè invariato, ma con l'arrivo della crisi sociale del Medioevo, tutto cambiò. Un'estrema povertà culturale, ma sopratutto quella economica, con conseguenti pestilenze e carestie, colpì pesantemente la popolazione Europea, portandola culturalmente indietro di secoli, e demograficamente al limite dell'estinzione, e pacifico che in queste condizioni il giocattolo non fosse considerato importante. A conferma di ciò, nonostante i numerosi scavi archeologici, e l'apertura di diverse sepolture anche di persone di alto rango, sono pochissimi i reperti rinvenuti risalenti a quel periodo. Gli studiosi presumono che, i pochi giocattoli costruiti, fossero fatti  con materiali poverissimi come la stoppa, canapa o paglia, quindi facilmente deperibili. Bisognerà attendere parecchi secoli fino al radioso Rinascimento, perché il giocattolo assuma di nuovo, oltre a un profondo cambiamento qualitativo, anche un significato culturale. Si capirà che “il lavoro del  bambino, è il gioco” quindi il giocattolo è molto importante per il suo sviluppo psicofisico, e così nel Nord Europa, nasce, per merito di qualche Corporazione di artigiani, un embrione di” fabbrica dei balocchi.” Così erano chiamati a quei tempi i giocattoli. Sono prevalentemente bambole, e il materiale è il legno, una risorsa a buon mercato per quei Paesi. Questa timida apertura al mondo dell'infanzia, fu solo per le classi agiate, perché purtroppo, la Società del Seicento, giudicava ancora i bambini come una forza lavoro a costo zero. Inoltre, sopratutto nella conservatrice Inghilterra, imperava ancora la convinzione a seguire il Metodismo e l' Anglicanesimo Evangelico, nell'educazione dei fanciulli, che imponeva di “fermare la volontà dei bambini, scoraggiare il gioco, e proibire i balocchi”. Le fabbriche di bambole, che intanto, avevano acquisito una elevata qualità dei loro prodotti,li migliorano ancora, arrivando a costruire le teste in ceramica colorata, ma da fabbica di balocchi, vengono “convertite” in ambasciatrici di moda. Nelle Corti di mezza Europa, infatti, le bambole, riccamente vestite dalle prime Case di Moda, vengono mostrate in “ambienti” in miniatura dove ogni oggetto di uso quotidiano, è riprodotto fedelmente, così che le dame di corte possano vedere come starebbero con quel determinato vestito in quell'ambiente. Si arriva intanto ai primi anni dell'Ottocento, dove oltre alla mentalità, nei confronti dei bambini, cambia anche il mondo dei giocattoli. Gli adulti cominciano a prestare molta più attenzione al mondo infantile, spinti anche da una nuova scienza; la Pedagogia. Ma la vera svolta sia culturale, sia industriale del giocattolo si avrà nei primi anni del dopoguerra. L'Italia ne esce semidistrutta, con una popolazione stremata dagli stenti e dai lutti, ma l'italico ingegno, non si perde d'animo, e molte piccole fabbriche che producevano materiale bellico si riconvertono nella produzione di giocattoli.  Anche i nuovi materiali, inventati o usati durante la guerra, vengono utilizzati a tale scopo, come la nuovissima celluluoide. Sopratutto in Lombardia e Piemonte, alcune Ditte si lanciano nella costruzione di bambole in celluloide, il successo è immediato, anche perchè il nuovo materiale, permette di costruire le bambole con braccia e gambe mobili. Prende così piede nelle case appena restaurate degli italiani, la moda di posizionare, seduta sul letto matrimoniale, una bambola di celluloide riccamente vestita. Anche le Aziende metalmeccaniche, cambiano produzione, o come la Nuova Faro, nascono come fabbrica di articoli casalinghi, per specializzarsi poi nella produzione di mini stoviglie, per bambini, i “coccioletti,” come saranno chiamati in dialetto carrarino. Alcune invece si specializzeranno nella costruzione delle prime auto a pedali, seguite dai  tricicli, finalmente sicuri e dotati di ruote gommate. Il metallo entra prepotentemente nella costruzione dei “balocchi” da ora in poi chiamati correttamente “giocattoli”, corredati ora da una carica a molla, che li fa muovere in modo autonomo. Ma gli anni di svolta sia tecnologica, che economica saranno i primi anni sessanta. In pieno boom economico, l'industria dei giocattoli italiana diventa leader nel mondo. L'elettromeccanica fa passi da gigante, creando i primi micromotori elettrici, e in commercio si trovano le prime batterie alcaline, usa e getta.  Aziende come la Rivarossi, che produce modellismo ferroviario elettrico, e la Lima con la stessa produzione, conquistano il mondo, per la perfezione delle riproduzioni, e la perfetta scala dei loro modelli, eseguiti in metallo e con un nuovo materiale;  la plastica. Grazie a una nuova tecnica industriale, la pressofusione, la precisione dei dettagli è assoluta, i motori elettrici poi li fanno muovere come veri treni. Intanto nascono nuovi tipi di plastica, così la Sabino Bambole, lancia sul mercato un bambolotto con un nome accattivante “Cicciobello.” Morbidissimo al tatto, riproduce in tutto per tutto le sembianze di un neonato. Il successo sarà travolgente e ne saranno venduti milioni di pezzi. Anche la musica entra nell'arena, e la Bontempi immette sul mercato il primo organo elettronico per bambini, seguito poi da tantissimi altri strumenti, tutti elettronici. Anche la Adica Pongo, propone un nuovo gioco. Una plastilina in stick di diversi colori, con la consistenza di uno stucco, con cui il bambino può dare libero sfogo alla sua vena di scultore. Dagli anni novanta però, mentre l'industria del giocattolo compie tecnologicamente passi da gigante, diventando di fatto solo elettronica, queste Aziende spariranno quasi tutte, fallite, o comperate da multinazionali asiatiche. Così sulla quasi totalità dei giocattoli regalati oggi ai nostri bambini il glorioso marchio “Made in Italy” non è più presente, con tutte le problematiche che questo comporta. Solo quelli della mia generazione che hanno avuto l'opportunità di avere “Balocchi” d'altri tempi, potranno capire quello che io dirò adesso. Questi giocattoli moderni, ultra tecnologici, in grado perfino di volare, negano però al bambino una cosa essenziale in un giocattolo; la fantasia.

Mario Volpi
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