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Carrara nel cuore

Questa sezione è dedicata a tutti coloro che hanno lasciato la nostra città per vari motivi, ma portano sempre nel cuore le loro RADICI.

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L'ordine cronologico di questa lista è stato invertito,gli ultimi inserimenti iniziano a partire dall'alto.

Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”

Associazione Culturale “AMBASCIATORI DELLA FAME”

Pescara, 25 settembre 2017

Storie di emigrazione toscana ...
La famiglia Conserva, una dinastia di grandi “maestri marmisti” in Uruguay, erano nati a Gragnana una frazione di Carrara.
I fratelli, Giovanni e Giuseppe Conserva, nacquero entrambi a Carrara nella frazione di Gragnana. Giovanni nacque nel 1839 e Giuseppe il 3 dicembre 1853. A Carrara acquisirono la capacità la lavorare il marmo. Nel 1877 Giuseppe, il più giovane dei fratelli, decise di tentare fortuna oltre oceano. Destinazione il lontano Uruguay. Sei anni dopo, nel 1883, fu raggiunto da Giovanni. A Montevideo i due costituirono un solidissimo sodalizio, durato 25 anni, che li portò a farsi conoscere ed apprezzare nell’intero Uruguay. Alla loro officina /deposito si rivolsero le più prestigiose famiglie uruguayane, lo stesso Governo commissionò più lavori e la Chiesa non fu da meno. Le loro fini creazioni, destinate alle moderne costruzioni, e le realizzazioni di marmoree Cappelle cimiteriali sono tutt’ora annoverate tra le opere d’arte di quella nazione. Nella loro azienda lavorarono e si formarono centinaia di futuri marmisti. Successivamente Giovanni e Giuseppe decisero, di comune accordo, di sciogliere la loro società. Giovanni ne creò una nuova con il figlio Francesco. Quest’ultimo era nato a Carrara il 1881 e giunse a Montevideo, insieme alla madre, nel 1890. Dopo gli studi seguì la professione paterna. Divenne apprezzato scultore.  Successivamente decise di aprire un proprio attività a Mercedes, dipartimento di Soriano,  e lì si distinse, tra l’altro, per la costruzione delle cappelle delle nobili famiglie Ferreira e Irigaray. La sua anima di artista lo fece divenire popolare e stimato. Costituì, a Mecedes, la società “Francesco Conserva e Figlio”. Sposò la signorina Ernestina Giambonini e a lei fece gestire una importante “Caffetteria”. Francesco Conserva si distinse, durante la Grande Guerra, per i munifici fondi raccolti i favore dell’Italia. Alla sua morte fu così ricordato: “uomo colto, lavoratore, artista ed industriale di merito, fu pure un elemento di valore per la comunità tutta". Anche Giuseppe, dopo aver cessato il connubio con il fratello, decise di aprire una nuova attività con  il figlio Cesare. Quest’ultimo era nato, il 7 agosto del 1880, dal matrimonio di Giuseppe con Cristina Belloni. La società si chiamò “Giuseppe Conserva e figlio”. Cesare studiò e si applicò sino a divenire, anche lui, apprezzatissimo marmista ed artista. Anche in questo stabilimento furono realizzati opere che tutt’ora vengono apprezzate e visitate da cultori del settore. A Cesare fu dedicato questo ricordo: “Cesare Conserva ben conosciuto a Montevideo per i fini lavori da lui eseguiti. Studiò la scultura e divenne artista. Dal suo scalpello opere di assoluto merito”. Questa è la storia di una famiglia, di marmisti  carraresi, che seppe imporsi in Uruguay. Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”
Carrara 17 - 10 - 2012
Riceviamo e pubblichiamo su consenso dell' autore.
Gentile Juan Antonio Pinto Maureira-Tenderini, la ringraziamo della sua testimonianza.
Il Palazzo Tenderini era stato costruito a metà del settecento, e si trovava presso il ponte Barroncino, anche se il palazzo non esiste più, la città di Carrara, esiste ed è bellissima, ricca di una storia millenaria e di tantissime opere d'arte che spaziano dal Canova al Tacca per arrivare fino al Michelangelo.
Germano Tenderini
Carrara on-line  
Cari amici:     
L'altro giorno quando ho letto nella lista di uomini illustri di Carrara, ho pensato che mi mancava il mio antenato.  Così ho deciso di inviarvi questa piccola storia, che mi auguro possa essere di interesse.
Le mando un discorso del 2003 che qualcuno ha dato i Vigili del Fuoco in memoria di  Germano Tenderini e una breve storia, non credo che sia del tutto esatto, ma forse si avvicina.
”Primo  Martire  del  Dipartimento Santiago Fuoco e Volontari delle attuali sesta Società Salvatori  e Salvaguardare la Proprietà, don Germano Tenderini e Vacca.
Don Germano Tenderini e Vacca, morto mentre si lavora su di spegnere l'incendio al Teatro Municipal della nostra città, Santiago de Cile l' 8 dicembre 1870.
È  nato nel 1828, figlio di Don Juan Bautista e Dona Tenderini  Cenovia Vacca, dal villaggio di Carrara in Italia, famoso per le sue opere in marmo, dove Tenderini  imparato il mestiere da bambino, e ha sviluppato nel corso della sua vita.   
Fin da giovane, è evidente come un uomo di grandi gesta e sentimenti altruistici profonde, come dimostrato durante l'epidemia di colera che ha colpito l'Italia. E 'stato tra i primi a offrire aiuto nella lotta contro questo flagello e non resto fino a quando questa malattia è bandito. Questa azione ha causato il governo italiano ha deciso di conferire il titolo di barone, che è stata respinta dal Tenderini, perché, secondo lui, "solo facendo un dovere civico" tassa volontaria.
Non vi è alcuna data precisa del suo arrivo in Cile, insieme con la madre e il fratello Uldererico-ma sì, ci sono prove che lo contraddistinguono come uno degli italiani che vivono a Valparaiso che promuovono l'idea di avviare un incendio società italiani sulla porta . Per questo, insieme ad un gruppo di connazionali, per lo più genovesi - Garibaldi e repubblicani, si riunirà il 23 gennaio 1858 nella sala della Borsa Edificio commerciale Valparaiso per stabilire definitivamente la 6a compagnia di Pompe "Christopher Colombo ", diventando fondatore della Società.
Nel frattempo, ha continuato la sua professione di scalpellino, diventando un noto artista nel suo campo. La vostra generosità e il profondo desiderio di aiutare gli altri lo ha portato a creare un laboratorio-scuola per l'insegnamento e l'apprendimento di manuali tecnici e di raccogliere in società per i lavoratori e artigiani, come una forma di protezione.
Dopo un po ', Tenderini definitivamente regolata, in Santiago, di installare il via locale Stato e costituita nel dicembre 1863, come fondatore della Compagnia di "Proprietà Guardia" oggi, "Società Sesto". Ben presto divenne noto per il suo coraggio e il coraggio nella lotta contro il fuoco, di essere ammirato per la sua compagnia per tutta la vita e la solidarietà con le persone che hanno bisogno del vostro aiuto, qualità che lo portano a essere eletto tenente 3.
L'8 dicembre 1870, poco dopo la fine della funzione del grande cantante italiana, Carlotta Patti, essendo undici di sera, la città di Santiago sente il richiamo triste i rintocchi della campana, che mette in guardia contro il devastante incendio che ha esplose nel Teatro Comunale, considerato questo fuoco, uno dei più grandi che interessano la nostra città nel XIX secolo. Pompe a vapore prontamente arrivata sul luogo, e subito l'aumento della pressione in caldaia, lanciando potenti getti d'acqua per proteggere le proprietà confinanti minacciati da grandi lingue di fuoco. Pompe lavorato quella notte fino all'alba. L'incendio è stato completamente spento dopo le 6 del mattino.
Tenderini, uno dei giovani più altruistico che ha raccontato la sesta società, come era sua abitudine, fu tra i primi a entrare in scena, - con il suo amico e luogotenente 2nd, don Arturo Villarroel, tra la fitta lotta contro il fuoco e il fumo cercando di illuminazione serbatoio installato vicino al palco, dove il fuoco origine. Guardando verso il basso a terra, vide il macchinista Santos Quintanilla, che è stato ucciso sul pavimento dai fumi e l'odore soffocante di materiali che bruciano, andando subito in suo aiuto.
I vigili del fuoco hanno una dura lotta per spegnere il fuoco. Dopo qualche tempo, hanno notato l'assenza di Tenderini, suoi compagni di squadra lo ha chiamato più volte, senza alcun risultato, non ha risposto quando si passa la partecipazione.
La certezza della sua morte, quando è stato trovato tra i resti fumanti del paesaggio un tempo magnifico, un corpo bruciato, trovata tra i vestiti antincendio, l'orologio completamente sciolto. Tenderini avevano dato la vita per la nostra nobile causa, lasciando una famiglia disastrata e la scrittura con il suo sangue, la prima pagina del libro immortale della nostra istituzione.
La città, interpretando i sentimenti del suo popolo, ha riconosciuto l'eroico gesto volontario Tenderini e come un modo per perpetuare la sua memoria e rendere omaggio al nascente Santiago Vigili del Fuoco, il Comune di Santiago mettere il nome di questo eroe del fuoco, la strada che attraversa il lato est del Teatro Comunale, sede del fuoco che si tolse la vita.””
Questo fa parte di libro della famiglia Tenderini Carrara.
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Anni fa ho ricevuto questa e-mail dal cordiale professor Renato Vita e pochi giorni fa ho recuperato.  
Egr. Dott. Maureira - Tenderini,
sono il prof. Renato Vita, Dottore in Storia e Responsabile della Biblioteca d'Istituto "M.o.v.c. G.Taliercio" del Liceo Scientifico "G.Marconi" di Carrara.
Ho ricevuto stamattina la Sua e-mail  e, appassionato e cultore di storia locale, ho voluto darLe subito una prima immediata risposta:
1. Esistono tuttora discendenti dei Conti Tenderini, una delle storiche grandi famiglie di Carrara, con proprie ricche cave di marmo bianco nei nostri monti e grandi proprietà terriere nella zona costiera (tuttora una vasta area di colline coltivate e di terreni agricoli lungo l'antica via Carriona si chiama "tenuta Tenderini"), l'imponente antico palazzo cittadino e la ricca villa di campagna con propria cappella privata. L'antica e nobile famiglia per secoli ha contato tra i suoi figli imprenditori del marmo, importanti pubblici funzionari, uomini politici e amministratori locali, ed anche un famosissimo religioso, uomo pio ma scevro dalle cronache e dal potere nonostante le sue lunghe frequentazioni con i cardinali della Curia Papale, poi innalzato agli altari come il Beato Tenderini, a cui il Comune di Carrara ha voluto dedicare una piazza all'ingresso della città, dov'è anche un secondo, ottocentesco Palazzo Tenderini.
2. Le due foto sono dell'importante e storico Palazzo dei Conti Tenderini, posto all'angolo tra la bellissima, cinquecentesca Piazza Alberica e l'antichissima Via Carriona, che scende dalle nostre cave di marmo bianco al mare. Prossimo al medievale Hospitale dei SS. Giacomo e Cristoforo, l'imponente palazzo, uno dei più grandi tra i palazzi nobiliari di Carrara, ha il pianoterra e le grandi cantine sopra le antiche mura del XIII sec., poi inglobate nella città rinascimentale, e, com'è usanza locale, aveva una grande terrazza coperta, prospicente il patio interno, con palme e piante da frutto.   
Cercherò, senza fretta, di procurarle altre, più sostanziose informazioni sulla famiglia Tenderini, anche ricontattando una mia vecchia conoscenza dei tempi del Liceo, che è una Tenderini.
A presto, cordiali saluti.
Il Responsabile della Biblioteca
“M.o.v.c. Giuseppe Taliercio “
Prof.  Renato  Vita
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Palazzo  Tenderini
In memoria di mio antenato:
Don. Germano Tenderini.
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Monumento Tenderini  tedesco  strada  a  lui  intitolata Santiago de Cile
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Cordile Saluti
per la prima volta, a breve, visitare la città di Carrara. Si trova nel cuore.
Juan Antonio Pinto Maureira-Tenderini
jmptender@hotmail.com

Carrara 13 febbario 2012
Gentile Bezzi, la ringraziamo per la sua testimonianza che ci ha portato a conoscere il divertente e bizzarro rituale degli avvinazzati di Carrara, che riportiama qua di seguito.
Quella si che era tutta un' altra muzika !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Staff Carraraonline
Interessanti racconti dell'autore su http://eccolatoscana.myblog.it/

i canti degli avvinazzati
L’altra sera, spippolando fra i canali del digitale terrestre, ho scoperto un programma che ritrasmette serate che hanno tutta l’aria di essere di origine romagnola. Gli ingredienti ci sono tutti: orchestrina con fisa, trombe, batteria e tastiere, cantante in minigonna e dalla voce da lavandaia, coretto e, perché no?, altro cantante con un’incipiente calvizie e con la giacca tutta lustrini. Non c’erano le canzoni che fanno tanto Rimini di sera come quella il cui ritornello conclude con …con la mazurka di periferia viene la voglia di fare l’amor, ma il cantante cantò Vola colomba! Ricordi dei primi Sanremo, di Nilla Pizzi, di Trieste non ancora tornata all’Italia, di ostracismo dell’intellgentzia sinistroide che considerava la canzone del tutto patriottarda e degna di essere confinata fra i reliquati della reazione in agguato, e come tale presto tolta perfino dal repertorio dell’Orchestra Angelini. Le orchestrine, abbozzando all’imperante piccì romagnolo, continuarono allora ad esibirsi in pezzi nazionalpopolari tipo Viva l’amor senza pretese, viva la Romagna, viva il Sangiovese! evitando Vola colomba, che però rimase nel cuore di tanti italiani e divenne col tempo la canzone degli avvinazzati. Li ho conosciuti, e vi dico perché. Partivano, di solito il sabato pomeriggio dopo aver riscosso la quindicina, chi dal Bùgliolo e chi dalla Ghiacciaia e, dopo aver girovagato fino alla Levatella sbevacchiando ad ogni osteria che trovavano sul loro cammino, arrivavano in Piazza d’Armi ove, già abbastanza brilli, rendevano omaggio con inchini e salamelecchi a Pellegrino Rossi. Scendevano poi con le gambe già malferme la scalinata con i grotteschi ed orinatoio che li portava in Via del Risorgimento e qui iniziava quello che per me era lo spasso delle lunghe sere d’estate. Dal mio osservatorio li vedevo arrivare proprio davanti alla chiesa del Suffragio (quella delle monache) ove, nei fondi del palazzo del ginnasio e di fronte a quella che doveva essere stata l’elegante magione di certi nobili un po’ decaduti, era situato il distaccamento dei vigili del fuoco. Consisteva in due o tre stanzoni: uno adibito a ricovero per un’autopompa, uno per due autolettighe ed uno ad ufficio con annesso dormitorio con letti a castello per i pompieri che facevano il turno di notte, sempre pronti a scattare come molle al primo improbabile squillo del telefono. Improbabile perché il telefono non l’aveva quasi nessuno e se c’era da chiamarli, c’era sempre un garzonetto del vicinato pronto a partire di corsa ad avvisarli. Nelle sere d’estate i due o tre pompieri di turno se ne stavano all’aperto, sulla Via Risorgimento, a cavalcioni delle sedie che facevano parte dell’arredo spartano della casermetta, chiacchierando fra di loro del più e del meno. Qui entravano in ballo gli avvinazzati che avevano appena fatto una fermata obbligatoria all’orinatoio di cui sopra. Allora cominciava la visita ai pompieri. Loro c’erano abituati a questo genere di visite, e non vi facevano caso più di tanto, fino a quando non cominciavano i canti. Tanto per cominciare, si partiva con la botanica perché erano di prammatica sia la Violetta lavalavà sia il Mazzolin di Fiori: un po’ di Trentino, si dirà, ma rovinato da stonature da brividi. Sempre in tema di botanica, era immancabile l’Edera che fu uno degli altri capolavori della Pizzi. Canzone, poi, particolarmente sentita in una città ove il PRI aveva profonde radici ed ove i pacciardiani avevano il sopravvento sui lamalfiani. Si continuava con la zoologia che però non offriva granché oltre alle Rondini al nido, piuttosto difficile e più adatta a tenori di grazia che non ad avvinazzati. C’era allora la sola Vola Colomba che, dopo che Pablo Picasso aveva schizzato una colomba per il piccolo partito comunista francese riciclatosi pacifista da paraboloscevico che era, divenne immediatamente Vola Colomba della Pace. C’è da dire che, nel ricco repertorio degli avvinazzati, Vola Colomba aveva il predominio assoluto ed i pompieri, dopo averla ascoltata quindicine di volte, finivano con un piantàtela. L’impegno politico: terminata da tempo l’èra del sole che sorge libero e giocondo e del pericolo di andar a smaltire la sbornia nella vasca di Piazza d’Armi, i canti degli avvinazzati non li limitavano alla solita Bandiera Rossa ed al solito Su fratelli su compagni in stile Festa dell’Unità, ma continuava con omaggi a Pietro Gori con Figli dell’Officina ed altri canti più o meno libertari che facevano sbuffare i pompieri che certo anarchici non dovevano essere. Bella ciao non faceva parte del repertorio perché difficile. La lirica: in una città che si vantava di aver ospitato Beniamino Gigli, Titta Ruffo e la Pagliughi, il repertorio lirico della gente che aveva alzato il gomito era piuttosto vasto. Si andava dall’inevitabile Marta Marta tu tradisti alla Celeste Aida ed ai Bollenti Spiriti. Un falegname di Via Finelli che non conosceva altro che il Cielo e Mare di della Gioconda di Ponchielli, lo storpiava rigorosamente in Cielom e Marem. Peccato che non avessi il registratore: sarebbe stata un’occasione rara, ma i registratori in quegli anni erano posseduti solo da qualche figlio di papà di quelli che andavano alla Capannina del Forte, ed io non lo ero. Alla fine della rottura di scatole ai pompieri e quando la notte era già fonda, gli avvinazzati sgattaiolavano nei vicoli di Sudidietro e tornavano alle loro povere abitazioni, ove, dopo essere riusciti brillantemente ad infilare la chiave nella serratura ed aver aperto l’uscio, li aspettavano mogli irsute con i mattarelli in mano, proprio come nelle vignette della Settimana Enigmistica. Questo succedeva generalmente il sabato: la domenica un po’ meno, anche perché i soldi riscossi cominciavano a scarseggiare e c’era il pericolo di andar il lunedì dal ragioniere della ditta a chiedere un acconto. C’era sempre però qualcuno che continuava la tradizione della sbornia serale e della visita ai pompieri che durava, anche in questo caso, fino a tarda notte se non addirittura fino alle prime luci dell’alba del lunedì. Ma c’erano anche i giudiziosi, che si accontentavano di una sbornia del sabato sera perché i fumi dell’alcol avrebbero compromesso il lavoro della settimana: un colpo di mazzuolo dato su un dito invece che sulla subbia non era né piacevole né auspicabile. C’era, prima, da vedere le stelle e, poi, da sentire rimproveri e rimbrotti a non finire da parte dei capi laboratorio se non addirittura dei principali. C’è da dire che verso le cinque o le sei del mattino del lunedì, alle cantate degli avvinazzati si sostituivano le chiamate sotto le finestre: O Pié, o Domé. Erano i richiami di chi doveva prendere la prima Saca coi finestrini di masonite che li avrebbe portati alle sette o alla Piastra o a Fantiscritti per iniziare le lunghe salite a piedi fino alla cava e cominciare le lunghe ore di riquadratura. Per ridurre a blocchi geometrici massi informi appena staccati dalla montagna col filo elicoidale prima e, poi, a suon di mine e di moccoli.
Giacomo Bezzi
Prato 12 febbraio 2012
13 febbraio 2012
Carrara 12 febbraio 2012
Genile Lia, in primis la ringraziamo per aver apprezzato la nostra rubrica, inoltre, con la sua testimonianza, ha ricordato quanto fossero importanti le tradizioni e l'amore per la nostra cittadina, episodi di vita quotidiana che i ragazzi di oggi non hanno conosciuto.
Un abbraccio dall' Alpe innevata.
Staff carraraonline.com


Vezzala, dove ho passato i primi anni.............
Vezzala, dove ho passato i primi anni, i lavatoi pubblici dove mia madre passava le giornate a lavare i panni che portava con un secchio sulla testa sopra un canovaccio arrotolato. Le segherie di marmi e i laboratori di marmi e onice. Il Cafaggio dove ho passato la mia infanzia in povertà ma con molta dignità. L'educazione e gli ideali di onestà che ci trasmettevano i genitori e i nonni, la Via ROMA dove usavamo fare le"vasche" Il cinema Garibaldi e Animosi Il teatro Verdi, le Cave e i cavatori con le i loro scarponi e la loro e i filoni di pane che si portavano al lavoro,i camion con i blocchi di marmo che passavano sotto la mia finestra e la casa tremava, le campane del Duomo che mi svegliavano alle sette del mattino e annunciavano i vespri e i lutti, il fruscio del fiume Carrione sotto la mia cameretta, il dialetto dei miei famigliari, il Viale Alberato che percorrevo a piedi in primavera ed estate per andare al mare a Marina di Carrara. Tutti i locali e sale da ballo dai 14 anni ai night, Piazza delle Erbe, via Alberica con tutte le mostre di marmo all'aperto, il mercato del Lunedì, i monti,Fossola, Santa Lucia, Gragnana dove è nato mio padre, Castelpoggio con la sua focaccina buonissima e le castagne, che andavano a "fare" in autunno e tutta la cucina a base di castagne, la poentina, i ballucci, le collane di castagne e mele che i bambini portavano per i morti, i profumi e le ricette trasmesse dalla nonna alle quali ancora oggi non rinuncio,le scampagnate del primo maggio nei prati con le classiche scarpe al tennis e il mangiadischi, Piazza d'armi con il Liceo Artistico e le statue di marmo ovunque orgoglio della nostra cultura di scultori..Tutto questo e tanto altro porto nel mio cuore.........Grazie di aver riportto a galla questi ricordi.......
12 febbraio 2012
Carrara 14 12 2010
A Giulia, nostalgica carrarina.
Ricordandoti che nei momenti malinconici potrai contare sempre su carraraonline, le immagini, i percorsi trekking sulle Apuane, le tradizioni e i costumi della Nostra città ti faranno sentire ancora a casa.
Noi di Carrara siamo una razza fiera e dura da sottomettere, ma abbiamo un' anima candida come il marmo delle nostre Apuane.
Il maestrale che oggi increspa le onde e riempie l' aria piena di salmastro ti porti il nostro fortissimo abbraccio.
Staff carraraonline.com
Lasciate un saluto su il Blog dell' autore http://lacivettadispettosa.blogspot.com/
ricordi d\'infanzia in piazza Farini,prima della mia migrazione al nord!!!!
ricordi d\'infanzia in piazza Farini,prima della mia migrazione al nord!!!!
Carrara,la mia meravigliosa città,e devo dire che ho istantaneamente avvertito i profumi del mare in tempesta,del silenzio quasi fragoroso delle nevicate sulle vette delle mie Alpi Apuane,del mio monte Sagro,il profumo dei funghi e del tertufo di San Miniato...che dire...grazie per avermi riportato di qualche anno (quasi una vita)indietro nel tempo con queste meravigliose sensazioni.
Giulia
Since 2004
Da un'idea di PierBin
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