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La spiaggia dei gabbiani

Itinerari liguri

Pagaiando costeggio le falesie della parte settentrionale dell’isola. Queste coste rocciose così aride sono ricoperte alla loro sommità da quello che costituisce la macchia mediterranea: pini marittimi, corbezzoli, mirto, pini D’Aleppo. A tratti riesco ad individuare delle costruzioni militari del secolo scorso. Con la canoa rasento l’insenatura dall’acqua verde blu fino a Punta Mariella e poi alla grotta del Roccio. Una piccola spiaggia a ciottoli grigio rosa levigati dal mare con alte scogliere a picco sul mare da cui si intravede guardando in alto come un bordo di ginestre, mirti e lecci. Ancora un centinaio di pagaiate e arrivo all’insenatura di Cala Pozzale, piccolo borgo turistico dove tiro la canoa sulla spiaggia di ghiaia grigio nera di portoro e scendo sull’isola Palmaria. Lungo il percorso ci si imbatte in numerose cavità tra le quali la Grotta dei Colombi, all’interno della quale furono trovati resti umani e animali risalenti al paleolitico. Seguendo il sentiero sotto una bella pineta di pini d’Aleppo raggiungo la “spiaggia dei gabbiani”. Questi uccelli sono oramai i padroni assoluti di quella che una volta era una cava del prezioso oro nero dell'isola: il portoro. La mia presenza li rende cattivi e aggressivi, con i loro stridii minacciosi mi volteggiano a pochi metri dalla testa. Sono un intruso nel loro territorio, non mi aspettavo certo un'accoglienza calorosa ma non ero preparato a ricevere una tale manifesta ostilità, ma poi guardandomi attorno capisco..ci sono molti nidi, hanno covato da poco e vedono in me una minaccia per la loro prole. Nel cielo sopra di me è tutto un volteggiare di ali bianche che si stagliano nell’azzurro. Capo dell'isola è un luogo fantastico, surreale, affascinante; quel lembo di roccia che muore in mare davanti all’isola del Tino fa sognare avventure di mare, di pirati, di tesori nascosti. L’estremità della punta è  quasi completamente senza vegetazione, c'è solo un grosso albero di fichi  e tra i resti di gru e i ruderi delle abitazioni degli operai  spicca il giallo delle ginestre come un mazzo di fiori sopra una tavola spoglia. Un canale di circa 100 metri mi divide da Tino, peccato che un quel tratto il mare quest’oggi è agitato, così decido di non rischiare rimandando la piccola circumnavigazione a condizioni migliori del mare.
Completare il giro della Palmaria passando dalla costa ovest oggi non vale la pena, non mi godere le numerose grotte che quel versante dell’isola regala. A malincuore risalvo sulla canoa e a ritroso ripercorro la costa est fino ad arrivare all’insenatura Terrizzo dove resti in pietra  di abitazioni sparsi tra una rigogliosa vegetazione di palme, pini, mirti, lecci, lentischi e cisti sono un’attrazione irresistibile. Tiro in secca la canoa e mi avvio in quella parte dell’isola.
Il giro dell'isola continua con : Forse non tutti sanno che .....
La Palmaria.
Nell’antico dialetto ligure-celtico le cavità erano chiamate Balme, da cui derivò l’oramai scomparso Balmaria e, infine, Palmaria. Le più note di queste grotte sono, sul versante occidentale, la Grotta Azzurra e la Grotta Vulcanica che toccheremo più avanti. La superficie dell’isola è di 6,5 Km quadrati, un triangolo di rocce  ricoperto dalla tipica vegetazione mediterranea con qualche abitazione nel piccolo borgo del Terrizzo, alcune  costruzioni sparse qua e, una basa militare a scopo difensivo. Fu abitata fin dalla preistoria e poi venne colonizzata dai romani che vi coltivarono sia l'ulivo che la vite e nel VI° secolo fu sede dell' importante monastero di San Giovanni Battista. Nel XVI secolo la Palmaria come gli isolotti vicini furono scelti dalla comunità di monaci eremiti che desideravano allontanarsi dalla società e dalle comodità per portare avanti il loro percorso di vita. Di queste testimonianze rimangono solo dei ruderi nell’isola del Tino. Ancora oggi si possono ammirare le fortificazioni della Batteria Semaforo, il Forte Cavour e il Forte Umberto I che fino agli anni 50 è stata un carcere. ( vi invitiamo a periplo della Palmaria per vedere le fortificazioni ). L’isola è un trionfo della natura, nell’entroterra si trovano mirti, corbezzoli, orchidee selvatiche, pini ginestre e una quantità di arbusti. Girando dall’insenatura del Pozzale verso ovest si trovano le dismesse cave del prezioso Marmo Portoro a strapiombo sul mare già sfruttate in epoca romana. Una curiosità: alla fine degli anni Sessanta sull’isola fu importato un numero così sconsiderato di gatti che avevano invaso La Spezia che, ancora oggi, si dice i “gatti della Palmaria”. Ci saranno anche tanti mici ma a me è venuta dietro una capra .
Il Tino.
 
La superficie dell’isola del Tino è interamente riservata a zona militare e sulla sua sommità si erge un faro della Marina Militare. L’isola è visitabile  solo il 13 settembre in occasione della festa di San Venerio patrono del golfo e dei faristi. In quella ricorrenza si può accedere all’area sacra dove vi è una piccola chiesetta, alla vecchia casa matta oggi adibita a piccolo museo e l’edifico del faro. Sull'isola nel luogo di sepoltura dell’eremita Venerio nativo della Palmaria sorge l'antichissima abbazia a lui dedicata. In seguito la costruzione sacra venne trasformata dai monaci Benedettini nel XI secolo e il complesso venne poi abitato e  abbandonato dai successivi monaci Olivetani nel XV secolo. Oggi il complesso è sede del museo archeologico dove sono conservate anfore e monete romane e manufatti dei monaci. Di questa testimonianza medioevale  oggi rimangono visibili la facciata della chiesa, i muri perimetrali e i resti del chiostro in stile romanico. Su l’isola si trova anche un monumento sepolcrale eretto in onore al santo ma privo dei resti mortali. Le sue spoglie sono conservate nella chiesa dei Santi Pietro e Prospero di Reggio Emilia. A 17 miglia a sud dell’isola alla profondità di circa 400 metri giace il relitto di una nave romana del II secolo a.C contente anfore vinarie di tipo greco-italico. Su l’isola vive una specie autoctona di geco, un minuscolo rettile privo di tubercoli sul lato dorsale, questo geconide (Phyllodactylus europaeus ) vive solo in altri pochissimi posti.
Il Tinetto.
 
ll Tinetto, è poco più di uno scoglio, si trova a poca distanza dal Tino ed è privo di vegetazione arborea, mentre sono presenti arbusti tipici della macchia mediterranea. Nonostante le ridotte dimensioni e il suo disagevole territorio sono ancora presenti tracce di comunità religiose. Nella parte occidentale si trovano i resti di un piccolo oratorio risalente al VI secolo, mentre verso est si trovano i resti di una chiesa a due navate  costruita in varie fasi sino all’XI secolo e distrutta definitivamente dai saraceni. Su l’isolotto vive una specie endemica rarissima, la lucertola muraiola del Tino.
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