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Vino novello

Vini e cibi da Oscar
“ VINI E MANGIARI DELLA NOSTRA TERRA … E NON SOLO”
UN VINO DA OSCAR ARRIVATO L’INVERNO …E’ TEMPO DI VINO NOVELLO
L’Inverno è ormai arrivato alle porte, la stagione è stata bella e la vendemmia speciale. Il caldo e la scarsa piovosita’ hanno fattivamente contribuito ad avere l’uva sanissima e di grande qualita’. Il vino prodotto è generalmente molto buono.
Intanto che il vino nuovo finisca le sue fermentazioni, come ad esempio la malolattica, possiamo darci ai vini novelli, che, a mio avviso, hanno raggiunto la maturità giusta.
Il vino novello, da non confondere con il vino nuovo, deriva da un metodo di vinificazione molto particolare: la macerazione carbonica, (che sarà sommariamente illustrata dopo) molto diversa da quella tradizionale chiamata fermentazione a macerazione alcolica.
Ma come e’ nato il vino novello? Facciamo un bel passo indietro, a ritroso nei secoli.
Il francese Louis Lavoisier (1743 – 1794) prima di essere ghigliottinato, descrisse il processo di fermentazione delle uve, senza però arrivare a capire quale ne fosse la causa.
Quasi cent’anni dopo, un suo conterraneo, il grande scienziato Louis Pasteur (Dole Jura 1822 - 1895), scoprì che la causa della fermentazione era dovuta a microrganismi detti lieviti, oltre ad altri fenomeni di estrema importanza.   
Il famoso biologo francese intuì che il vino poteva essere prodotto in ambiente anaerobico, cioè senza la presenza dell’ossigeno, e sotto l’azione dell’anidride carbonica.
Il ruolo dell’ossigeno fu scoperto, poi, nel 1863, quando Napoleone III incaricò lo stesso Louis Pasteur di indagare sul perché molti vini si rovinavano prima di arrivare al consumatore, producendo, di conseguenza, gravi perdite all’economia francese.
Pasteur si rese conto che l’eccessivo contatto con l’aria promuoveva lo sviluppo dei batteri dell’aceto, mentre piccolissime quantità di aria stessa facevano maturare il vino perfettamente.
Inoltre egli capì che l’azione dell’ossigeno non è brusca ma graduale e che nel vino di una bottiglia vi è ossigeno sufficiente ad assicurare una buona maturazione.
Questa intuizione di Pasteur fu ripresa circa mezzo secolo più tardi dal collega francese Flaney, che gli diede il nome di “vinificazione in atmosfera anaerobica“, cioè senza la presenza di ossigeno.
Nel 1934 Flaney ed un gruppo di ricercatori francesi operavano nella Stazione Enologica di Narbonne, centro vinicolo del Midi della Francia e, guarda caso, capitale di quel territorio che gli antichi Romani, dopo averla conquistata, chiamarono Gallia e dove sicuramente, secondo la loro consuetudine avranno piantato sicuramente la vite.
Essi, occupandosi della conservazione dell’uva a bassa temperatura ed a contatto con l’anidride carbonica, si resero conto che i grappoli erano diventati gassosi e frizzanti. Poiché quell’uva non era più adatta per essere venduta, decisero di vinificarla ed il vino, che ne derivò, risultò effettivamente “diverso”, ma sorprendentemente piacevole e particolarmente profumato.
Nacque quindi il primo vino “nouveau” nella zona del Beaujolais, a sud della Borgogna, utilizzando l’uva Gamay, assai presente in quei vigneti.
Come si produce il vino novello?
Le uve, sanissime, ben mature e raccolte in piccole cassette, sono scaricate in serbatoi a tenuta ermetica, cui viene  tolto l’ossigeno ed introdotta una massiccia presenza di anidride carbonica.
In quelle botti di acciaio l’uva, portata in cantina, viene fatta cadere dall’alto affinché una parte si schiacci e diventi mosto. Altri acini versati nel basso del recipiente sono schiacciati dal peso dell’uva sovrastante ed anch’essi producono mosto. Grappoli interi sono immersi nel mosto stesso e, sopra di loro, si trovano i grappoli ancora integri, in atmosfera straricca di anidride carbonica.
Il liquido che si è prodotto dal naturale schiacciamento delle uve, generalmente nel giro di ventiquattro ore, comincia a fermentare producendo un’ulteriore produzione di anidride carbonica ed essendo essa più pesante dell’ossigeno, lo scaccia.
L’uva, quindi, è mantenuta in un ambiente privo di aria ed i lieviti ambientali, presenti nella buccia dell’uva (la pruina) innescano, quindi, la fermentazione convenzionale.
Infatti, come noto, durante il processo della stessa fermentazione, gli zuccheri si scindono in alcol ed anidride carbonica, e quest’ ultima va ad aggiungersi a quella già presente, saturando l’ambiente.
L’uva resta nella botte per un periodo che può variare da alcune ore a trenta giorni ad una temperatura di circa 30°C.
A fermentazione terminata, si eseguono la svinatura e la pigiatura dell’uva e poi la torchiatura della stessa uva, rimasta intera.
Si uniscono quindi i liquidi ricavati per la successiva fermentazione alcolica, detta anche seconda fermentazione.
Essa nel giro di poche ore riprenderà attivamente e terminerà dopo pochi giorni.
Il vino che ne esce, contiene, quindi, particolari aromi, un intenso profumo morbido e fruttato oltre che una particolare fragranza e freschezza.
L’acidità fissa è scarsa e le sostanze coloranti, in genere, registrano un certo aumento; i tannini sono quasi inesistenti.
Questi prodotti maturano in un tempo non molto lungo, tanto che devono essere imbottigliati entro la fine di dicembre e consumati, generalmente, entro l’estate. Il vino novello è pronto da bere giovane e non ha caratteristiche per essere invecchiato, ma anche se perde le sue prerogative, resta comunque un prodotto che difficilmente deperisce in breve tempo. Adesso vi sono pero’ in commercio vini novelli prodotti con uve sangiovese che si conservano anche per un anno.
In Francia il vino prodotto con la macerazione carbonica si chiama Beaujolais nouveau e per farlo si usa uva Gamay.
Secondo la legge francese può essere messo in commercio dopo la mezzanotte del terzo mercoledì di novembre.
In Italia il Vino novello deve avere almeno il 30% di vino ottenuto con la macerazione carbonica ed il restante 70% può essere un vino ottenuto con il metodo classico.
La vendita è autorizzata dal 6 novembre dell’anno della vendemmia.
Il Novello Italiano è nato nel 1975 per merito dei Marchesi Antinori con il famoso San Giocondo: la ricorrenza della festa del Santo, infatti, coincideva con la commercializzazione del prodotto, derivato maggiormente da uve Sangiovese. Oggi il vino novello viene prodotto praticamente in quasi tutte le regioni dal nord a sud d’Italia, con le uve del luogo, non sempre pero’ adatte.
La macerazione carbonica presenta il vantaggio di rendere il vino estremamente caratterizzato e ricco di aromi.
Le temperature di fermentazione più basse permettono il salvaguardare gli aromi primari delle uve impiegate, quindi il vino manterrà molto le caratteristiche dell’aroma del vitigno utilizzato.
Un acido del vino puo’ essere responsabile dell’aroma di banana e anche di quello eventuale di caramella o big-bubble o di marasca molto intensa; e a volte anche quello dell’acetone e dello smalto per unghie;
Un altro acido offre inconfondibili sentori di frutti rossi: fragola, mora, lampone, ribes rosso. Altri ancora conferiscono al vino novello sentori di speziato orientale: cannella, chiodi di garofano, ecc.
“Senza il caratteristico profumo di cannella si può pensare – dice l’enologo Luciano Giacomello - si potrebbe pensare di avere di fronte un “falso novello” prodotto solo con vino nuovo”.
Il vino novello all’esame organolettico si presenta molto limpido, di colore brillante, più armonico, più rotondo, con un profumo intensamente, più caratteristico, sapido, di gusto fine, serbevole.
La temperatura di servizio è leggermente più bassa di uno o due gradi rispetto a quella di un normale vino rosso.
Oggi si tende, però, a farne una fermentazione più “pulita” utilizzando il caldo ed il freddo in un locale coibentato.
Di giorno la temperatura si aggira dai 20 ai 21°C e di notte viene fatta scendere a 3° - 4°C. Gli sbalzi di temperatura favoriscono, infatti, la liberazione dei profumi fruttati caratteristici.
Poi l’uva è immessa nel ciclo tratteggiato prima.
Quanto più alti saranno gli sbalzi termici tanto più sarà fine la fermentazione carbonica e migliore sara’ il prodotto finale,
Ora, pero’, non ci resta che occuparci degli abbinamenti gastronomici. Il vino novello e’ ottimo con salumi all’italiana, con paste al ragù di carne, con pizza. Si puo’ ben sposare con pesce in guazzetto al pomodoro o con formaggi freschi o non troppo stagionati.
Personalmente consiglio di bere il vino novello dopo almeno otto settimane dall’immissione in commercio: per ottenerlo, infatti, in cosi’ breve tempo, esso e’ sottoposto ad un autentico “massacro” anche con i necessari filtraggi e chiarifiche.
Senza far torto a tutti gli altri, soprattutto agli ottimi “toscani” e non solo, tra i vini novelli che preferisco ce n’è uno: Le Terrazze della Luna, proveniente dal Trentino e prodotto da uve Teroldego, molto adatte ad una vinificazione a fermentazione carbonica.
A Natale una bottiglia di Novello, spero, non ve la siete fata mancare. Se non l’avete ancora fatto, siete ancora in tempo.
Auguri a tutti di serenita’ e salute.



Il vostro amico Oscar Sommelier di … lungo sorso.
Marina di Carrara 27 gennaio 2016

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