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Calende

Sempre più spesso la Protezione Civile lancia le cosiddette "allerte meteo" dove si invita la popolazione a prendere misure atte a proteggere cose e persone dalla furia degli elementi. Spesso però queste allerte vengono criticate, perchè non diramate, o diramate inutilmente. Questo la dice lunga sulla potente imprevedibilità della Natura, che neppure con la più alta tecnologia si riesce a capire.

Che tempo farà domani?
Per millenni, questo interrogativo è stato alla base della vita quotidiana d’intere generazioni di contadini, pastori, taglialegna, e carbonari, insomma, di tutto quel mondo rurale che ha permesso il progredire della razza umana nei secoli. Il saper rispondere a questa domanda con una buona approssimazione, era vitale, e rappresentava spesso la differenza tra un anno di abbondanza, o lo sprofondare nella più nera carestia. Così l’uomo cercò, osservando la natura, di cogliere quei segnali che potessero aiutarlo a capire il variare del tempo atmosferico, cosa non facile, che determinò naturalmente anche il ricorso alla magia, o alla superstizione. Questo metodo usato per millenni, è chiamato dagli studiosi odierni, Meteorognostica, ed era basato su osservazioni o addirittura su proverbi e credenze, tramandate di generazione, in generazione, ma prive di un qualsiasi riscontro scientifico. Tenendo conto che per un contadino antico, l’anno era composto di due soli periodi, quando era tempo bello, e quando era tempo brutto, erano molti i metodi di previsione meteo usati dagli agricoltori, che oltre che essere diversi per le metodiche, lo erano anche per il tempo della previsione, che poteva essere a breve termine, ad esempio per l’indomani, o per un lungo periodo, ossia la tendenza del tempo durante tutto l’arco dell’anno.
Anche se sembra impossibile da credere, queste antiche credenze sono rimaste in uso fino a pochi decenni fa, in primo luogo perché la meteorologia moderna era considerata necessaria solo in ambiti militari, quindi non divulgata alla popolazione, oltretutto penalizzata da una cronica carenza di Media. La previsione più comune, e che aveva più credito tra le genti del tempo, era fatta i primi dodici giorni del nuovo anno, nel periodo chiamato Calende. Secondo la tradizione dall’osservazione del tempo che faceva in quei giorni, era possibile determinare la tendenza meteorologica di tutto l’anno. Il tempo di tutto il mese, del giorno a esso corrispondente, sarebbe stato all’inverso del tempo fatto in quel giorno. Ad esempio; se il primo gennaio aveva piovuto, la gran parte del mese di gennaio sarebbe stato asciutto, o se il quarto giorno vi era stato il sole, tutto aprile sarebbe stato umido, mentre se nel decimo giorno si erano alternati sole e pioggia, ottobre sarebbe stato variabile. Vi era anche un’altro sistema, a metà strada tra magia, e superstizione religiosa; il rito della cipolla. Questo era effettuato nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, (chiaro riferimento alla nascita di Gesù, e al solstizio invernale) ed era molto semplice da eseguire. Si prendeva una cipolla dorata, e si toglievano dodici spicchi, che si ponevano sopra una tavola di legno. Al loro interno, era posto del sale, e si metteva il tutto fuori della finestra. Il mattino seguente si “leggeva” il risultato, ad esempio; se il sale si era sciolto nel terzo spicchio, marzo sarebbe stato umido, se invece il sale dentro il decimo, era ancora integro, ottobre sarebbe stato secco, e così via. Le osservazioni fatte in natura per secoli, però, avevano permesso di riconoscere quei segnali, spesso quasi impercettibili, del cambiamento del tempo atmosferico, permettendo così alla saggezza popolare di coniare detti e proverbi, che hanno, e avevano, un fondo di verità, come ad esempio; “marz mugnon i cav ‘l vec dal canton” (marzo muggente leva il vecchio dal cantone). Alle nostre latitudini era frequente che il mese di marzo, considerato quasi primaverile, avesse invece delle giornate di gelida e sibilante tramontana, costringendo così i vecchi ad abbandonare il cantone, ossia la rientranza del muro, il luogo più riparato dove godersi il tiepido sole. Alcuni però interpretano questo proverbio in modo più drastico, ossia, che il mese di marzo, specialmente in quelle giornate particolarmente fredde e ventose, sia il più favorevole alla dipartita dei vecchi, togliendoli così, definitivamente dal cantone. Altri come “sotto la neve pane, sotto l’acqua fame,” erano estrapolati dalla dura realtà del tempo, dove, mentre la neve sfaldando la terra favoriva lo spuntare del grano, l’acqua faceva marcire le sementi, con la conseguente carestia. Anche l’altezza e la direzione del fumo uscito da un comignolo, erano sufficienti per azzardare una previsione meteo per l’indomani. Si credeva che anche osservando il comportamento degli animali, fosse possibile prevedere il tempo, il comportamento delle formiche, il canto del gallo fuori tempo, le mosche più o meno fastidiose, erano letti come indicatori di bello, o brutto tempo. Agli inizi degli anni sessanta, con il miglioramento della situazione economica e sociale, fecero la loro apparizione i cosiddetti “ninnoli barometrici”. Il più famoso era sicuramente quello a forma di casetta di legno, con un omino, e una donnina con l’ombrello. Secondo chi usciva dalla casa, il tempo sarebbe stato soleggiato o piovoso. Questo meccanismo era molto semplice, un crine di cavallo, o una striscetta di cuoio igroscopica, compivano la magia. Fecero la loro comparsa anche delle statuine di gesso ricoperte da Cloruro di Cobalto, un sale che ha la caratteristica di cambiare colore, rosa umido, azzurro asciutto. Questo composto era altamente tossico, e cancerogeno, oltre che dannoso per l’ambiente, ma al tempo lo si ignorava.
Oggi le previsioni meteo sono fatte con l’ausilio di satelliti in orbita, di modelli matematici elaborati da potenti computer, in grado di eseguire migliaia di operazioni il secondo, con dati forniti da stazioni automatiche poste sulle cime delle montagne, e perfino nella vastità degli oceani. Però, nonostante tutta questa tecnologia, l’imprevedibile potenza della Natura, spesso accomuna l’uomo del terzo millennio a un contadino medievale, con l’identico interrogativo; che tempo farà domani?

Volpi Mario
Calende 2019
Quest’anno ci siamo voluiti cimentare nel trascrivere, e riportare le Calende.
Prima di tutto spieghiamo cosa sono. Com’è facile immaginare per secoli, il mondo rurale basava la propria sopravvivenza sulle bizze del tempo meteorologico, perciò al fine di evitare catastrofi come perdita dei raccolti per siccità o alluvione, era vitale conoscere in anticipo le condizioni meteo. Questa cosa è più facile a dirsi che a farsi, specialmente in un mondo dove non esistevano non solo i satelliti meteo, ma la stessa meteorologia non era neppure considerata una scienza. Ecco allora, nascere questo sistema, assolutamente empirico, con nulla di scientifico, ma forse perche verificato da innumerevoli generazioni, con un buon margine di affidabilità. In verità i metodi sono due, e variano secondo i luoghi, dove si devono fare le previsioni. Nell’Italia meridionale forse a causa della diversa latitudine, le Calende sono contate così:
Dal 13 al 24 dicembre le dritte, e dal 26 dicembre al 6 gennaio le rovesce, ossia la dritta prende in considerazione la prima quindicina del mese, e la rovescia l’altra.
Il sistema nostro invece è molto più semplice, e i vecchi contadini, come mio nonno, dicevano essere assai affidabile.
Si prendono in considerazione solo i primi 12 giorni del mese di gennaio del nuovo anno, e si guarda che tempo fa ogni giorno. Nel mese corrispondente al giorno, sarà esattamente l’opposto. Esempio 1° gennaio pioggia, mese di gennaio sereno, il 2° giorno di gennaio, mattino, sole, pomeriggio pioggia, il mese di febbraio sarà per la prima quindicina piovoso, e per la seconda bello, e così via. Questo metodo è rimasto in uso nelle nostre campagne fino a tutti gli anni sessanta.
Capiamo che oggi a noi, abituati ad avere le previsioni meteo in tempo reale sui nostri Smartphone, queste sembrino cose a metà tra superstizione, e leggenda, ma prendiamo il tutto come un gioco, verificare non costa nulla, e soprattutto, noi non temiamo di perdere il raccolto.
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