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Sezione a cura di Mario Volpi
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Una costosa malattia

Una Volta Invece

Spetta/le Redazione

Secondo il Vangelo, sotto la croce di Gesù, alcuni soldati romani si giocavano a dadi le sue vesti. Questo dimostra come il gioco d'azzardo sia impresso in modo indelebile nella natura umana, che lo pratica per avere quel brivido che solo un rischio può provocare.

Una costosa malattia
Il gioco d’azzardo è antico quanto l’uomo, addirittura il nome “azzardo” deriva da un vocabolo arabo, che significa dado. Sapendo che sono statati ritrovati dadi d’osso risalenti a seimila anni fa, questo la dice lunga sulla sua longevità. Si è scoperto che più la Società umana evolveva, e più la voglia di gioco aumentava, tanto da spingere gli Imperatori romani a vietarne alcune forme, giudicate troppo pericolose per l’economia e la salute mentale dei giocatori. Nonostante le leggi, i romani continuarono per secoli a venerare con il gioco la dea Fortuna, protettrice proprio dei giocatori d’azzardo. Anche nell’antica Grecia le persone, non erano immuni a questo vizio devastante, e vi sono prove che addirittura il filosofo massimo per eccellenza, Socrate, fosse dipendente patologico dal gioco d’azzardo. E’ ben vivo in me il ricordo della tabella che ai miei tempi era affissa nelle cantine, dove erano elencati i giochi proibiti, sia a carte sia al biliardo. Io che ero appena in grado di leggere, rimanevo affascinato dai loro nomi, come Bestia, Sbarazzino, Goffo, Naso, solo per citare i più buffi, e confesso che anche adesso non so, come questi giochi funzionassero. Era proibito giocare anche a giochi molto più semplici come la Morra, che invece era ampliamente usata, e aveva come posta un “bichieretto.” Anche se può sembrare inverosimile, a forza di bichieretti, non era raro che il perdente di turno lasciasse al banco buona parte della quindicina appena riscossa per il lavoro alle cave, tra i lazzi dei presenti destinatari contenti della bevuta a sbaffo. Negli anni 50 era molto diffuso il gioco del Lotto. Nato proprio in Toscana, si pensa a Firenze intorno ai primi del 1500, il Lotto era un gioco molto legato a una forma d’interpretazione molto grossolana della Cabala, soprattutto legata ai sogni, o ad avvenimenti, che erano contrassegnati con una numerazione da uno a novanta. Oggi questa interpretazione si chiama Smorfia, ma allora, in ogni cascina o casolare, vi era un individuo, di solito donna, che si vantava di sapere attribuire con precisione a ogni avvenimento un numero, indicando spesso, oltre alla “ruota” su cui giocare, anche l’identità del “caro estinto” che aveva voluto fare al vivo quel dono. Con il termine ruota s’intendeva una delle undici città su cui avveniva l’estrazione, che era fondamentale per la vincita, e chiaramente era la più difficile da interpretare, nel sogno, o nell’avvenimento accaduto. Pur molto diffuso, il gioco del Lotto non esponeva il giocatore a grosse perdite, anche perché al tempo la miseria imperava, e il botteghino accettava solo contante, ciò nonostante, vi furono anche allora eclatanti casi di rovina finanziaria, di persone che per rientrare nelle perdite subite, raddoppiavano la posta ogni settimana nella vana speranza di rifarsi. Nel 1946 fu introdotto un gioco che in brevissimo tempo sarebbe diventato popolarissimo, la Sisal. Basato sui risultati delle partite di calcio, aveva scadenza settimanale, e nel 1948 cambiò nome in Totocalcio. Giocare la famosa “schedina” che cambiava colore ogni settima, e che cominciò con il costo di ben 30£, divenne quasi un rito per milioni d’italiani, che cercavano disperatamente il famoso tredici, ossia l’avere azzeccato tutti i risultati, cosa che permetteva di essere uno dei fortunati vincitori settimanali spesso anche milionari. Gestito, prima dal Coni, e poi dai Monopoli di Stato, questo gioco, per decenni, ha contribuito a finanziare il mondo dello sport, oggi è ormai in decadenza, giocato solo da pochissimi nostalgici, soppiantato dai nuovi giochi telematici. Negli stessi anni nacque anche il Totip, un gioco simile al totocalcio basato però sui risultati delle corse dei cavalli. Questo non ebbe mai il successo del Totocalcio, tanto che, a causa dello scarso numero di giocatori, nei primi anni del duemila fu abolito.
Oggi, purtroppo, sono ben altri i giochi, che provocano spesso delle vere e proprie tragedie familiari, le tristemente note slot machine. Nate negli Stati Uniti, sul finire del 1800, sono state per più di un secolo, il principale strumento su cui si basava la malavita organizzata americana per ricavare denaro. Completamente meccaniche, spesso truccate in modo che il giocatore non potesse mai vincere, queste macchinette mangiasoldi, erano chiamate non ha caso “il bandito da un solo braccio.” Si basavano sulla combinazione di tre simboli, spesso frutta, o anche carte da gioco, la cui combinazione determinava la vincita con la fuoriuscita del corrispettivo in denaro. Erano azionate da un’unica lunga leva, da cui derivò il loro poco simpatico sopranome. Negli anni sessanta divennero elettromeccaniche, e infine negli anni ottanta completamente elettroniche.
In Italia giunsero nei primi anni novanta. Dapprima poste nei bar, ebbero un timido successo iniziale, ma che ben presto si trasformò in un gradimento da parte del pubblico sempre maggiore. In poco tempo sorsero come funghi una miriade di sale gioco, dove era possibile giocare a ogni ora del giorno e della notte. Com’era prevedibile anche da noi la malavita non si lasciò scappare l’occasione di fare soldi facili, e nei primi anni il mondo delle slot fu un vero e proprio Far West. Infine lo Stato si fece promotore di alcune leggi e regolamenti che garantivano una certa trasparenza, ma soprattutto un sicuro ritorno economico il cui beneficiario era lo Stato stesso, tramite una Società di gestione, la Lottomatica.
Ancora adesso, esiste una zona d’ombra nella gestione di queste macchinette, dove il perdente sicuro è sempre il giocare, tanto da indurre gli psicologi a formulare la teoria per cui, il giocatore, pur sapendo di perdere, lo desidera fortemente per sentirsi in colpa con se stesso. Certamente non sarà questa l’ultima frontiera del gioco d’azzardo, che continuerà per sempre a tentare il genere umano, che accetta consapevolmente il rischio di morire finanziariamente e moralmente, proprio per sentirsi vivo.

Volpi Mario
21 Settembre 2015

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