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Sezione a cura di Mario Volpi
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L' apprendista

Medioevo carrarino

Spett/le Redazione
In epoca medievale erano esenziali i trasporti, e anche se nessun cronista del tempo ne ha mai scritto in modo esauriente perchè considerato disdicevole, sappiamo molte cose estrapolate da documenti che magari trattavano di altri argomenti, ma che per qualche motivo facevano riferimenti molto precisi a essi. Mentre il cavallo era considerato troppo "nobile"e costoso per la plebe, l'asino e il mulo furono ampliamente usati per secoli, il primo prevalentemente per piccoli trasporti, o per fare girare ruote di mulino, mentre il secondo, per la sua possenza e grande agilità, era usato in vere e proprie carovane, composte anche da centinaia di individui. L'oro bianco medievale, ha dato origine a innumerevoli "vie del sale" che spesso valicavano aspre montagne o assolate e fangose pianure, e che ha dato vita al fenomeno del contrabbando, perchè la gente non considerava giusto una gabella su questo alimento, un tempo indispensabile alla vita quotidiana.

Nella stalla l'oscurità era totale, il silenzio fu rotto all'improvviso dallo squittio di un topo, cui fece seguito il nervoso scalpitio di un mulo spaventato. Tanto bastò a destare Baldo, il garzone di stalla. Il ragazzo si levò insonnolito, e con l'acciarino che aveva posto accanto a se, accese una lucerna a olio.
Facendosi luce con quella, percorse la lunga fila di muli legati alla mangiatoia, e vide che tutti stavano bene ed erano tranquilli. Da una stretta finestra protetta da una robusta inferriata, vide che la luna era ancora alta nel cielo, con un brivido di paura si fece il segno della croce, poi si recò a controllare il catenaccio del portone d'ingresso. Tornato in fondo alla stalla, si sdraiò nuovamente sul giaciglio e, dopo essersi coperto con una rozza coperta di canapa, spense la lucerna. Ma era troppo agitato per riprendere sonno, così cominciò a fantasticare come faceva spesso. Si vedeva capo carovana di una lunghissima carovana di muli, carichi di sale, con il ferraiolo e il coltello da mulattiere con il manico d'osso infilato nella cintura, diretti nelle terre a lui ancora sconosciute, aldilà del monte Bardone.* Gli era stato narrato, che in un paese fortificato che si nomava Varzì, si poteva passare la notte cantando e bevendo Idromele e Ippocrasso,* mentre giovani donzelle ballavano al suono della gironda.* Certo, il cammino era lungo e faticoso, vi era il pericolo di lupi e orsi, erano anche frequenti gli attacchi dei rubatori delle strade, ma questi perigli lui non li temeva, aveva invece paura dei Lupi Mannari, che si diceva che nelle notti di luna piena, proprio come questa, si aggiravano ululando, in cerca di cristiani da sbranare. Un vecchio mulattiere, gli aveva detto che, ancora oltre, vi era una terra completamente piatta, solcata da un grande fiume, dove la gente, al posto del Biancomangiare, si nutriva di riso giallo come l'oro.
Il lamentoso verso di un gufo gli fece ghiacciare il sangue nelle vene, e lui tremante infilò la testa sotto la coperta, come se così facendo si rendesse invisibile. Baldo era poco più di un bambino, aveva da poco compiuto le tredici primavere, e i suoi genitori da un bel pezzo lo avevano messo a bottega da Messer Giustino, uomo assai ricco, proprietario di diverse decine di muli, che teneva in una grossa stalla a Vezzala, e di svariate paia di buoi, che però custodiva in quel di Torano. Da prima era stato apprendista di Venceslao, il vecchio stalliere, che lo aveva preso a benvolere, e che gli aveva insegnato tutto quello che poteva, prima che il mal sottile se lo portasse via. Ora era lui che si occupava di governare la stalla, puliva e ingrassava con la sugna rancida i finimenti, la sera strigliava i muli prima di portarli all'abbeverata nell'Aventia, preparava e distribuiva loro la biada, e se qualcuno era ferito lo curava come gli aveva insegnato il vecchio.
Faceva bollire dell'olio, e lo mescolava con cenere di avena bruciata, con quell'impiastro copriva la ferita della bestia dopo averla lavata con acqua e aceto, la guarigione era assicurata. Messer Giustino era abbastanza buono con lui, lo picchiava raramente, e nella zuppa di verdura che gli dava una volta il giorno, spesso vi era anche una cotica di maiale.
Il suo sogno segreto però, restava quello di essere un mulattiere da transumanza, non quelli che portavano il carbone da Casa Ponzi, o da Berzola,  le canne da Lavenza, o le castagne da Beduzzano, lui sognava l'avventura, i lunghi viaggi che duravano settimane, del resto non conosceva già molti dei segreti dei mulattieri? Sapeva ad esempio come si doveva fare per non pagare per intero la gabella sul sale, bastava mettere nel barile pieno di sale un ultimo strato di pesce, perché quello pagava molto meno. Oppure come facevano i mulattieri carrarini, caricare al mare una salma *d'acqua, alla dogana si diceva che era da bere, non soggetta a gabelle, quindi si portava ai forni, che così potevano risparmiare il sale per fare il pane, in cambio si poteva ricevere oltre al soldo del carico, anche tre pagnotte di segale in regalo. Ormai stanco di fantasticare, stava per riaddormentarsi, ma il canto di un gallo gli fece spalancare gli occhi, era l'alba e lui era in ritardo. Come una pulce saltò fuori del giaciglio, e andò di corsa ad aprire il portone d'ingresso. La gelida aria mattutina lo colpì al volto come una rasoiata, facendolo rabbrividire, la brina si stendeva sui campi e i tetti delle case come un bianco e gelido sudario, e lui si affrettò a ritornare nel tepore della stalla, cominciò le faccende di sempre, distribuendo la biada alle bestie, fra poco i mulattieri sarebbero arrivati. Mentre stava levando il letame per portarlo nella concimaia, arrivò Messer Giustino, era una cosa abbastanza insolita a quell'ora, e a Baldo un milione di farfalle cominciarono a svolazzargli nello stomaco. "Baldo" lo chiamò senza tanti preamboli Giustino, "comandi signore" rispose il ragazzo timoroso che il padrone avesse scoperto il suo ritardo mattutino; ma il Messere continuò " devo affidarti un lavoro, e spero che tu mi serva per benino, se non vuoi assaggiare la punta del mio stivale". Il viso di Baldo divenne paonazzo e un groppo alla gola gli impedì di proferire parola ma Giustino, parve non accorgersene e continuò, " il Conte Del Medico ha diversi tomoli * di olive da portare al frantoio di San Ceccardo, ma io non ho più mulattieri, quindi lo farai tu, ne sarai capace?" Baldo pensò di aver capito male, poi dopo un attimo di esitazione rispose con un grande sorriso "si signore." Giustino con una smorfia che poteva rassomigliare ad un sorriso disse, "prenderai tre Bardotti, la cintura con la scarsella e il coltello, e ti recherai, passando dalla Via Antica, fino al suo uliveto alla Costaccia, lì il Fattore e alcuni garzoni ti faranno il carico, bada che non sfianchino le bestie". Poi dopo avergli appoggiato una mano sulla spalla, continuò in tono più confidenziale "a ogni viaggio metterai un'oliva nella scarsella, prima del tramonto dovrai tornare, e dopo aver governato le bestie, la consegnerai a me, hai capito bene?" "si signore" rispose Baldo pazzo di felicità. Il padrone fatti pochi passi si fermò, e giratosi verso il ragazzo, disse "prendi il ferraiolo col cappuccio" "grazie signore" rispose il ragazzo correndo verso la stalla. Era una gelida mattina di gennaio, la tramontana spazzava le anguste vie del Borgo, infilando nelle fessure di porte e finestre, le sue sottili dita di ghiaccio, ma nulla poteva contro il calore che albergava nel cuore di un ragazzo ancora bambino, che la felicità aveva reso ardente come una fornace.

Volpi Mario
note
Monte Bardone - attuale Passo della Cisa
Ippocrasso - antica bevanda fatta con vino speziato
Gironda - antico strumento a corde
Tomolo - antica unità di misura per sfusi alimentari
Salma - antica unità di capacità

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