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Sezione a cura di Mario Volpi
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La poesia

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Ai nostri giorni, dove il linguaggio imperante è quello degli Sms, parlare di poesia potrebbe sembrare quasi una bestemmia, scordandoci che la lingua italiana, pur essendo considerata la più difficile da imparare, è allo stesso tempo la più musicale, e completa a livello espressivo. A farla conoscere come tale, hanno contribuito non solo gli scrittori, ma sopratutto i  poeti, che, con lo studio nelle scuole delle loro opere, hanno fatto conoscere, a generazioni di giovani italiani, le ferree leggi della grammatica, in modo più piacevole e leggero. Oggi tutto questo sembra dimenticato, e la poesia in rima è classificata come "preistorica" e quindi cestinabile.
Ma sarà davvero così?
POESIA: Verso libero, o rima?
Il mio ricordo più vivo, delle elementari, oltre al grembiulino nero, con colletto inamidato e fiocco azzurro, (rosa per le femminucce) restano le poesie imparate a memoria.
A quel tempo tutte erano in rima, alternata, a sonetto, a quartine, incrociata, replicata, invertita, piana, sdrucciola, o tronca, le versioni sono tantissime, alcune ormai desuete, ma tutte rigorosamente in rima.
Oggi siamo all’esatto contrario. In un sol colpo sono stati cancellati secoli d’insegnamento di dittonghi, metrica, sillabe, accenti, e così via, si è stabilito, e non si capisce da chi, e perché, che la vera poesia, quella con la “P” maiuscola, debba essere a verso libero. Ogni anno sono invitato a partecipare a numerosi concorsi di poesia, così ho potuto toccare con mano questa nuova “moda, ” dove gli autori, se vogliono avere qualche probabilità di successo, sono obbligati a inviare i loro versi a testo libero.
Un pò di tempo fa, mi trovavo a parlare con un professore di Lettere, che fra le altre cose, fa spesso parte di giurie chiamate a esaminare concorsi letterari; ebbene, mi ha confidato che considerava la poesia in rima, di serie B, in quanto, sono le sue testuali parole “ difficilmente una bella poesia è in rima”.
Alla mia richiesta del perché, di questa sua convinzione, non mi ha saputo fornire una risposta chiara, dicendo che oramai la prassi consolidata era quella.
Chissà, se al mio posto, ci fosse stato un certo Dante Alighieri, cosa gli avrebbe risposto! Io non sto affermando che non vi possano essere poesie meravigliose in prosa, un autore per tutti, Salvatore Quasimodo, con l’ermetismo vinse anche il Nobel, ma non si può altresì negare che la vera essenza della poesia sia la rima. Già nel medioevo, i menestrelli, e i cantastorie, raccontavano, e cantavano le loro storie in rima, perché più gradevoli e facili da ricordare. Questa consuetudine è durata per secoli, fino ad arrivare a pochi decenni fa, dove, anche nel mondo della musica leggera ci si accorse che le canzoni che avevano il testo in rima, quindi più orecchiabili, duravano più a lungo nelle classifiche, alcune sono arrivate fino ai nostri giorni, conservando intatto il loro fascino sia musicale sia letterario. Stessa cosa non si può dire di quelle di oggi, soprattutto quelle cosiddette “rapper” alcune con i testi decisamente demenziali. Qualche “malalingua,” afferma però, che, nel mondo musicale, questo sia dovuto più alla mancanza di parolieri competenti, che a una vera e propria volontà di cambiamento.
Esprimere un concetto di senso compiuto in rima, ad esempio un sonetto, in cui la prima strofa fa rima con la terza, e la seconda con la quarta, comporta una difficoltà, che io paragono a correre i centro metri con addosso un’armatura medioevale.
Anche la satira si è occupata di questo problema, è rimasta famosa la scenetta di Corrado Guzzanti, dove per sbarcare il lunario, s’improvvisa poeta, e crea le sue opere in diretta dicendo” ora io dice poèsia…Cane fa bau…Gatto fa miao!” Questo per dimostrare quanto sia labile il confine tra una vera poesia e …la farsa.
Una volta sentii un dibattito in televisione, dove uno famoso scrittore di cui non ricordo il nome, che aveva pubblicato moltissimi libri sulla metrica, rispondeva così al moderatore, che gli chiedeva quale fosse la differenza, tra un poeta in rima, e uno a verso libero.” Fate conto di avere da costruire una porta” rispose lo scrittore” chiamate un buon falegname, e un’ebanista, il primo vi costruirà una porta solida, con del buon legno, ben verniciata ma liscia, quasi asettica, il secondo invece la impreziosirà di bassorilievi, di sculture, cornici, e ghirlande scolpite, svolgeranno tutte e due il compito per cui sono state create, ma secondo lei, quale delle due sarà la più gradevole?”
E’ molto facile scrivere un testo in prosa, magari con parole slegate tra loro e dire “ questa è una poesia.” Più difficile invece e scrivere un concetto, in rima, con le ferree leggi della metrica, e delle sillabe, che purtroppo oggi pochissimi conoscono.
Qualcuno chiese a un grande critico di spiegargli la definizione di arte, lui rispose che la vera arte è quella capita da tutti, senza bisogno di spiegazioni, e a prescindere dal livello culturale del fruitore della stessa. Così deve essere la poesia, quando si sente declamare, deve dare un’emozione, suscitare un sentimento, non vi deve essere la necessità di spiegare quello che l’autore voleva dire.
Ma per tornare al dilemma che proponevo nel titolo, penso che, anche versando un mare d’inchiostro, non si arriverà mai a una risposta univoca, vi saranno sempre due pareri diversi, allora mi rifarei a una frase che un tal, Alessandro Manzoni, mise in una sua famosa poesia, “ Ai posteri, l’ardua sentenza…”
Mario Volpi
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