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Un eroe avenzino

Mare Apuano


Spetta Le Redazione
Sono venuto in possesso di una notizia ricavata dal giornale di bordo di una goletta la "Sirena" che nel 1761, al largo della costa Pugliese, fu attaccata da una nave pirata. Solo l'eroico comportamento del secondo la salvò dal disastro, ma questa azione costò al giovane la vita. Questo ufficiale era nativo di Aventia l'attuale Avenza, si chiamava Romeo o Romero Vatteronis (Il carteggio è molto deteriorato). Io ho un po romanzato l'avvenimento, perchè manca la descrizione di come sia avvenuto il salvataggio. Questo a dimostrazione di come la marineria," carrarina" sia stata per secoli protagonista nel "mare nostrum" e non solo.

Un eroe … avenzino!!!
La notte, quasi con riluttanza, lasciava spazio al nuovo giorno. Le stelle, ora hanno la brillantezza tremolante di un moccolo di candela giunto alla fine, la luna, appare sempre più pallida, quasi fosse stanca della notte passata a rischiarare quei placidi flutti. Ritto sul cassero della “Sirena”, Romeo era assorto nei suoi pensieri, mentre l’affilata prua della nave solcava le acque del Mediterraneo, che, dopo il nero notturno, riprendevano il turchese naturale. Un leggero grecale, regalava all’imbarcazione una veloce andatura al giardinetto, che il timoniere, sotto le sapienti correzioni ordinate da Romeo, agevolava magistralmente. Romeo era nato ad Aventia, nell’anno del Signore 1732, il giorno e il mese, non erano stati importanti per i fraticelli che in quella buia notte piovosa, lo avevano trovato piangente, avvolto in miseri stracci sotto il portone del loro Convento. Pur nella sfortuna Romeo era stato fortunato, perché ad Artemio, il pescatore, serviva un apprendista, e così, non solo trovò una famiglia, che gli diede addirittura il loro cognome, Vatteronis, ma anche un lavoro, che a poco a poco, dopo tante rinunce e sacrifici, a soli ventinove anni, lo aveva portato a essere secondo sulla Sirena.  Questa era una veloce goletta di proprietà di un gruppo di mercanti pisani, trasformata per fare il piccolo cabotaggio sulla costa tirrenica, trasportando dal marmo, alla pirite, dall’olio, agli ortaggi. Dai ponti inferiori, erano stati rimossi i cannoni, per fare posto alla merce, rinforzando le varie coperte, con del solido castagno toscano. Il suono della campana che annunciava la fine del suo quarto di guardia, lo distolse dai suoi pensieri, proprio mentre il Comandante, saliva in plancia. Dopo il saluto e il passaggio di consegne, Romeo si diresse verso il suo alloggio, era veramente stanco. Appena coricato su l’amaca, non ebbe neppure il tempo di chiudere gli occhi, che udì l’imperioso suono di “posto di manovra”. Si precipitò sul ponte, e vide il Comandante che stava scrutando con un cannocchiale un brigantino che avanzava veloce da babordo. “ Ha la bandiera genovese” disse il Comandante, passando lo strumento a Romeo, “ma non mi convince, sono troppo veloci per avere un carico a bordo, e poi, puntano dritti su di noi!” Romeo vide attraverso il cannocchiale, aprirsi i boccaporti dei cannoni sulla murata di dritta, e istintivamente urlò un ordine, ” timoniere tutta la barra al traverso! Signore sono pirati, stanno per fare fuoco di bordata! ” La Sirena come se avesse urtato un invisibile muro, vibrò in tutte le sue giunture,  scricchiolando e gemendo, la propria disperazione, poi di colpo, s’inclinò pesantemente su un fianco, e come un puledro imbizzarrito, scalciò in un violento beccheggio, e virò di bordo, bloccando la sua corsa. La manovra fu talmente rapida e violenta che il pennone di bompresso quasi toccò il mare, poi dopo una forte rollata, la nave si raddrizzò, ma questa volta la prora era sottovento. In quel preciso momento, la murata del brigantino parve avvampare di fumo e fiamme, subito dopo, pezzi del trincarino di poppa della Sirena, volarono in pezzi, seguiti da un rombo assordante, e dal sinistro fischio delle palle che cadevano in mare, sollevando alti spruzzi di spuma. La disperata manovra di Romeo aveva evitato che il devastante fuoco dei dodici cannoni del brigantino pirata, colpisse in pieno la Sirena. Una sola palla era andata a segno, uccidendo sul colpo il timoniere e il Comandante. Romeo si sollevò dal ponte dolorante, e semintontito, un grosso squarcio si era formato tra il trincarino, la coperta, e un pezzo della paratia esterna, la palla era passata attraverso tutto il cassero, per poi uscire dall’altra parte, sfondando un pezzo della tuga, ma per fortuna la barra del timone era intatta. Si rese subito conto che il Comandante era morto, e così urlò “Nostromo, il Comandante è morto prendo io il comando, manda su un altro timoniere, tutti i gabbieri a riva, i cannonieri ai pezzi da caccia e in ritirata, presto!” La Sirena, aveva solo due cannoni da otto libbre, a prora, e altri due a poppa, non si poteva certamente competere con il pesante armamento dei pirati, ma avrebbe venduta cara la pelle, pensò Romeo. Intanto per togliere ogni dubbio, il brigantino aveva ammainato la bandiera genovese, per issare quella tristemente famosa con il teschio e le tibie incrociate. Sotto i secchi ordini del nostromo i gabbieri erano saliti agilmente sulle sartie dell’albero di trinchetto e di maestra, e aspettavano gli ordini dalla coperta, sfidando i colpi di moschetto che ogni tanto passavano sibilando tra il sartiame. “Sciogliere i fiocchi di prora, ” urlò Romeo, ” tutte le vele al vento, timoniere, punta la prua, contro la prora dei pirati” Il giovane ufficiale sapeva bene che era letale per la Sirena esporsi in parallelo, alle murate pesantemente armate del brigantino, così decise di puntare direttamente contro la nave, facendo fuoco con i cannoni di prora. “Cannonieri di prora, pronti al mio ordine, caricate a mitraglia e puntate al cassero, cannonieri in ritirata caricate con palle incatenate, puntate all’alberatura e aspettare il mio ordine”. Poi si rivolse al timoniere e disse” ascoltami attentamente, tutto sta nella velocità della manovra che andremo a fare, ascolta il mio ordine ed eseguilo più in fretta possibile” “sissignore” rispose pallido il giovane timoniere. “Gabbieri di trinchetto, pronti a cambiare mura alla randa” urlò Romeo al nostromo che prontamente fischiò l’ordine, “pezzi da caccia … Fuoco!”. Con un rombo assordante, una micidiale scarica di mitraglia, si abbatté d’infilata sul brigantino pirata, che non si aspettava una simile reazione da quella che credeva una vittima inerme, uccise il timoniere e l’ufficiale che gli stava accanto, prima di abbattere anche due gabbieri che erano sul sartiame. Per un secondo, la nave pirata rimase senza controllo, era quello l’attimo che Romeo aspettava. “Timoniere orza tutto a dritta, gabbieri cambiare mura alla randa, pezzi in ritirata pronti” La Sirena quasi si fermò, dopo essersi pesantemente inclinata sul fianco, si girò quasi completamente, mostrando la poppa alla nave pirata, poi, con il vento in favore riprese velocità, “pezzi in ritirata … fuoco!” Urlò il giovane ufficiale. I massicci bronzi di poppa tuonarono all’unisono, e l’effetto fu devastante; l’albero di maestra dell’imbarcazione pirata centrato in pieno, si spezzò all’altezza del fuso di parrocchetto, cadendo sul ponte, e trascinando rovinosamente con sé, la velatura e i pesanti bozzelli, strappando tiranti e sartiame, uccidendo nel crollo parecchi pirati. Il brigantino perse di colpo il suo slancio, e rimase a cullarsi sulle onde come un’anatra ferita. Un grande “Urrà” si levò dalla goletta, mentre il giovane ufficiale dopo essersi appoggiato pesantemente al tavolo da carteggio disse” nostromo cazzare la randa, tutte le vele a …” ma non riuscì a terminare la frase, un fiotto di sangue gli uscì dalla bocca, gli occhi divennero improvvisamente fissi, e lentamente si afflosciò, cadendo pesantemente sul ponte, morto. Il nostromo nel soccorrerlo, si accorse che sul costato, all’altezza del cuore, era conficcata una grossa scheggia di legno. Colpito anche lui dalla prima salva del brigantino, sapendo di essere l’unica via di salvezza per la nave e l’equipaggio, continuò stoicamente a impartire ordini, ignorando il dolore, e la copiosa perdita di sangue, fino a quando, il suo cuore generoso cedette di schianto.  Grazie al suo eroismo ma soprattutto alla sua abilità marinaresca, equipaggio, nave e carico, erano salvi, passando così alla storia non come un umile trovatello, ma da eroe: un eroe avenzino!
Mario Volpi
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