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L' eremita e la bestia

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L'eremita e la bestia
Una leggenda narra che tanto tempo fa sotto la Pania accade qualcosa d'inspiegabile.
Ad un tratto si fece buio… la grande piramide di pietra divenne nera… e dal quel gigante buono all' improvviso... tutto accade in un tempo brevissimo…
Era uno di quei giorni che si perdono lontani nel tempo, Fedro, pastore ed eremita, come di consueto era al pascolo con il suo gregge nel pianoro più alto.
Fedro era avanti negli anni ma era ancora un uomo forte e coraggioso, che alla vita non chiedeva niente di più di quello che avesse in quel momento.
Da giovane aveva lavorato al Monte dei Pegni in Via San Piero a Carrara, un lavoro fisso, al riparo dalle intemperie e ben remunerato.
Era figlio di Mastro Girolamo, gestore del Monte di Pietà di proprietà dei frati Francescani che gestivano anche l'Ospitale di Grazzano. Questa istituzione senza scopo di lucro aiutava la povera gente in difficoltà economiche, elargendo piccole somme di denaro in cambio di oggetti dati in pegno. Se l'oggetto impegnato  non veniva riscattato entro un anno era messo all'asta.
Forse fu proprio quel lavoro che l'aveva portato alla decisione di abbandonare tutto e tutti per ritirarsi tra i monti delle Apuane.
Fedro era un uomo intelligente e curioso, ansioso di conoscere cose nuove. Quando era giovane seguiva spessissimo Fra Pasquale, lo speziale, nelle sue passeggiate per boschi e valloni, alla ricerca di erbe officinali, o Fra Benedetto, il cerusico, grande esperto nell'incidere ascessi e pustole in uomini ed animali.
Anche se era molto competente nel suo lavoro al Monte dei Pegni, soffriva per la sua grande sensibilità, non sopportava il fatto di vedere così tante persone quotidianamente lottare in situazioni economiche al limite della sopravvivenza, senza poter fare nulla per alleviare le loro sofferenze, anzi, alcune volte era stato costretto ad azioni che la sua coscienza giudicava riprovevoli.
Per questo insieme di ragioni prese la decisione irrevocabile di diventare eremita.
Si ritirò in un piccolo alpeggio chiamato Il Puntato, situato a poche leghe dalla splendida Pania, la montagna che per la sua imponente bellezza, era considerata la "Regina delle Apuane".
Viveva in solitudine in una piccola cosa costruita con le proprie mani, con un piccolo gregge di pecore per sostentarsi e, al tempo narrato dalla leggenda, aveva dedicato la propria esistenza all'amore e alla contemplazione di Dio e del Creato, pregando e digiunando ed aiutando con il proprio sapere medico i pochi pastori e viandanti che passavano per Il Puntato.
Efeso era il suo cane,un randagio abituato a vivere nei boschi, Fedro lo aveva trovato agonizzante una sera all' imbrunire nella foce di Mosceta.
Era un cane giovane, forte, occhi neri,  manto rosso grigio e zanne aguzze come lame, sicuramente un incrocio tra un lupo e una cagna, proprio un bel animale.
Quando Fedro lo trovò i suoi occhi sembravano chiedergli aiuto, in altre occasioni avrebbero messo paura.
L'animale era stato morsicato alla zampa anteriore destra da una vipera.
Fedro con le sue competenze mediche capì subito cos'era accaduto, prese il coltello ed incise la carne della bestia, succhiò e sputò più volte il sangue dalla ferita.
Poi prese il fazzoletto che teneva al collo, fascio la zampa, prese in braccio l'animale e si avviò alla sua capanna senza che la bestia opponesse resistenza. Arrivati a casa lo adagiò su di una coperta vicino al suo letto, lavò delicatamente la ferita con acqua tiepida e la medicò con un decotto di lavanda e foglie di cipresso ed infine coprì il tutto con un panno asciutto. Quello che era in suo potere lo aveva fatto, ora la vita del lupo era nelle mani di Dio.
Fedro si mise a letto, stremato dalla lunga giornata passata in perlustrazione a cercare nuovi pascoli per il suo gregge e in un attimo si addormentò.
Al risveglio vide che la bestia non c'era più, la porta socchiusa gli fece capire che il richiamo della montagna era stato troppo forte e forse era meglio così. Si! Una bestia del genere non poteva rimanere legata a qualcuno.
Passarono gli anni e i giorni scorrevano tranquilli al Puntato, di tanto in tanto Fedro pensava a quel cane.
Poi tutto successe in un tempo brevissimo.
Il cielo che prima era azzurro si oscurò di colpo,  nuvole nere, minacciose avanzavano da sopra il crinale, una di loro sbucò da dietro il Pizzo delle Saette, assunse la forma di un mostro e scagliò un fulmine di inaudita potenza contro la vetta della Pania, un boato terribile fece tremare la terra.
Le pecore cominciarono a correre all'impazzata dentro lo stabbio, i loro belati spaventati si unirono al rumore delle rocce che dalla vetta della Pania iniziavano una corsa devastante verso valle travolgendo ogni cosa fosse sul loro percorso.
A  Fedro non restava che correre e cercare di mettersi al riparo in una corsa contro il tempo per evitare una morte certa.
A gran gola incitava le bestie a seguirlo per l'unica via di salvezza. Poco più avanti, rispetto alla sua casa, la valle si divideva in due e proprio sotto alla biforcazione c'era una grande grotta, che molte volte era stata il suo riparo da tempeste improvvise. Ecco quella forse era la salvezza.
L’uomo e le pecore corrono, manca poco, le rocce che rotolano stanno per raggiungerli, corrono ancor più velocemente, la meta è vicina, un ultimo salto assieme alle pecore e poi Fedro è al riparo dentro la grotta.
Una nuvola di polvere copre il Puntato, tutto si fa buio.
Ore dopo Fedro apre gli occhi, è quasi notte, attorno a lui pecore dilaniate sotto le rocce, il sangue disegna sulla parte un quadro di morte,  poi un forte dolore lo riporta cosciente.
Dalla mano destra dilaniata da una grossa pietra aveva perso molto sangue. Un grosso masso gli impedisce qualsiasi movimento della gamba destra.
Che fare!!!
Fedro sapeva benissimo  che di lì non sarebbe passato nessuno e che quindi era solo questione di tempo. Mentre rifletteva sulla sua vita, sulle sue scelte, sul perché non si era mai sposato e non aveva avuto figli, sentì un basso ringhio, si voltò di scatto ed incrociò gli occhi di Efesto.
Il cane al quale lui aveva salvato la vita anni prima era lì, gli si avvicinò e gli leccò la polvere dal viso, gli ululò qualcosa e poi di corsa sparì dalla sua vista.
Ormai Fedro sentiva che la fine era vicina e capì che quell'ultima immagine che aveva negli occhi appannati dalla morte, del cane che aveva salvato anni prima e che era venuto da lui in quel momento estremo era stata la cosa più bella della sua vita.
Poi Fedro si risvegliò, incredulo, dentro la sua capanna,  medicato e fasciato.
Ma come poteva essere successo tutto ciò?
Poi la porta si aprì di scatto, un anziano pastore che viveva dall'altra parte della collina gli portò del cibo e si sedette a fianco del letto ed iniziò a raccontargli di come il cane...
Da allora Fedro ed Efesto, l'eremita e il cane mezzo lupo, hanno passato gli anni a venire assieme.
Il cane mezzo lupo non ha più le zanne bianche ed affilate, Fedro è un vecchio ormai curvo sotto il peso degli anni che si trascina a fatica. Sono rimasti per tanto tempo gli unici esseri viventi del Puntato
Ancora oggi a distanza di secoli, si dice che in particolari momenti dell'anno, quando il tempo si fa scuro e le nuvole corrono veloci gravide di pioggia e tuoni sopra la foce di Mosceta è possibile vedere sulle pendici della Pania, un cane mezzo lupo di pietra arroccato sulla  Pania che scruta l'orizzonte.

PierBin e Mario Volpi
Marina di Carrara 26 maggio 2017
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