Il “topolino”..che cambiò l’Italia - carraraonline.com

Sezione a cura di Mario Volpi
Vai ai contenuti

Il “topolino”..che cambiò l’Italia

Una Volta Invece

Spetta/Le Redazione
12 Dic 2013

Cari Redattori
Nel 1968, comperai la mia prima auto, una fiammante 5oo L colore "Giallo Tahiti". Al giorno d'oggi la più piccola utilitaria in confronto ad essa sembrerebbe una vera "ammiraglia". In autostrada alla "folle" velocità di 80 Km all'ora, era tutto un tremolio, accompagnato da cigolii inquietanti, dalla "capote" durante i forti temporali filtrava l'acqua, come succedeva spesso anche dal parabrezza, d'inverno gli spifferi gelidi ti congelavano mani e piedi. Eppure a me sembrava di essere il padrone del mondo.
Volpi Mario

File Audio del Racconto
Il “topolino”..che cambiò l’Italia

L’altro giorno mentre facevo una passeggiata sul litorale di Marina di Carrara, ho visto, parcheggiata accanto al marciapiede, perfettamente restaurata, una Fiat 500 L (leggi lusso), di un brillante “giallo Tahiti,” che mostrava orgogliosa le scintillanti cromature dei suoi paraurti “rinforzati”da tubi ricurvi. Accanto a lei un gigantesco S.U.V la conteneva completamente nella sua ombra. Immediatamente mi tornò alla mente, non senza un pizzico di nostalgia, il mio viaggio di nozze che, con un guscio di noce simile a quello, compii più di quaranta anni fa, partendo da Carrara fino alle Alpi Svizzere, per poi raggiungere le calde spiagge Calabresi.
Negli anni cinquanta la popolazione “motorizzata” italiana era divisa equamente tra vespisti e lambrettisti, l’auto, la Balilla, era il sogno impossibile di milioni d’italiani, infatti, il parco macchine circolante, compresi i mezzi militari, si aggirava a poco più di 100.000 unità.
In un’Italia devastata dalla guerra, finita da poco, le aziende motoristiche appena rinate, cercavano di costruire e immettere sul mercato, un qualche prodotto che fosse alla portata dello stipendio di un operaio medio, cosa non facile.
Al tempo il costo della vita era molto basso, come lo era lo stipendio mensile di un operaio; circa 800 Lire. Nel 1953 al salone di Ginevra, la Fiat presentò la nuova 1100, auto che con il costo di ben 945.000 Lire, era alla portata di pochissimi. Intanto anche il Governo cercava di modernizzare e ricostruire l’Italia. Nel 1955 presero il via i lavori per un’autostrada che avrebbe dovuto facilitare le comunicazioni tra il Sud e il Nord dell’Italia, l’Autostrada del Sole.
Le Case automobilistiche italiane erano essenzialmente tre, Fiat, Alfa Romeo, e Lancia, escludendo naturalmente quelle che, come Ferrari e Maserati, non erano neppure tra i sogni dalla gente comune.
A noi ragazzini, stimolavano la fantasia le cosiddette “fuoriserie” auto costruite da piccole Case, oggi tutte scomparse, tutte Spider come la 750 Spider California della Cisitalia, acronimo di Compagnia Industriale Sportive Italia, o la Spring 850 Siata, oppure la Moretti 850 Cabriolet.
Sicuramente l’auto che realizzò il sogno motoristico degli italiani fu la Fiat 600. Vide la luce nel 1955, e fu subito un successo, con il motore posteriore che permetteva di avere nel cofano anteriore una parvenza di bagagliaio, divenne subito la classica auto della famiglia benestante, o del professionista, oppure, nelle diverse versioni, furgonata, o multipla, anche di Taxi o vettore commerciale.
Nel 1957 poi, fu immessa sul mercato un’auto che sarebbe divenuta famosa in tutto il mondo, la Fiat 500.
In realtà questa piccola utilitaria aveva alle spalle una storia lunga e travagliata, che pochissimi conoscono, e che vale la pena di essere raccontata.
Benito Mussolini, nel 1930 convocò il Senatore del Regno, Giovanni Agnelli, nonno di Gianni, e gli impose di costruire un’auto popolare, che oltre essere affidabile, non superasse il costo di 5000 Lire.
Mentre quest’idea lasciò alquanto perplesso il Senatore, piacque moltissimo ad Adolf Hitler, che si affrettò a copiarla, intimando a Ferdinand Porche, di fare altrettanto, ordine che diede origine a un'altra auto che sarebbe diventata celebre; il Maggiolino.
Intanto in Fiat si andavano formando due scuole di pensiero, una asseriva che per realizzare il volere del Duce bastasse adattare la tecnologia già usata e conosciuta, mentre l’altra pensava che ciò non fosse possibile, e che occorresse un progetto nuovo di zecca.
Il Senatore, al tempo unico proprietario, dette fiducia ad entrambi i progetti, e mentre una squadra si occupava del riadattamento di vecchi modelli, assunse un geniale ingegnere che aveva già lavorato per l’Itala, Oreste Lardone, e gli affidò il comando di un piccolo gruppo di operai e progettisti con il compito di “inventare” un’auto completamente nuova.
Senza porre tempo in mezzo questi, in pochissimi mesi, realizzò qualcosa che assomigliava a una versione mini della Balilla, con un propulsore di 500 cm cubici raffreddato ad aria, e con la trazione anteriore. Nell’estate del 1931 un prototipo con a bordo lo stesso Senatore prese fuoco durante un giro di collaudo, Agnelli furioso licenzia Lardone e ordina che nessuna Fiat adotti più quella rivoluzionaria soluzione.
Il secondo progetto avanza stancamente, fino a quando una visita del Duce in Fiat, ricorda ad Agnelli il suo impegno, l’ufficio progetti di Torino, intanto, si era accorto da tempo che, nonostante il divieto del Senatore, l’intuizione di Lardone era l’unica strada da seguire, così si da l’incarico a l’Ing. Dante Giocosa di continuare su quella strada.
Il 15 giugno del 1936 intanto, la prima nuova auto denominata Fiat 500 A, lasciva la catena di montaggio, ha il motore anteriore a quattro cilindri raffreddato ad acqua, e costa la ragguardevole cifra di 8.900 Lire, quasi il doppio di quello preventivato dal Duce.
Chiamata subito Topolino, per la rassomiglianza che aveva nel muso con questo roditore, è alquanto spartana, e comprende addirittura una versione giardinetta con le portiere in legno di frassino e faesite, resterà in produzione con discreto successo, nonostante il prezzo non propriamente popolare, fino al 1956, quando verrà sostituita dalla Nuova 500. Questa otterrà un successo strepitoso, verrà prodotta in milioni di esemplari, e in innumerevoli versioni, comprese quelle “speciali” elaborate da famosi marchi, come Abarth, Bertone, e Pininfarina. E’ completamente diversa, dalla sua antenata, con il “muso” appena accennato, che diventa bagagliaio, e ospita il serbatoio del carburante, con il motore a due cilindri raffreddato ad aria, come lo aveva pensato il suo “papà” anni indietro, mentre la trazione rimane posteriore. Per la prima volta vi è la possibilità di avere a richiesta diversi accessori, dalla vernice bicolore, alla gomme con il fianco bianco, dall’autoradio a l’accendisigari, e persino gli interni in simil-pelle proprio come le macchine “importanti”. La sua semplice meccanica si prestava moltissimo a essere “truccata,” aumentando il diametro del gigler del carburatore, o alesando e cromando i due cilindri, ma soprattutto montando delle rumorosissime marmitte, con il terminale maggiorato e cromato, che quando si cambiava con la “doppietta” ci faceva sentire tutti come Manuel Fangio. Era poi assolutamente necessario che il cofano posteriore restasse semiaperto, sia per impressionare le ragazze, sia per fare raffreddare quel mostro di potenza del motore; ben …12 CV! Ricordo con nostalgia gli accessori che allora erano considerati essenziali per “cuccare”, come le trombe bitonali, e la leva del cambio smontabile … per agevolare gli incontri galanti. Anche l’ostentazione era ben codificata; macchina ferma nei luoghi dello struscio, finestrino aperto con il braccio appoggiato o penzoloni, capotte e camicia aperta sul petto anche in inverno, radio a manetta con antenna lunghissima, diversi adesivi di marche di oli o benzine speciali, ma soprattutto, il piede doveva agire su l’acceleratore ritmicamente, generando un rombo che avrebbe certamente attirato le ragazze. La 500 è stata la fidata compagna di moltissimi giovani italiani, che grazie a lei hanno cominciato a viaggiare in Italia e all’Estero, rompendo finalmente quella segregazione culturale che la guerra, e la successiva povertà aveva generato. E’ stata la protagonista indiscussa del primo boom economico italiano, e a noi poco importava se raggiungeva a malapena i 90 Km l’ora, se lo spazio all’interno era più che limitato, e se per averla avevamo firmato chili di cambiali, era il simbolo di una libertà, e un’indipendenza da tutti agognata, era nello stesso tempo casa, e alcova, un mezzo insomma che poteva creare l’illusione di farci sentire padroni del proprio destino.


Volpi Mario

Racconti di questa rubrica
Lascia un commento


Nessun commento
CarraraOnline.com
CarraraOnline.com
Torna ai contenuti