Le origini perdute - carraraonline.com

Vai ai contenuti

Le origini perdute

Caprione
Ciao Amici, per gli amanti della lettura proponiamo “ Le origini perdute “ un raccontino diviso in tre capitoli ambientato nella Luni antica.
Di PierBin & Aine
Tra realtà e fantasia
Luni 199 a.C
Capitolo I - "L'approdo"

Con la sua nave Aron scendeva lungo la costa, il mare cantava dentro le grotte, insenature spendenti come conchiglie si succedevano in quel promontorio ammantato di verde che si calava a precipizio nell’acqua. Il mare era lucente come le spade dei suoi quarantotto guerrieri, oltrepassata la candida scogliera bianca la drakkar entrò nell’insenatura verdastra della Magra. La luna in cielo era una perla e la sua luce faceva risplendere le montagne bianche, poderose che si stagliavano irte verso il cielo. Da sopra la prua la sentinella scorse le mura della splendida città di Luni dedicata alle dea Luna, poi scese velocemente e si precipitò a riferire dell’avvistamento ad Aron che ritto sulla poppa ordinò subito di ammainare la vela e ai rematori di prendere posizione. I colpi precisi e ritmati delle pagaiate facevano scivolare la nave silenziosamente in quell’acqua ora bluastra come il petrolio. Il capitano fece segno di rallentare e di accostare la nave nell’ansa destra e di ormeggiare con le gomene la drakkar. Chiamò a se cinque dei suoi uomini migliori e scesero a terra per studiare l’assalto. In quel terreno morbido e paludoso le loro calzature di cuoio affondavano fino alle ginocchia rendendo faticoso l’ avanzamento, a carponi riuscirono ad arrivare a ridosso di grossi pioppi, e da li in mezzo alla pianura videro la splendida città che si affacciava sulla Seccagna. Navi romane erano a protezione del porto, mentre l’entrata principale subito dietro era sorvegliata a vista da molte guardie. Alte mura la circondavano alle spalle come un mantello di volpe, la luna faceva risplendere l’anfiteatro, il foro con le statue e le colonne, il teatro e le domus.
Dopo qualche minuto di riflessione con gesto della mano destra il vichingo ordinò agli uomini di gettarsi nel fosso che spartiva la piana in due. Senza proferir parola i guerrieri a carponi entrarono nell’acqua, le canne e i rovi coprivano le loro mosse e strisciando come serpi avanzavano nella notte apparentemente quieta. Nel frattempo stretta fra le nuvole plumbee la luna scomparve e le stelle che fino a poco prima brillavano come candele si spensero, nella pianura regnava il buio, il silenzio, la paura. Ad un tratto Aron bloccò gli uomini dietro di lui, il sentiero d'acqua li aveva condotti sul lato est della città. Le mura erano distanti all’incirca quattrocento passi ma li vicino si ergeva una costruzione alta circa 10 braccia e larga 5 sorvegliata a vista da due corpi di guardia armati di gladio composti da cinque uomini ciascuno. L’ingresso era sbarrato dalle aste incrociate da quattro maestosi centurioni che piantonavano l'ingresso. Aldilà della via c’era un anfiteatro. Aron era pensieroso, accovacciato a ridosso dell’argine si chiedeva cosa ci fosse di così prezioso la dentro per essere sorvegliato a vista da molte guardie. In cuor suo sapeva benissimo che con i suoi quarantotto uomini nulla avrebbe potuto contro la guardia armata della città. Dopo un attimo di riflessione la sua faccia da mastino parve deformarsi e negli occhi si accese una luce di follia, si voltò allora verso i suoi uomini e con voce autorevole, fredda e perentoria sentenziò : “torniamo alla nave”, gli uomini lo guardarono increduli, sbigottiti ma poi egli aggiunse: “ tra tre ore torneremo e assaliremo la costruzione, quel luogo sembra essere molto importante, sicuramente troveremo un ricco bottino”.
Le origini perdute
Capitolo II - Sepolcro Sacro

Un lungo si di soddisfazione ruppe il silenzio della notte, per il solito percorso raggiunsero la nave. Nell’attesa scolarono rum e fumarono oppio. Arrivata l'ora Aron impartì l'ordine a dodici uomini di rimanere a guardia della nave e agli altri di seguirlo. Quando furono nei pressi della costruzione li divise in quattro gruppi da nove uomini ciascuno.Due gruppi si divisero, uno a sinistra a sbarrare la strada verso la città e un altro a destra a bloccare la via di fuga. Una formazione prese posizione con archi puntati a protezione dell’ultima squadra che protetta dagli scudi era pronta con le spade sguainate al segnale di attacco frontale corpo a corpo. Tutto era pronto, l’azione doveva essere rapida, fulminea per non lasciare il tempo a nessuno di lanciare l’allarme. Le prime tinte dell’alba si intravvedevano dietro la montagna sacra, tuttavia l’oscurità era ancora profonda e una coltre nebbiosa scese sulla pianura. Nella notte buia e silenziosa la civetta cantò due volte, e l’attacco ebbe inizio. Quello era il segnale lanciato da Aron. Nel corpo a corpo protetti da cascate di frecce lanciate contro le guardie i suoi uomini si muovevano come puma nelle file nemiche agili, precisi veloci, le loro spade si conficcavano nella carne come affilati artigli. L'erba verde in quel quadrato della valle lunense poco a poco si tinse di rosso. I guerrieri dai lunghi capelli stretti sulla nuca per non ostacolare il combattimento, il corpo dipinto coperto da pelli, brandivano spade assetate di sangue, sui loro scudi era disegnata una luna.
Frecce,giavellotti e mezze picche raramente non trovavano bersaglio, fu un attimo, quei guerrieri assetati di sangue in preda alla follia niente e nessuno avrebbe potuto fermarli, la guardia romana colta di sorpresa affogò nel proprio sangue. Una biga trainata da due cavalli neri lanciata verso la città fu braccata, bestie e soldati non ebbero nemmeno il tempo di emettere un gemito, un lamento, furono sgozzati senza pietà all’istante.
Nessuno si accorse di nulla, un denso silenzio si impossessò del luogo, mentre un roco lamento del vento si alzò all’improvviso quasi a voler spazzare via le tracce di quei dieci minuti di pura follia. I soldati di Aron come da ordine precedente si riunirono davanti al mausoleo, gli occhi del capo freddi come quelli dell' aquila si posarono sul gruppo ora decimato e stremato, all’appello mancavano nove uomini, ma ora non c’era tempo per pensarci, bisognava entrare all’interno della costruzione in pietra e velocemente. A breve ci sarebbe stato il cambio della guardia e a quel punto loro dovevano aver salpato l’ancora. Aron si chinò sulla guardia riversa a terra con le interiora di fuori e dalla sua cintura prese la grossa chiave del cancello. Infilatala nella serratura dopo sei mandate il chiavistello scattò , la pesante porta si aprì ed entrarono. Due torce laterali illuminavano un altare in marmo bianco e grigio con sotto un sepolcro in pietra e una spada appesa alla parete, in quell’unico ambiente non c’era nient’altro. Ammutoliti e delusi sfogarono la loro rabbia dando calci sulla lapide senza nome che era al centro della sepoltura sacra.
Le origini perdute, terzo e ultimo capitolo
Le due facce.


Il piccolo pezzo di marmo cadde riverso a terra e dietro rivelò un graffito. Aron portò la luce tremola della torcia sul disegno e illuminò una spada e una testa di donna dalle due facce: una vecchia e una giovane.
“Quello è il nostro tesoro” esclamò Aron indicando la spada appesa alla parete con l'indice della mano sinistra. “ Prendiamola e tagliamo la corda prima che questo posto diventi la nostra tomba”. Veloci come il vento abbandonarono la pianura e raggiunsero la nave. “ Salpate l’ancora, mollate le cime, remate, remate” e mentre il drakkar silenziosamente si allontanava dall’insenatura Aron ritto in piedi si voltò verso la città della Luna e fiero alzò la spada al cielo.
“Issate la vela, torniamo a casa”, esclamò. Mentre un bagliore di fuoco spuntava dalle nude montagne, la nave scomparve dietro la roccia bianca e puntò la prua verso l’immensità del Mediterraneo. Il maestrale gonfiava la vela bordeaux quasi fino a strapparla, la chiglia incideva il mare lasciando dietro di se una lunga scia bianca e la prua a forma di drago fendeva l'aria.
Aron e i suoi uomini dovevano allontanarsi il più possibile dalla costa.
In quell’agreste pianura ora neri corvi pasteggiavano con i corpi delle guardie uccise e le vele romane erano già alzate al loro inseguimento. Navigarono tutto il giorno senza sosta, mentre il cielo iniziava a trascolorare e il disco rosso del sole a scomparire all’orizzonte giunsero presso le coste francesi e al largo gettarono l’ancora e si misero a esaminare la spada. Il vichingo, accerchiato dalla ciurma con la lanterna protesa in avanti squarciava l’oscurità, poi portò il bagliore della fiamma sulla lama e nel cerchio di luce apparve lo stesso graffito che era inciso sulla lapide nella città di Luna. Aron ammirò la spada compiaciuto, il suo sguardo era fisso su quelle due facce scolpite sulla lama, poi protese la preziosa arma al guerriero più anziano che la esaminò. Avvolto nel suo mantello bianco con i suoi venerabili 70 anni osserva senza proferir parola l’incisione. Capelli spruzzati di grigio lunghi e lisci scendevano oltre le spalle ai lati di quel viso macilento e scarno.
Dopo aver scrutato con attenzione estrasse dalla borsa in pelle d’orso che aveva legato alla cintura la pietra nera screziata di sangue a forma di drago e la sfregò sulla lama, poi girò l’arma di 180° gradi, in quell' istante trasalì: quella che sembrava essere la faccia di una donna celava quella del loro dio Odino. Socchiuse gli occhi s’ irrigidì quasi fosse paralizzato, sbiancò, sotto la luce del plenilunio divenne pallido come uno spettro e con voce aspra sentenziò:
"Questa è la spada che il nostro popolo cercava da tempi remoti, questa è la spada che Odino diede al nostro primo re, sparita in circostanze misteriose e che credevo perduta per sempre. Guardate: la faccia giovane che vi è incisa rappresenta la nascita e quella vecchia la morte e ora si è tramutata nel volto di Odino."
A quel punto un grido squarciò la notte, spade, scudi e picche si levarono al cielo, i guerrieri erano ormai sicuri che grazie a quella conquista sarebbero entrati nel Valhalla.
Poi l'anziano mostrò la spada ad ogni guerriero, che in segno di gratitudine e rispetto gli passò la lingua sul palmo della mano sinistra.
Ora non restava altro che puntare la prua verso la via del nord. Ketrop, la loro baia racchiusa tra alte montagne verdi li attendeva per una lunga notte di ringraziamenti e sacrifici.

Scritto da Pierbin & Aine
M di C - XXI – XI - MMXVIII
N.B
Si precisa che i testi qua riportati sono di proprietà di CarraraOnline.com e di Com aler bela marina, è vietata la riproduzione in altri gruppi SENZA L'AUTORIZZAZIONE.
2 commenti
Voto medio: 125.0/5


CarraraOnline
2019-01-05 09:14:42
Grazie del comento Signor Gualtiero, purtroppo non abbiamo le conoscenze storiche precise del periodo, abbiamo voluto attirare l’attenzione su quello che è chiamato mausoleo ( tomba o faro? ) e che a nostro avviso ci sembra una costruzione lasciata un po’ in disparte. Se fosse possibile, ci piacerebbe ricevere informazioni al riguardo.
Cordiali saluti Stefania Aine
Staff CarraraOnline.com “Nella Pietra le sue Radici”
prof. Gualtiero Torriani
2019-01-02 12:50:12
Sono stato docente di Storia antica all'Università di Roma e pur apprezzando questo breve racconto ho notato alcuni grossolani errori forse dovuti alla foga letteraria dell'autore. Comunque ricordare le nostre antiche origini è sempre positivo. Saluti cordiali, Prof. Gualtiero Torriani
Since 2004
Da un'idea di PierBin
Torna ai contenuti