La Storia della Z.I.A. ZONA INDUSTRIALE APUANA - Dalla sua nascita 1938, ai giorni nostri 2014. - carraraonline.com

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La Storia della Z.I.A. ZONA INDUSTRIALE APUANA - Dalla sua nascita 1938, ai giorni nostri 2014.

STORIA

La Zona Industriale Apuana (istituita a fine 1938 con R.DL 24 luglio 1938 n. 1266, convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 343, per alleviare la crisi, venuta a seguito di quella internazionale del 1929/34, che aveva duramente colpito l'allora fiorente industria del marmo). La produzione nella Z.I.A. ebbe inizio soltanto nel 1942.
La Zona Industriale Apuana (Z.I.A.) è un territorio di circa 822 ettari, dei quali circa 550 destinati ad attività produttive, posizionato a cavallo dei due comuni di Massa e di Carrara, a breve distanza dal mare, in posizione baricentrica rispetto al confine tra i due centri urbani, e da oltre settant'anni rappresenta la maggiore concentrazione produttiva della provincia di Massa-Carrara.
Il suo perimetro è storicamente definito in forza di una legge dello Stato (D.L. 24 luglio 1938, n. 266, i cui contenuti sono richiamati e ribaditi nel successivo D.Lgs. C.P.S. 3 aprile 1947, n. 372, istitutivo del Consorzio per la Zona Industriale Apuana).
La Z.I.A. è temporalmente uno dei primi esempi italiani di dirigismo economico nella creazione di aree  produttive attrezzate.  Lo scopo di fondo della sua realizzazione fu quello di offrire alla popolazione apuana occasioni di lavoro alternative al settore marmifero, che alla metà degli anni Trenta versava in una crisi  profonda, rappresentando, assieme a un' agricoltura di  sussistenza,  la principale fonte di reddito del territorio.
Attualmente  operano nella Z.I.A. circa 600 imprese, prevalentemente PMI, nei più svariati settori,   con prevalenza per il meccanico-metalmeccanico e  per le lavorazioni lapidee, per un'occupazione complessiva di circa 9.000 addetti.
L'area è attraversata dalle principali linee di comunicazione Nord-Sud - ferroviarie, stradali e autostradali - che interessano la fascia costiera occidentale del Paese, ed è contigua ad alcune fra le più importanti strutture portuali e aeroportuali del  Centro Italia (Genova, La Spezia, Pisa, Livorno, Firenze).
Completamente urbanizzata, è dotata di una propria area retroportuale, in corrispondenza del  Porto di Carrara S.p.A. che le compete territorialmente.
Sono compresi nell’area la Strada Statale nr.1, Aurelia che l’attraversa tutta,  il Casello Autostradale di Massa, della stessa stazione, funzionante, con la Stazione Ferroviaria Massa Zona Industriale per le merci, ora in disuso ed abbandonata tra ciò che rimane della palazzina direzionale con uffici, tutti gli scambi, i vari binari, raccordi verso le grandi ditte e con il Porto, ecc. : vera emblematica tomba! Esiste soltanto, attivo, un doppio binario che attraversa tutta la lunghezza, a ridosso di un alto interramento, quasi una collina, relativo alla linea Sarzana-Pisa. Un immenso spazio quasi abbandonato, senza  protezioni per la linea in uso.
Per il quinquennio 2012-2017  viene rinnovato quale Ente Pubblico Economico, con la nomina del Consiglio di Amministrazione il 28 Gennaio 2013 per il Consorzio  Zona Industriale Apuana, sede in Massa via degli Unni, direttore, rag. Cesare Ugolotti.
La crisi a Carrara raggiunse tutte  le  aziende, con l’esclusione, a Marina, del Porto, dove sino al 1935 tirò avanti alla meno peggio, sino a quando negli anni di occupazione tedesca,  quelli della Whermatch incendiarono e  fecero saltare le poche attrezzature portuali, i tre pontili in legno, reclutando materiale e  mano d’opera per il trasporto  nel Terzo Reich, di quanto riuscirono a razziare, lasciando il Porto irriconoscibile ed  inagibile. Dove non riuscirono a raggiungere le postazioni, lo fecero cannoneggiare dalla Punta Bianca.
Per accontentare i due gerarchi del fascismo locale, Osvaldo Sebastiani di Massa e Renato Ricci di Carrara, la zona industriale si  insediò in un territorio che ricade per metà nell’attuale Comune di Massa  e per metà nel Comune di Carrara. L’elemento che avrebbe dovuto essere unificante, il Consorzio della Zona Industriale, è stato ben al di sotto dei suoi compiti.
L’idea partì dal segretario particolare di Benito Mussolini, certo dott.Osvaldo Sebastiani, (Ceccano, 2 agosto 1888 – Passerano, 1944), che pensava alla costruzione di uno stabilimento che fornisse parti di ricambio per le Ferrovie dello Stato, proprio vicino alla stazione di Avenza.  Nel libro di Franco Frediani sulla vita del segretario del Duce, l’autore dichiara: “didascalia” sulla foto di copertina, che lo ritrae col Duce: “protettore di Massa”.  Sì, perché, anche se il suo nome ufficialmente non compariva mai fu, assieme a Renato Ricci, il vero fautore e artefice della nascita e realizzazione della Zona Industriale Apuana, rimasto poi fedele al Duce, quale Presidente della Corte dei Conti a  Brescia.  Ciò poteva rientrare anche in un’economia autarchica, voluta dal fascismo, ma prevalse il progetto della costruzione di un’intera Zona Industriale, che tale installazione avrebbe partecipato alla rivoluzione nazionale in atto  in quel periodo, come avevano  partecipato con l’industria marmifera cento anni prima alla rivoluzione europea.
Nell’entroterra apuano fu creata la Zona Industriale Apuana, e la dicitura “Apuania” fu voluta da Renato Ricci  (Carrara, 1º giugno 1896 – Roma, 22 gennaio 1956)  che incaricò il segretario particolare di Mussolini, Osvaldo Sebastiani, naturalizzato massese,  ma nacque a Ceccano (allora provincia di Roma poi Frosinone).  Sposato a Massa con Elisa Brugnoli, figlia di Alfredo Brugnoli già sindaco della città.  Brillante carriera sino a ricoprire la carica di Segretario Particolare del Duce negli anni dal 1934 al 1941, e collaborò assieme a Renato Ricci, che lo incaricò di occuparsi di tale organizzazione.  (Ricci, il vero fautore e artefice della nascita e realizzazione della Zona Industriale Apuana).  Osvaldo Sebastiani  morì nel 1944 a  Passerano, dove si era trasferito: un gruppo di partigiani lo prelevò dall’abitazione e lo giustiziò col classico colpo di pistola alla nuca. Renato Ricci, dopo aver programmato sin dal 1927 il famoso obelisco Mussolini eseguito in un unico blocco di marmo, trasportato con “lizzatura”, dalla cava di Carbonella, nella conca di Ravaccione, sopra Torano, al Porto di Carrara ed imbarcato su di uno speciale “pontone” denominato “Apuano”, costruito a La Spezia e destinato alla foce del Tevere a Fiumicino. Da qui, giungendo a Roma il 6 maggio 1932 ed inaugurato il  29 ottobre 1932 con monolite ed innalzamento affidato da Ricci all’architetto Costantino Costantini in occasione del decennale della Marcia su Roma, e destinazione nel “Foro Mussolini”. «L’obelisco è il più grande blocco marmoreo che mai sia venuto alla luce dalle viscere della terra, ed è costato lire 2.343.793, oltre a mezzo milione per la cuspide di oro puro del peso di kg. 32, indispensabile a proteggerlo contro le insidie del tempo».  (Renato Ricci nella relazione a Mussolini). La cuspide in oro andò perduta nei convulsi giorni che seguirono la caduta del fascismo in Italia, il 25 luglio 1943.  Trenta due chili d’oro   . . . spariti nel vento!
A guerra ormai ultimata, Renato Ricci, poté scampare all'arresto grazie alla notizia del suo suicidio, diffusasi tra i partigiani: catturato in giugno fu condannato due volte a trenta anni di detenzione, ma nel 1950 uscì dal carcere grazie all’amnistia di  Togliatti.  Successivamente si occupò di affari con la Germania e, nel 1954, divenne vicepresidente dell' "Associazione Combattenti della RSI".  Morì a Roma nel 1956.
Il piano Sebastiani, procedette speditamente ed  il 24 luglio 1937 fu promulgato il decreto legge, seguito dalla legge vera e propria il 23 marzo 1940 : si diede avvio a tutte le opere di strutturazione, sistemazione dei terreni e regolarizzazione idrica prelevata  dal canale lunense, opera del carrarese Cherubino Binelli, delimitazione dalla parte della zona chimica (delimitata tra il Carrione e  Ricortola), e di quella dell’industria meccanica, oltre Ricortola fino al Frigido. Ci si preoccupò di creare in questa zona un centro ferroviario, istituendo la Stazione Ferroviaria, Zona Industriale di Massa, collegata con tutti gli stabilimenti creati nell’ampio comprensorio (si vedono ancora alcuni tronchi di binari lungo questi tragitti, abbandonati, tanto nella zona Porto che lungo la via Dorsale). Le agevolazioni fiscali concesse dallo Stato fecero sì che i grandi complessi industriali del nord, chiesero e ottennero di partecipare alla creazione di questa Zona:
Tabella 1: Stabilimenti industriali attivi nella Z.I.A. all’ 8 settembre 1943 :
Fonte: Petri 1990
Esistevano anche Società dislocate altrove: la Breda aveva un deposito di esplosivi alla Foce.  L’Industriale Calce a Montignoso.  Tassara a Torano (cottura della dolomite).  S.A.I.M.A.  a Carrara.  Altre in Lunigiana e Forte dei Marmi.
In seguito si aggiunsero o  subentrarono, tra le altre :
Montecatini Resine polimeri e  materiali plastici, ceramiche, poi Azoto, quindi Farmoplant, (ex Montecatini-Diag, già Enichem poi la società di bonifiche Syndial S.p.A), sussidiaria di Montedison (oggi Edison). Quindi la Motecatini Calciocianamide, Montecatini Ammonia e Derivati.
La Farmoplant fondata nel 1976 con sede a Milano, chiusa definitivamente nel 1991, con la produzione di fitofarmaci ed insetticidi,  in particolare il famigerato “Rogor”. Si installartono nell'area, durante il  2000 ben 22 imprese medie e piccole del settore lapideo.L'area di circa 280.00 m2 avrebbe subito una modifica nel piano dell'urbanizzazione, dopo essere bonificata. L'ex Azoto di oltre 2150.00 m2, già completamente bonificata, trovarono occupazione circa 30 piccole e medie imprese nel settore manifatturiero e della cantieristica da diporto (che poi molte, in seguito, chiusero).
• Nell'ex settore Fibronit, dopo essere stata bonificata, (visto a tutt'oggi risultano scorie ancora nel Lavello e nelle falde acquifere, costituito da un sistema di emungimento idraulico, che la Syndial-Eni avrebbe dovuto provvedere a bonificare), 33 piccole e medie imprese di vari settori, anche in seguito della fuga di molte aziende di gruppi nazionali, quali la Dalmine, la Montedison, l'Eni, con politiche più attive da parte dei finanziamenti bancari.
• Nell'area dell'ex Dalmine, si insedisrono ben 30 imprese, tra cui la OLIDOR  Centro Direzionale, la Multisala cinematografica "Splendor", la ex "Bic", Business Innovation Center (da non confondere con la Bic, penne a sfera), sorta nel 1990  in quell'area che va da via degli Oliveti a via Martiri di Cefalonia, in settori della meccanica, dei servizi e della cantieristica da diporto. Dal patto tra la Bic e Crea, Consorzio Innovazione e SviluppoAcciaio nelle Costruzioni, nacque l'Ilva, perché l'acciaio fosse maggiormente utilizzato nelle costruzioni, ma l'iniziativa fallì. Attualmente c'è  verso mare, l'allargamento della strada provinciale e stanno risistemando il confine nella parte di via Massa-Avenza.
Nuovo Pignone, specializzata in  realizzazione di piattaforme petrolifere, almeno durante gli anni "60, nella costruzione di turbine, avendo la Proviancia di Massa-Carrara realizzato e finanziato con oltre due miliardi la strada di collegamento con il Porto di Carrara, e la società aveva acquistato nella zona del retroporto un'ampia area, dove imballavano moduli pronti per essere imbarcati verso le più varie località mondiali, come l'ultimo, per l'Arabia Saudita ed i due precedenti per l'Australia. Inoltre stanno impiantando un centro di trasformazione elettrico, da bassa e media potenza in superiore, nell'area retroportuale, della Porto di Carrara S.p.A.
• Nell'ex area Ferroleghe, programmata per l'inserimento di 10 imprese del settore lapideo.
Enichem, industrie chimiche varie
Italiana Coke, già Cokapuania, coke metallurgico, benzolo (della Montecatini/Edison), oggi T.W.S. Automation, e  TW.S. Holding, in viale Zaccagna 6 Avenza, apparecchiature elettroniche, macchine automatiche.
Edison, in varie altre società, comunque produceva contatori elettrici.
Ferroleghe, metalli vari e lavorazioni speciali metaliche.
Riv-Skf, in un decennio (1977-1987), la crisi del cuscinetto aveva depresso il mercato e la società non aveva trovato una soluzione nella diversificazione della produzione. Legatasi in join-venture con la svedese Skf, dopo diverse disavventure (il Cd della Skf a Torino, fu anche arrestato), si sciolse questa unione, fagocitata dall'americana Eaton e tutti sappiamo com'è finita attualmente: l'assessore regionale alle Attività produttive Gianfranco Simoncini assicura i lavoratori della Eaton: «Per tutto il 2014 sarà garantita la mobilità in deroga». E sull’entrata di Iglom spa sull’area Eaton, specifica: «È quasi completa la documentazione necessaria per la valutazione congiunta tra gli enti pubblici, che l'accordo di programma prevede».
Dal "Tirreno" del 9 gennaio 2014.
Sabet-Bario,  abbandonati gli investimenti, e chiusa l'attività,  subentrò nell'area
La Iniex,  una società germanica che produceva pompe a  iniezioni per motori a scoppio, e per aerei, (della Marelli/Fiat) ed era nel vecchio edificio in via Catagnina angolo via degli Oliveti, dove oggi esiste “Magrini le Delizie”.   In grande espansione, si allargò, arrivando sino all'Aurelia, ma fu colpita da bombe. Ora dietro c'è la Syn-Tech, dopo l'ennesimo rifacimento dell'area e mal ridotta dopo le recenti agitazioni del personale, in cassa integrazione senza ricevere alcun stipendio.    
•  Olivetti, schedari metallici.
Lo Stabilimento industriale Olivetti Synthesis era situato in via Aurelia ovest 139 a Massa, per la produzione di mobili per uffici, schedari metallici e classificatori.  La vicenda costruttiva ha inizio nel 1938, quando la società Adriano Olivetti di Ivrea decide di realizzare nella nascente Zona Industriale Apuana uno stabilimento per la produzione di mobili per uffici, schedari metallici e classificatori.  Alcune officine completate nel 1942.  Alla fine della seconda guerra mondiale, vengono ricostruiti i fabbricati danneggiati dai bombardamenti. Nel 1953 il complesso viene ampliato mediante la realizzazione di altri corpi di fabbrica e della progettazione di nuove officine e dell'edificio per la mensa e i servizi sociali. Inizia la collaborazione con il “designer” Ettore Sottsass  con ottime produzioni che continuerà per trent’anni. L'ampliamento del 1964 con la costruzione di nuovi uffici ed  ulteriori interventi sono eseguiti nel 1971, all'angolo di via degli Oliveti con via Catagnina: nel periodo che è rimasta nella Z.I.A. ha cambiato diverse volte l'area e la sede.  Poi la chiusura definitiva, perlomeno a Massa.
Riv, (Officine Villar Perosa, poi Riv-Skf, quindi Eaton (ora acquistata dalla Iglom, imbottigliamento e  miscelamento oli minerali, di Massa, speriamo che mantenga la promessa d’acquisto, come sopra specificato). E tante altre piccole società anonime, di artigianato ed  individuali, che circondavano il firmamento della Zona Industriale Apuana. Nel lato di via Catagnina esistono ancora a terra i binari che la collegavano alla Stazione Zona Industriale di Massa ed al Porto di Carrara.
Stazione Ferroviaria Zona Industriale Apuana
La stazione ferroviaria di Massa Zona Industriale, che si trova lungo la tratta Genova-Pisa, fu costruita negli anni '30 del Novecento quando sorse la Zona Industriale Apuana tra le città di Massa e Carrara per affermare il nuovo polo industriale.
La storia dell'impianto è strettamente legata a quella della Zona Industriale Apuana, istituita con regio decreto n. 1266 del 24 luglio 1938, poi convertito in legge n. 343 il 5 gennaio 1939, n. 343, con lo scopo di affrontare la forte crisi che allora subiva il locale comparto del marmo in conseguenza della grande depressione.
In tale contesto furono previste specifiche agevolazioni per le industrie che si sarebbero stabilite nella zona fra cui la fornitura dell'energia elettrica da parte delle Ferrovie dello Stato a prezzo agevolato e la costruzione ad opera delle stesse degli impianti e dei raccordi ferroviari necessari.http://it.wikipedia.org/wiki/Stazione_di_Massa_Zona_Industriale - cite_note-cini-1
Cessati i numerosi traffici di prodotti industriali che caratterizzarono la Zona Industriale Apuana nel dopoguerra, il ruolo dell'impianto è stato progressivamente ridimensionato; tale processo ha portato, nel 2010, alla decisione da parte di RFI di limitare significativamente l'operatività dell'impianto.
Disabilitata ad ogni tipo di traffico merci Carrara-Avenza, trasformata in fermata impresenziata nel 2012, Massa Zona Industriale è rimasto l'unico impianto merci dell'area. La stessa era raccordata in passato mediante due diversi raccordi: subito dopo l'innesto di quello attualmente presente, che si dirama all'altezza dell'attuale sottopasso stradale di via Gotara, un secondo raccordo impegnava una livelletta che lo conduceva al ponte obliquo con il quale la stessa Tirrenica era scavalcata, per servire alcune attività poste a nord della stessa. Quest'ultimo raccordo è elettrificato a partire dall'entrata nello scalo, subito dopo il ponte.
Il raccordo attualmente utilizzato dell'Ente Retroportuale è quello che consente il collegamento con lo scalo marittimo del Porto di Carrara e con quanto rimane dei tracciati della Zona Industriale Apuana, la maggior parte dei quali sono inutilizzati o smantellati.
Lo scalo possedeva un fabbricato viaggiatori e due banchine per il trasporto passeggeri, inutilizzate dal 2010 con la disabilitazione dell'impianto al servizio passeggeri. Vi è un marciapiede lungo quasi tutto lo scalo che conduce a due edifici di servizio, prosegue poi fino ad arrivare a via degli Oliveti. Il fabbricato viaggiatori, il marciapiede intermedio e la banchina passeggeri erano collegati tra loro tramite sovrappasso. Il fascio principale di binari è ubicato a sud rispetto ai binari di corsa della linea Roma-Ventimiglia (o Tirrenica) ed ad est rispetto all'ex area passeggeri, era in origine a servizio della Zona Industriale prettamente detta che quale impianto di supporto rispetto ai traffici che gravitavano su Carrara, fra i quali quelli generati grazie alla ferrovia Marmifera. Lo scalo ha 15 binari, di cui due di corsa della ferrovia Genova-Pisa, i rimanenti altri sono dell'impianto. A pochi metri ad ovest del fabbricato viaggiatori è presente un passaggio a livello.
La stazione, quando effettuava anche servizio passeggeri, possedeva e possiede tuttora degli altoparlanti per annunciare i vari treni in arrivo o in transito.
Per quanto la maggior parte dei materiali lapidei provenienti dalla zona costiera compresa fra i comuni di Carrara e Massa, che vede una forte concentrazione di aziende marmifere per la vicinanza con le Alpi Apuane, sia spedito via mare per l'esportazione, una quota parte di tale traffico è destinata al mercato interno e continentale rappresenta ormai la quasi totalità del traffico ferroviario generato.
I carri provenienti dai raccordi sono movimentati a cura dell'Ente Retroportuale di Carrara (Porto di Carrara SpA) che utilizza rotabili di proprietà: una locomotiva manovra carri pianali per le fasi di carico all'interno del Retroporto, che vengono poi trasferiti mediante tradotta verso lo scalo FS; lungo il raccordo base, che corre affiancato ad un canale scolmatore, è presente un raddoppio dove i convogli vengono sezionati per affrontare la forte pendenza della tratta di raccordo con Massa Zona Industriale.
L'unica impresa ferroviaria a servire con continuità la stazione di Massa Zona Industriale è Trenitalia, nonostante in passato allo scalo abbiano guardato con interesse altre due imprese: la CAT SpA ottenne la licenza di operatore ferroviario passeggeri e merci il 28 maggio 2002, mentre una licenza di solo operatore merci è stata rilasciata il 20 aprile 2010 alla Società Apuo Veneta S.r.l., che opera peraltro unicamente servizi di manovra. Fino a non molti anni or sono la stazione non era esclusivamente uno scalo merci ma offiva anche servizio passeggri. Ha la funzione di scalo merci ed è collegata con un raccordo al Porto di Carrara (ora fuori uso) e al resto della Zona Industriale Apuana (anche questi non più funzionanti). Attualmente non c'è servizio passeggeri.

Tabella 2: Stabilimenti attivi al 31 dicembre 1956 nei comuni di Massa, Carrara e Montignoso
Fonte: Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Relazione del Presidente Dr. Avv. Gurgo Salice Ermanno al Consiglio direttivo dell’Ente sulla attività svolta nell’anno 1956.
Per citare questo testo grafico attenersi alle seguenti indicazioni: Marco Cini, "La ricostruzione della Zona Industriale di Massa-Carrara nel secondo dopoguerra", in “Storia e Futuro”, Articoli, n. 30, novembre 2012 : Marco Cini è ricercatore di Storia economica presso il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’ Università di Pisa. Si occupa prevalentemente di storia dei ceti dirigenti fra Ottocento e Novecento e di storia della moneta. Fra i suoi lavori monografici più recenti figurano: Volterra  francese. Finanze pubbliche, imposte e produzione negli anni napoleonici, Pisa, Plus, 2007; Culture economiche e modelli di sviluppo nella Toscana del primo Ottocento, Pisa, Dedizioni, 2008, Finanza pubblica, debito e moneta nel Granducato di Toscana. 1814-1859, Pisa, ETS, 2011.
Gli stabilimenti nel 1944/45 erano cinquantacinque, nella sola provincia di Apuania, ma durante l’ultimo conflitto mondiale, venne bombardata, di cui 11 stabilimenti completamente distrutti e gli altri gravemente danneggiati. I tedeschi poi esportarono, da tutti gli stabilimenti, attrezzature ed  impianti. I circa ottomila lavoratori, nel 1943, furono alcuni impiegati dai tedeschi nel trasferimento ed esportazione di macchinari, nella zona della Germania. Altri lasciati a casa  per mancanza di lavoro. Si  crearono, esempio lampante, in via Carducci, angolo via degli Olivetani, la soc. INIEX, tedesca con capitali Marelli/Fiat, che costruiva ricambi per aerei.  Dopo il conflitto, molti stabilimenti danneggiati, furono riparati e ristrutturati. Nel 1950, erano in produzione dando un impulso di economia a tutta la provincia apuana, complice fortunatamente anche il Porto di Marina di Carrara per la spedizione dei prodotti finiti e di trasformazione: esempio eclatante  la Dalmine, che aveva programmato il nostro Porto come unico spedizioniere dei loro manufatti, ed anche per questo (spedizione di grandi tubi), fu ampliato il Porto. L’ultima a lasciare la Zona industriale, che ancora nel 1975 occupava molti lavoratori, fu proprio la Dalmine, ed oggi, la Zona Industriale Apuana  che fu uno degli esempi di costruzione e  industrializzazione (assieme a quella di Bolzano e di Ferrara).  La manodopera occupata nel 1956 (termine di tutte le agevolazioni) era ancora di 1.500 addetti,  molto inferiore a quella del 1943.
Negli anni successivi, di grande progresso per l'industria nazionale, la Zona Industriale Apuana non ebbe un eguale sviluppo qualitativo per il limite della capacità delle maggiori aziende a generare ondate d’iniziative collaterali e complementari, in grado di creare e rafforzare un tessuto produttivo interconnesso.
Durante gli anni Settanta si registra il periodo migliore per le attività della Z.I.A.  (sigla della Zona Industriale Apuana), con una crescita nel numero sia degli impianti produttivi che dei relativi dipendenti. Nel 1970 l'occupazione superò per la prima volta il livello di quella d’anteguerra, con oltre ottomila addetti ripartiti in 129 stabilimenti, mentre nell'anno di massimo storico dell'occupazione, il 1979, la struttura produttiva risultava fortemente polarizzata: i due terzi dei 9.797 addetti erano concentrati in appena il 6% dei 239 stabilimenti presenti.
Negli anni Ottanta e Novanta la Zona Industriale Apuana ha vissuto uno straordinario e  per  molti  aspetti  drammatico - per la gravità dei risvolti occupazionali - processo di ristrutturazione, contraddistinto per il primo decennio dal fenomeno del declino industriale e per il successivo periodo decennale dalla ricostruzione di un tessuto produttivo fortemente basato sulla piccola e media impresa locale.
A seguito della chiusura delle grandi fabbriche per lo più di partecipazione statale, alla fine degli anni ottanta,  nei 333 stabilimenti attivi, risultavano "appena" 6.781 addetti, con un calo di 3.000 occupati diretti, rispetto al decennio precedente, mentre le aree  industriali da bonificare e reindustrializzare erano oltre 2 milioni di mq.
Il processo di reindustrializzazione che ha interessato la Zona Apuana nei successivi  dieci anni, ha visto la prevalenza dell’insediamento di piccole imprese prevalentemente locali, tanto che il numero totale degli stabilimenti è quasi raddoppiato, fino al numero di 587 nel 1999, mentre l'occupazione ha ripreso a crescere, grazie all'apporto pressoché esclusivo delle imprese di minori dimensioni.
Oggi, 2013, tale Zona Industriale Apuana, non esiste più.  E’ rimasto soltanto il nome, conosciuto con la sigla Z.I.A.  -  Consorzio - creato con la legge nr. 317 del 1997 come Ente Pubblico Economico, con sede a Massa in via Unni, angolo Martiri di Cefalonia, (pare sia la nuova strada, verso monti), in una lunga palazzina con il lato verso Carrara completamente vuoto, con locali e saloni e con programma di attività per il triennio 2011/2013 con seduta assembleare del 9 maggio 2011. (Il nome "Unni", deriva da un popolo guerriero nomade di origine siberiana proveniente dall'Asia, che giunse in Europa nel IV secolo).
Proprio recentemente, il 24 novembre 2013, la Corte d’Appello di Genova ha riconosciuto al Comune di Massa due milioni di euro (il Comune ne aveva  richiesti ben quattro milioni di lire, al Tribunale di Massa, nel 2009),  alla “Azoto”,  (ex Dipa, ex Apuania Fertilizzanti),  col direttore dello stabilimento Farmoplant (ex Montedison-Diag), Gianrico Bossi.  Sono passati sedici anni da quando il Comune di Massa cominciò la causa, e vencinque dal grande disastro con lo scoppio dei silos, specializzati  nella produzione di Dimetoato (conosciuto anche come Rogor).
Ciò a causa che,  17 luglio 1988 alle ore 06:10,  si verifica la prima di due esplosioni all'interno dell'impianto "Formulati Liquidi" Farmoplant. Alle 6:15 si verifica la seconda esplosione di un serbatoio cilindrico contenente 55000 litri — dei quali solo 15000 bruceranno — di Rogor  con cicloesanone che provocherà l'incendio alle 6:20 - Altre due esplosioni — alle 08:00 ed alle 08:30, provocate da irraggiamento termico di accumuli di gas nei tubi dell'impianto Rogor.
Le dosi di pesticida (rogor) rilevate dai campionamenti dell'Unità Sanitaria Locale sono altissime alla foce del torrente Lavello.  E' da qui che è partito l' inquinamento della Riviera Apuana. Nel fosso il 19 luglio, dalle 4 del mattino alla mezzanotte,  i valori oscillavano da un massimo di 140 volte a un minimo di 75 rispetto allo 0,1 microgrammi per litro che è la misura consentita nell' acqua potabile.
Nel 2010  l'area industriale ex  Farmoplant risulta  inquinata. I pozzi della zona sono ancora inquinati perché i rifiuti liquidi, per essere smaltiti, furono pompati direttamente nella falda, mentre quelli solidi interrati in diverse aree  interne.
Le 25 aziende site nell'area ricorsero al TAR che, in data 4 febbraio 2011, hanno avuto ragione.
La bonifica dell'area, iniziata nel 1991 e ultimata nel 1995, pur risultando certificata dalla regione Toscana, fu effettuata  in proprio dalla società Cersam, subentrata alla Farmoplant, ma ancor oggi saltano fuori inquinamenti di territorio nell’ex  area dello stabilimento Farmoplant-Azoto.
Queste varie società sono già confluite, nel 2002,  assieme al alcune grandi imprese, nella Edison SpA di Milano (del gruppo Électricité de France con sede a Parigi), alla quale il Comune dovrà faticare non poco per avere il risarcimento dei due milioni di euro.
Claudio Figaia precisa nel suo servizio “Massa, brutta, sporca, caratterizzata da una cattiva viabilità” del 12 settembre 2012 : “La zona industriale oggi si presenta così, un comparto produttivo dove dominano polvere, discariche abusive, senso di trascuratezza. Non sarà più così, almeno in una parte di  essa: sono in dirittura di arrivo lavori di riqualificazione di via Dorsale, via degli Unni e via Martiri di Cefalonia che daranno – dovrebbero dare – un migliore assetto a quella zona. Alberi, marciapiedi, asfalto nuovo, fognature, parcheggi per rendere più vivibile un’area che sarà anche industriale ma è davvero poco attraente per chiunque vi lavori, vi transiti o vi si rechi. Un intervento di decenza, insomma, per metterla in linea con altri comparti industriali o artigianali d’Italia, sicuramente più ordinati e razionali del nostro” . . .” Da segnalare, infine che non lontano dalla zona industriale, stanno per partire anche i lavori per realizzare le condotte per convogliare i liquami che oggi arrivano dal depuratore delle Querce, al depuratore all’ex Cersam: lavori finanziati e anche questi doverosi”. . . “Una grossa mano l’ha poi data la Edison SpA, la società erede di Farmoplant, che ha pagato il risarcimento per i danni provocati sul territorio con un “assegno”,  di 2,5 milioni, come avverte l’assessore alle Finanze Giovanni Rutili”.
Ci sono sì  industrie (un centinaio), ma piccole, quasi artigianali, alcune lapidee, altre di lavorazione scarti del marmo, altre ancora con uffici di assistenza e manutenzione, palazzi grandiosi con uffici  pubblici (esempio, la tanto contestata Agenzia delle Entrate, i Vigili del Fuoco, la Motorizzazione Civile, Equitalia, società di riciclaggio, sale cinematografiche, centri commerciali, grandi e piccoli supermercati, enormi magazzini, insomma una occupazione variegata, che nulla ha da spartire con la precedente Zona Industriale Apuana, anche se  per qualificare tale area si ricorre al termine “la ex Zona”, dove sono nate nuove strade, terminal della rumorosa Galleria Strada dei Marmi”, che sfocia sull’Aurelia in una grande rotonda e  verso mare nuove costruzioni condominiali, ville e villette, ed ora in progetto, a lato della via Fermi, verso Massa, il nuovo Opedale, già in avanzato stato di costruzione, con previsione di fine lavori al termine del corrente anno.
LA BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI
PROBLEMI ATTUATIVI E PROSPETTIVE DI RIFORMA
La bonifica dei siti inquinati di Massa-Carrara
Il Sito di Interesse Nazionale
Cenni legislativi:
La Regione Toscana, che già dal 1993 si era dotata di una propria regolamentazione in materia (legge regionale e piano), ha approvato un nuovo Piano regionale delle bonifiche attuando quanto previsto dall'art. 22 del decreto Ronchi.
I progetti relativi agli interventi di bonifica, si sviluppano attraverso un piano di caratterizzazione, un successivo progetto preliminare ed infine un progetto definitivo di bonifica. La caratterizzazione consiste in una indagine volta a definire la tipologia l’entità e l’estensione della contaminazione del suolo e della falda, valutabile mediante il confronto della concentrazione di alcuni inquinanti rinvenuti nelle sopra menzionate matrici ambientali con i rispettivi limiti di accettabilità definiti dal DM 471/99.
Per suolo e sottosuolo, in particolare, il DM 471/99 prevede valori di concentrazione limite per i contaminanti che si diversificano a seconda della specifica destinazione d’uso del sito, distinguendo in: siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale, siti ad uso commerciale ed industriale.
Nel caso delle acque sotterranee viceversa sono fissati valori limite univoci a prescindere dalla specifica destinazione d’uso del sito.
MASSA E CARRARA  :  Comune – Località: Massa, Carrara.
Tipologia dell'intervento: Bonifica dell'area industriale, della falda idrica sottostante e dell'area marina antistante ivi compresa l'area portuale.
Perimetrazione: All'interno del perimetro definito dal decreto 21 dicembre 1999 del Ministro dell'ambiente sono presenti:
• diversi impianti industriali dismessi (farmaceutici, petrolchimici, siderurgici, etc.);
• una discarica di ceneri provenienti dall'inceneritore Cermec, attualmente in disuso;
• falda acquifera inquinata dalle attività industriali sopra indicate;
• l'area marina antistante la zona industriale;
• l'area portuale;
• aree industriali marmifere (ravaneti).
• In particolare, per quanto riguarda le aree industriali, sono state individuate le seguenti aree di intervento:
• area ex Enichem (167.000 m2);
• area ex Italiana Coke (354.000 m2);
• area ex Dalmine (187.000 m2);
• discarica ex inceneritore Cermec 21.481 m2;
• discarica Buca degli Sforza;
• area ex Resine della Farmoplant 200.000 m2;
• area Sabed;
• area Fibronit 45.000 mq;
ZONA INDUSTRIALE APUANA
La Zona Industriale Apuana fu istituita con la legge N° 343 del 5 Gennaio 1939 per diminuire la notevole disoccupazione della zona. La crisi del 1929 aveva portato, infatti, ad una forte diminuzione nell'esportazione di marmo, principale ricchezza della zona, creando molti disoccupati.
Molte grandi industrie si insediarono nella zona (Breda, Marelli, Innocenti, Montecatini,...), sia per le agevolazioni fiscali e tariffarie istituite e che furono protratte fino al 1951, sia per le pressioni esercitate dalle Autorità politiche del tempo sulle maggiori industrie nazionali chimiche e metalmeccaniche.
La zona industriale nacque così più da fini sociali e politici che da fini economici, in un territorio densamente popolato, e con scarsa vocazione industriale. Molte aziende erano lontane, sia dai centri di approvvigionamento delle materie prime, sia dai mercati di sbocco.
Enichem
Stabilimento chimico sorto su di un area di circa 17 ettari ed aveva alla chiusura, nel 1984, circa 300 dipendenti. Lo stabilimento ha avuto varie denominazioni: RUMIANCA, SIR-RUMIANCA, ANIC AGRICOLTURA, ENICHEM.
Le attività svolte da questa industria nel corso della sua storia sono state molteplici.
Inizialmente, nel 1940, occupava circa 1200 lavoratori, e vi erano impianti per la produzione di acido formico, arsenico metallico, anidride arseniosa, arseniato di piombo, anticrittogamici a base di rame, terre decoloranti, prodotti dell'elettrolisi del cloruro di sodio. Verso il 1960 vi fu una riconversione dello stabilimento ed entrarono in funzione impianti di sintesi di fitofarmaci (antiparassitari, diserbanti, insetticidi). Dopo il 1980 le sintesi furono in pratica abbandonate e la produzione si basava essenzialmente su formulazioni di fitofarmaci con acquisto all'esterno dei principi attivi; lo standard qualitativo degli impianti era tuttavia molto basso.
Il 12 marzo 1984 si verificò un incidente nel reparto "Erbicidi in polvere" dove veniva prodotto l' "FS-1", un diserbante usato dalle ferrovie dello stato, composto da una miscela di Dalapon (acido 2,2-dicloropropionico) (59,5 %), Simazina (2-cloro-4,6-bis-etilamino-1,3,5-triazina) (17,1 %), 2,4-D (acido 2,4 diclorofenossiacetico) (6,1 %) ed inerti. L'incidente avvenne per il
surriscaldamento della tramoggia di un molino del reparto, che provocò la combustione delle sostanze in miscelazione. Il principio di incendio venne spento da tre dipendenti addetti, ma due di loro accusarono vari malesseri e vennero ricoverati in ospedale. In seguito fu accertata la presenza di policlorodibenzodiossine nella massa residua dell'incidente (350 ppb) e nelle zone adiacenti fino a 5 metri di distanza (10 ng/m2). Ulteriori indagini evidenziarono la presenza di 2,3,7,8-TCDD in un altro locale del reparto (22.000 ng/m2 = 80 ppb), dove erano stati stoccati in precedenza scarti di lavorazione contenenti 2,4,5-triclorofenolo e tracce in altre zone dello stabilimento. Successivamente a ciò la direzione aziendale decise la chiusura definitiva ed iniziarono le attività di bonifica dell’area. Le operazioni iniziali furono la messa in sicurezza degli impianti e lo smaltimento di materie prime ancora commerciabili, seguì poi il riconfezionamento di materiali e, a partire dal 1994 in poi mediante la presentazione e l’approvazione con prescrizioni, di appositi piani di lavoro da parte degli organi di controllo furono eseguite le attività soprassuolo.
Dalmine
Stabilimento metalmeccanico che aveva un’estensione delle aree scoperte di circa 187.000 mq. e che produceva tubi per l'industria petrolifera; aveva 1500 dipendenti ed è stato chiuso nel 1990 in seguito alla crisi dell’industria siderurgica. Dopo la chiusura degli impianti, una parte dell’area è stata utilizzata come discarica per inerti dal Comune di Massa. In seguito al piano di caratterizzazione è risultata contaminata da metalli e idrocarburi ed è stata oggetto di bonifica mediante decorticamento, rimozione dei suoli e vagliatura dei terreni “ex situ” per rimuovere la frazione granulometrica risultata contaminata. E’ stata realizzata una vasca per la messa in sicurezza dei terreni contaminati che, dopo essere stata opportunamente impermeabilizzata, è oggetto di periodico monitoraggio ambientale; attualmente la vasca deve essere svuotata dal percolato che si è formato a causa delle acque meteoriche infiltratesi durante la coltivazione. Attualmente l'area che va dalla via degli Oliveti a via Martiri di Cefalonia, tra cui la Olidor. centro direzionale, la Multisala cinematografica Splendor, la Bic che attualmente ha tolto l'insegna sulla facciata e da altre società. Il Comune di Massa sta allargando la strada provinciale Massa-Avenza, verso mare ed il capannone  Dalmine è occupato dalla AB Yachts, Maiora che non sappiamo se sono ancora funzionanti-Quello certo è che stanno allargando la strada provinciale, di circa il doppio di quella attuale, tramite la SpA Decomar e doveva consegnare lavori finiti sin dal 2011.
Le attività di bonifica sono state concluse prima dell’introduzione del sito di interesse nazionale, la provincia ha rilasciato la certificazione di avvenuta bonifica e nell’area è in fase avanzata il processo di reindustrializzazione. scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it
Farmoplant
La Farmoplant è stata per molti aspetti un'azienda simbolo in Toscana ed anche a livello nazionale, prima per le problematiche inerenti il rischio industriale rappresentato, per il quale si effettuò un referendum consultivo tra la popolazione che si espresse per la sua chiusura, poi per le problematiche inerenti la bonifica del sito.
La bonifica soprassuolo, smaltimento prodotti e reflui e demolizione impianti, a causa dell'opposizione di una parte della popolazione locale all'uso dell' inceneritore, fu avviata con difficoltà, concludendosi, poi successivamente in modo positivo e senza grandi problemi di esecuzione.
La attuale società CERSAM ha avuto nel tempo, dal 1939 ad oggi, varie denominazioni:
APUANIA AZOTO, DIPA AZOTO, MONTEDISON DIAG, FARMOPLANT e, dal 31/12/91, CERSAM che ha gestito la fase di bonifica e quella successiva come supporto alla reindustrializzazione.
Lo stabilimento, chiuso nel 1988, aveva circa 400 dipendenti diretti e 200 nell'indotto. Si estendeva su di un'area di 54,3 ettari di cui 23 occupati da impianti produttivi. Le produzioni, succedutesi nel tempo, nell'area dello stabilimento sono state di due tipi. Nel periodo 1939 - 1972 lo stabilimento produceva principalmente fertilizzanti e prodotti inorganici:
• Ammoniaca
• Acido solforico
• Acido Nitrico
• Solfato ammonico
• Nitrato ammonico
• Nitrato di calcio
• e in minore quantità vari composti organici:
• Ossido di etilene
• scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it - Pagina 11 di 31
• Glicoli etilenici
• Etanolammine
• Dicloroetano
• Piridine
• Metilammine
• Azoturo di boro e di carbonio
Nel 1972 la proprietà aveva deciso la sua chiusura, ma le lotte sindacali (la DIPA AZOTO aveva 510 dipendenti) e le pressioni politiche spinsero l'azienda a rimanere riconvertendo le attività.
Nel periodo 1972-1975 lo stabilimento fu completamente ricostruito, e dal 1975 al 1988 ha prodotto principalmente fitofarmaci. Gli impianti produttivi erano così articolati:
• Esteri fosforici (Rogor ed intermedi)
• Polivalente - insetticidi, erbicidi e fungicidi (Propanil, Cidial, Trifluralin, Galben, Drepamon)
• Formulazioni fitofarmaci liquidi e solidi
• Intermedi (ammine alifatiche)
• Ditiocarbammati (Zineb e Mancozeb)
• Cuproderivati
• Impianto pilota
• Vi erano poi gli impianti asserviti:
• Impianto Biologico
• Impianto di Termodistruzione
• Centrale Termica
Dopo l'incidente del 1988 e dopo l'ordinanza del Sindaco di Massa di "cessazione immediata e definitiva di ogni attività produttiva, e di messa in sicurezza degli impianti" fu intrapreso un piano di bonifica dell'area.
Il piano di bonifica degli impianti prevedeva la termodistruzione interna delle sostanze non altrimenti smaltibili (25% dei Reflui liquidi e 12% dei solidi):
Reflui liquidi: da smaltire biologicamente 23452 m3 da smaltire per termodistruzione 7817 m3. Totale 31270 m3,
Reflui solidi: da smaltire presso ditte esterne 24165 t da smaltire per termodistruzione 3295 t Totale 27460 ton.
Oltre alla termodistruzione di 8350 fusti metallici e 1000 fusti in plastica, sporchi di prodotto, scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it
Lo stabilimento restava con numerosi impianti contenenti varie quantità di materie prime, intermedi di lavorazione e prodotti finiti, oltre a reflui ed acque derivanti dallo spegnimento dell'incendio più o meno inquinati.
Per il loro smaltimento fu impiegato l'inceneritore "Lurgi", che la Farmoplant aveva all'interno del proprio stabilimento e che era costituito da due forni verticali per l'incenerimento dei reflui liquidi e gassosi e da un forno rotativo per l' incenerimento dei solidi, da una sezione recupero calore, da una sezione depurazione fumi (lavatore radicale ad acqua e torre a soda) e dal camino per l'evacuazione dei fumi alto 128 m. L'attività di bonifica era proseguita recuperando e commercializzando i prodotti riutilizzabili, conferendo a ditte esterne autorizzate i rifiuti speciali da smaltire in discarica, bonificando e poi smantellando gli impianti liberati dalle sostanze.
L'impianto biologico, che è sempre stato in funzione, smaltiva le acque trattabili, direttamente, o dopo passaggio su carboni attivi e che in seguito verrà utilizzato per la depurazione delle acque di falda. Vi erano diversi impianti per apparecchiature o stoccaggi con prodotti tossici e spesso fortemente odoriferi (es. Rogor) per il cui smaltimento era necessaria la termodistruzione in loco.
Nel seguente schema sono riassunti i principali dati sullo smaltimento di prodotti e rifiuti:
Le aree contaminate erano:
• Area Gasometro
E' la zona collocata all'estremità Nord-Ovest dello stabilimento. Fu riscontrata  la presenza di fenoli in cinque sondaggi, mediamente a bassa profondità (0,5 - 3 m).
• Area Impianti
Era la zona centrale dello stabilimento e ne occupava circa il 60% della superficie. Si riscontrò la presenza di tre metalli, rame, zinco e cromo in concentrazioni notevolmente superiori ai valori di soglia.
Il rame stato rilevato in alte concentrazioni in cinque sondaggi, della zona ex impianti cuproderivati, a media profondità (1,6 - 5,5 m). Quattro di essi sono limitrofi (S25) ed il quinto (S26) dista circa 50 m
• Area Monte
Era l'area che corre lungo il bordo Nord dello stabilimento. Fu riscontrato la presenza di zinco in tre sondaggi e di mercurio nel sondaggio S5
• Area Resine.  Era l'area situata nella zona Sud-Est dello stabilimento.
Fu trovata la presenza di contaminanti (rame e zinco) in otto sondaggi che corrispondono allo strato superficiale dei magazzini coperti, un tempo usati come stoccaggio di prodotti e per lo stoccaggio temporaneo di scarti di lavorazione e di fanghi di depurazione. Scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it
• Area Discarica
Era un'area di circa quattro ettari situata nella zona Nord-Est dello stabilimento. In questa zona furono accumulati nel tempo terreni di riporto scavati da varie zone dello stabilimento e molto probabilmente anche rifiuti e scarti di lavorazione. I valori eccedenti i limiti per i metalli furono trovati in quattro sondaggi.
Da queste indagini fu riscontrata la presenza di inquinanti di due tipi:
- organici (fenoli, circoscritti all'area ex gasometro)
- metalli pesanti (Cu, Zn, Cr e Hg nel resto dello stabilimento ed in forti concentrazioni nei magazzini dell'area ex resine).
Il progetto di bonifica definiva una serie di azioni per la bonifica del suolo:
un intervento di biorisanamento destinato ad eliminare i fenoli presenti nell'area gasometro;
interventi di bonifica delle aree dei magazzini inquinate da metalli pesanti, differenziati tra una pulizia superficiale approfondita per le costruzioni con pavimenti in cemento e la rimozione dello strato inquinato per i pavimenti in terra battuta; interventi di protezione dagli agenti atmosferici per i "sassi blu", masse desolforanti emergenti in alcuni punti della scarpata dell'area ex-resine, che non essendo ancora coperte dalla vegetazione potevano spolverare in atmosfera; procedure di vincolo di uso per le aree ad inquinamento "singolare" del suolo, in modo da evitare escavazioni e movimentazioni di terreno e proteggere il sottosuolo (es. strade, parcheggi..).
Dall'analisi dei dati chimico-analitici del suolo nella zona Gasometro (ex-cokeria) fu individuato il fenolo quale componente organico maggiormente inquinante. L'inquinamento doveva probabilmente la sua origine allo sversamento di liquido dalla guardia idraulica del gasometro situato nell'area e da drenaggi di apparecchiature esistenti.
Italiana Coke
L’area ex Italiana Coke ha una superficie complessiva di circa 350.000 mq, l’attività industriale, iniziata nel 1947 e terminata nel 1989, riguardava principalmente la produzione di coke dalla distillazione del carbon fossile. La chiusura degli impianti avvenne nel 1990 e lo svuotamento degli impianti, nonché la loro bonifica e le demolizioni furono effettuate nel periodo compreso tra il mese di maggio 1990 e l’aprile del 1991.Durante questa fase i servizi territoriali della USL presenziarono costantemente alle operazioni, non sempre svolte correttamente, tanto che furono emesse dall’allora Sindaco ben 8 ordinanze. Nel corso delle operazioni furono evidenziati sversi e scarichi anomali, da cui subito emersero forti dubbi sulla contaminazione della falda; a seguito di N° 2 ordinanze dell’allora Sindaco, e della relativa esecuzione di alcuni saggi del sottosuolo e installazione di alcuni piezometri, venne accertato un inquinamento dei terreni e della falda da prodotti tipici di cokeria (IPA, Ammoniaca, fenoli, BTEX ecc.).Successivamente, dopo la suddivisione dell’area in lotti, fu affrontata la bonifica dei terreni in quelle aree dove era stata rinvenuta, a seguito dell’esecuzione del piano di caratterizzazione (circa 700 carotaggi effettuati), contaminazione di origine organica, IPA e metalli (As, Pb). scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.itLe tecniche di bonifica adottate per i terreni nel corso degli anni sono state del tipo “in situ” per gli organici e mediante decorticamento per le contaminazioni da metalli. I monitoraggi delle acque di falda avevano sempre confermato la presenza di una forte contaminazione principalmente in 3 lotti ed, a seguito dell’ultimo monitoraggio effettuato fu prescritto alla Società di effettuare una messa in sicurezza d’emergenza della falda mediante l’emungimento e trattamento delle acque. Diverse campagne di monitoraggio e test di laboratorio avevano dimostrato la fattibilità di un intervento di biorisanamento nella parte del sito che presentava contaminazione da IPA, in concentrazione superiore a 1500 mg/Kg ed a profondità del terreno fino a 10 m p.c.
Discarica ex inceneritore Cermec
Scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it
La discarica che insiste nell’area Cermec deriva dalla gestione del vecchio inceneritore smantellato agli inizi degli anni 80. Per problematiche inerenti le caratteristiche tecniche dell’impianto si creavano difficoltà nell’incenerimento degli RSU che finivano ammassati nell’area circostante fino a creare nel tempo una discarica. Successivamente nell’area è stato costruito l’impianto di selezione e compostaggio ora in fase di ristrutturazione e la discarica suddivisa in lotti è stata oggetto di lavori di messa in sicurezza (primi due lotti) che hanno comportato la messa in opera di uno strato impermeabile al di sotto dei rifiuti. Durante i lavori di ristrutturazione dell’impianto sono stati rinvenuti rifiuti frammisti a polveri e scorie di inceneritore anche nelle zone degli impianti e ciò ha comportato l’asportazione dei rifiuti ritrovati ed il loro smaltimento. Al momento, a completamento della messa in sicurezza della discarica, il Ministero dell’Ambiente ha approvato il progetto del lotto III i cui lavori dovrebbero iniziare a breve. Restano ancora da rimuovere rifiuti presenti nell’area degli uffici all’ingresso del sito.
Area Sabed
La Soc. Sabed, ora del gruppo Solvay ha sempre prodotto nell’area sali di bario derivanti dal trattamento della baritina. Nel passato gli scarti di lavorazione contenenti sali di bario insolubili che non potevano essere riutilizzati venivano ammassati in un’area inutilizzata dello stabilimento fino a formare nel tempo una montagnola. Negli anni 90 le analisi effettuate non evidenziavano contaminazioni della falda, era stato presentato un progetto di sistemazione dell’area a cui però non è stato dato seguito. La Società ha poi attivato le procedure dell’art. 9 del D.M. 471/99 ma attualmente la situazione è ancora ferma.
Discarica Buca degli Sforza.
L’area appartenente a privati, è ubicata in loc. Ronchi del Comune di Massa, è stata oggetto nel passato di discarica di materiali provenienti dalla lavorazione della dolomite e presumibilmente anche altre tipologie di rifiuti. Sono state effettuate indagini preliminari commissionate dalla Provincia a soggetti privati ed i primi dati mostrano una contaminazione del sottosuolo da IPA e metalli. Deve essere caratterizzata la falda sottostante e comunque tutta l’area dovrà essere oggetto di una nuova caratterizzazione.
Area Fibronit
Lo stabilimento ex Fibronit, avente superficie di circa 50.000 m2, ha prodotto lastre in cemento amianto e l’area dopo la cessazione delle attività produttive è risultata contaminata da amianto. Nel sito che sarà oggetto di futura reindustrializzazione è stata effettuata la rimozione delle coperture in cemento amianto, la bonifica dei macchinari ed eseguite le demolizioni dei fabbricati. Al momento è in corso il piano di caratterizzazione del sottosuolo così come approvato in sede di conferenza dei servizi ministeriale. Sono in corso le analisi chimiche di verifica dei campioni di terreno ed acque di falda i cui risultati poi saranno oggetto di valutazione in sede ministeriale.
Le aree dei ravaneti
Scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it
I ravaneti sono le discariche dei materiali di risulta dell’escavazione del marmo, questa pratica di creare discariche con i materiali di scarto è sempre stata in uso nei bacini marmiferi delle Apuane e queste discariche sono state spesso utilizzate per costruire le strade di arroccamento per raggiungere le cave, in particolare a seguito dell’uso massiccio dei mezzi meccanici per il trasporto dei blocchi. Negli anni 80 dopo l’introduzione del filo diamantato e della tagliatrice a catena è aumentata la percentuale di materiali fine presente negli scarti (marmettola) per cui i ravaneti sono diventati anche un deposito di materiali fini che potevano essere mobilizzati dalle acque piovane e/o dalle acque di lavorazione. Si è quindi assistito negli anni ad un progressivo aumento di marmettola nelle sorgenti a valle della zona di estrazione del marmo spesso accompagnata dalla presenza di idrocarburi che derivavano dallo scarico abusivo o accidentale degli oli esausti dei mezzi meccanici. I ravaneti più vicini alle sorgenti ed ai corsi d’acqua sono stati perimetrati ed inseriti nel sito di interesse nazionale; il Ministero dell’Ambiente ha approvato il progetto definitivo che prevede la rimozione di alcuni ravaneti e la rinaturalizzazione di parti di alcuni di essi e delle sponde dei corsi d’acqua interessati. E’ in fase di stesura il progetto esecutivo dell’opera.
Area ex Ferroleghe
L’area ubicata ad est della località Avenza nel Comune di Carrara, ha una superficie complessiva di circa 150.000 mq. L’insediamento industriale è avvenuto nel dopoguerra per la produzione, fino al 1971 di carburo di calcio e sintesi di calciocianamide effettuata per conto della soc. Montedison. Dal ‘71 al ‘74 vi è stato un progressivo passaggio alla produzione di ferro-cromo, unica produzione dopo il 1974. In aree delimitate vi era lo stoccaggio di scorie arricchite in Cr e Cr VI, di provenienza esterna, da  riprocessare  nei forni dello stabilimento ed esistevano dei bacini di decantazione (lagunaggio) che ricevevano le acque industriali provenienti dal ciclo di abbattimento fumi dei forni con produzione di fanghi contaminati da cromati che venivano accumulati nel sito. Successivamente alla liquidazione della Ferroleghe S.p.A. l’area venne rilevata alla fine degli anni 90 dal Consorzio Investimenti produttivi di Carrara S.p.A. che, a seguito dell’esecuzione del piano di caratterizzazione, presentò un progetto di bonifica e riconversione dell’area i cui lavori iniziarono nell’anno 2000.
Sotto il controllo di ARPAT è stato realizzato quanto segue:
• - Pulizie fabbricati;
• - Svuotamento e bonifica degli impianti;
• - Demolizione impianti;
• - Demolizione fabbricati;
• - Smaltimento rifiuti;
• - Smaltimento rifiuti da cumuli.
Tutte queste attività sono state svolte rispettando le prescrizioni impartite in sede di approvazione del progetto di bonifica, da parte del Comune di Carrara nella fase di transizione dal regolamento regionale e l’entrata in vigore del D.M. 471/99. Un ritardo nell’esecuzione delle attività di bonifica dell’area si è avuta per la parte ad est del sito denominata area ex lagunaggio in cui doveva essere già presentato specifico programma di intervento sia per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti soprassuolo, sia per quanto riguarda i fanghi del sottosuolo e le acque di falda sottostanti. Questa Agenzia nello svolgimento delle consuete attività di controllo ha effettuato più volte solleciti in tal senso; recentemente è stato presentato uno specifico progetto di intervento per la rimozione dei rifiuti denominati cumulo N in linea con quanto deliberato dalla Conferenza dei servizi ministeriale che prevede una gestione separata delle varie tipologie di rifiuti abbancate in cumulo. Attualmente il cantiere è in fase di allestimento ed a breve dovrebbero iniziare tali attività; nel frattempo sono stati installati nell’area n° 6 piezometri per la caratterizzazione delle acque di falda ed il relativo monitoraggio effettuato nel corso dell’anno scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it Pagina 25 di 31 ha evidenziato in alcuni piezometri il superamento dei limiti imposti dalla tabella acque sotterranee allegata al D.M. 471/99 per il parametro Cr VI. Dall’indagine effettuata sulle acque di falda a valle del sito ex Ferroleghe, in alcuni pozzi è stato riscontrato il superamento dei limiti per il parametro Cr VI. La pianificazione dei lavori all’interno del sito ex ferroleghe prevede la rimozione dei rifiuti soprassuolo e poi la rimozione dei fanghi dal sottosuolo con conseguente verifica della falda sottostante così come peraltro prescritto nell’autorizzazione al progetto di bonifica.
Stabilimento Imerys Granital Minerali S.p.A.
Lo stabilimento Imerys, che produce granulati di marmo, è attiguo all’area Cermec; in una parte dell’area sono stati rinvenuti rifiuti costituiti da RSU frammisti a scorie e polveri di inceneritore analoghi a quelli rinvenuti in area Cermec. E’ stata effettuata la caratterizzazione del sito secondo le prescrizioni impartite dalla conferenza dei servizi Ministeriale e, inoltre ultimamente sono state svolte attività di messa in sicurezza mediante l’asportazione di parte dei rifiuti interrati. Devono essere discussi in sede ministeriale i risultati del piano di caratterizzazione e le attività intraprese per la messa in sicurezza di parte del sito.
Stabilimento Unimin S.p.A.
Lo stabilimento Unimin S.p.A. si estende su una superficie di circa 30.000 m2, nell’area in passato veniva svolta attività di produzione di materiali per manti stradali utilizzando sabbia, dolomite polvere di marmo ed eventualmente pigmenti a base di sali metallici, successivamente la Soc. Unimin ha prodotto materiali isolanti a base di bauxite. E’ stato effettuato il piano di caratterizzazione i cui risultati sono stati approvati dal Ministero ed inoltre è stato approvato il relativo piano di bonifica che vede il decorticamneto di terreno contaminato da metalli (As e Zn) e la rimozione dei rifiuti rinvenuti. Durante l’esecuzione della bonifica, a seguito della demolizione di alcuni fabbricati dovranno essere svolte ulteriori indagini del sottosuolo.
Area Euroimmobiliare S.r.l.
Nell’area deve essere costruito un complesso residenziale alberghiero, in passato è stata sede di attività di segheria di marmo, attualmente non è svolta alcuna attività.

Area New Real S.p.A.
L’area dagli anni 60 è stata utilizzata dall’ENEL per il magazzinaggio dei tralicci della linea elettrica ed era presente un serbatoio di 50 q.li di gasolio, attualmente non vi è svolta alcuna attività. Nell’area è stato effettuato il piano di caratterizzazione approvato in sede di conferenza dei servizi; al momento sono in corso le attività analitiche sui campioni di terreno e acque di falda prelevati.
Area C.P.L.
Scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it
L’area è stata utilizzata dalla Olivetti come zona di servizi per gli stabilimenti di Massa ed in seguito vi è stata svolta attività di carpenteria metallica. Nell’area è stato effettuato il piano di caratterizzazione approvato in sede di conferenza dei servizi; al momento sono in corso le attività analitiche sui campioni di terreno e acque di falda prelevati.
Area Iran Marble S.r.l.
L’area in passato è stata utilizzata come stoccaggio di materiali e interessata da piccole attività industriali e/o artigianali (falegnameria, lavorazione marmo, carpenteria in ferro, carrozzeria, abrasivi ecc.). Nell’area è stato effettuato il piano di caratterizzazione approvato in sede di conferenza dei servizi; al momento sono in corso le attività analitiche sui campioni di terreno e acque di falda prelevati. Dalle prime indagini in una parte del sottosuolo è stata riscontrata la presenza di rifiuti.
Area Carbocarrara S.r.l.
Nell’area è stata svolta attività di segagione e lavorazione di materiale lapideo in particolare granito. E’ stato effettuato il piano di caratterizzazione approvato in sede di conferenza dei servizi; al momento sono in corso le attività analitiche sui campioni di terreno e acque di falda prelevati.
Stabilimento Nuovo Pignone
Lo stabilimento Nuovo Pignone che si estende su una superficie di circa 300.000 m2 ha sempre svolto attività metalmeccanica, in particolare per la costruzione di moduli impiantistici per piattaforme di impianti petroliferi e turbine. E’ in fase di realizzazione il piano di caratterizzazione generale del sito, sono state già effettuate le caratterizzazioni di 2 porzioni di aree denominate banco J e banco J2 ed inoltre è stata riscontrata una contaminazione dal gasolio dovuta ad una perdita da una tubazione interrata.
Sentenza: Massa, 29 novembre 2010 - BONIFICA dei terreni inquinati: la “Nuovo Pignone” vince su tutti i fronti: per il Tar le richieste dei Ministeri e dei vari enti che partecipano alla Conferenza dei servizi per il disinquinamento dell’area di via Dorsale, ricadente all’interno del Sin, il sito di interesse nazionale, sono eccessive.
Comune di Massa
Piano di caratterizzazione zone di Alteta, Castagnola e Stadio.
E’ stata richiesta dal Comune di Massa la caratterizzazione di aree prevalentemente residenziali adiacenti alla Z.I.A. per la deperimetrazione; il relativo piano è stato presentato ed approvato dalla conferenza dei servizi.
P.V. ERG Via Massa-Avenza
Si tratta di un punto vendita di carburante dismesso dove è stata riscontrata una contaminazione da idrocarburi e metalli. E’ stata effettuata la caratterizzazione del sito; al momento è in corso l’attività di messa in sicurezza.
Area ex DICA Montedison
La Soc. DICA effettuava stoccaggio di prodotti petroliferi ed il suolo e la falda sottostante sono risultati contaminati da idrocarburi. L’ area ai fini del riutilizzo è stata suddivisa in 3 lotti di cui uno è stata oggetto di bonifica mediante decorticamento del suolo e cinturazione con diaframma (scaricato dal sito Web di ARPAT - http://www.arpat.toscana.it  - Pagina 27 di 31) plastico, l’altro è stato bonificato mediante rimozione di suolo contaminato mentre un altro ancora deve essere ulteriormente caratterizzato e bonificato.
Perimetrazione Zona industriale del Comune di Carrara
E’ stata richiesta dal Comune di Carrara la caratterizzazione di aree della Z.I.A. per la deperimetrazione; il relativo piano è stato presentato ed approvato dalla conferenza dei servizi.
Sono in fase di conclusione le indagini analitiche sui campioni prelevati secondo i criteri stabiliti in sede ministeriale.
Piazzale “Città di Massa” Porto di Carrara
L’Autorità portuale di Marina di Carrara aveva realizzato un piazzale a servizio della attività portuali, a seguito di indagini effettuate da questa Agenzia, è stata rinvenuta contaminazione riconducibile a metalli ed idrocarburi in parte dei materiali utilizzati per il riempimento del piazzale e, secondo quanto emerso nella conferenza dei servizi ministeriale del 11/05/04, deve essere predisposto un piano di caratterizzazione dell’area a completamento degli accertamenti iniziali.
Viale da Verrazzano Marina di Carrara
A seguito di indagini effettuate durante la rimozione di serbatoi interrati del punto vendita di carburanti Q8 è stata riscontrata una contaminazione dei terreni e delle acque di falda oltre che da idrocarburi anche da metalli (As, Pb) e IPA per la presenza di scorie e rifiuti delle lavorazioni chimiche che si svolgevano nella ZIA. Il Ministero ha richiesto una integrazione al piano di caratterizzazione del sito e la messa in sicurezza dell’area. Al momento sono in corso di esecuzione il prelievo di campioni per la caratterizzazione e le attività di messa in sicurezza.
Area pubblica compresa tra il fosso Lavello, il fiume Frigido, Via   Massa-Avenza e la linea di costa.
L’area appartenente al sito di interesse di Massa-Carrara, terreni a valle Z.I.A. ha una destinazione d’uso principalmente ad uso verde pubblico, privato e residenziale ed in parte ad uso commerciale ed artigianale (per i quali si applicano i limiti. All’interno di questa area sono state effettuate nel tempo una serie di campagne d’indagine analitiche da parte di questa Agenzia, sulle diverse matrici ambientali: suolo e acque sotterranee, oltre che controlli routinari sulle acque marine (nell’ambito del controllo relativo alla balneazione), ed in particolare:
- per quanto riguarda la falda sotterranea questa Agenzia ha effettuato il controllo analitico dell’acqua di 115 pozzi di cui circa 18 nell’area di pertinenza di campeggi e circa 20 distribuiti sull’area di costa del comune di Massa.
Caratterizzazione falda idrica dell'ex area Industriale  di Massa-Carrara
Nella prima fase delle attivazione delle procedure del sito di interessa nazionale era stata prevista la realizzazione di un impianto consortile di depurazione delle acque di falda della ZIA affidando al Dipartimento Provinciale ARPAT di Massa Carrara la redazione del piano di caratterizzazione analitica delle acque della falda.
L’ARPAT predispose il piano d’indagine in due fasi distinte, ma parallele. Per le indagini mirate, rivisitò lo stato delle conoscenze sulle situazioni d’inquinamento già note dalla pluriennale attività di controllo sulle aziende attive o dismesse, organizzandolo in un quadro organico. Per le indagini distribuite –volte ad estendere il quadro conoscitivo all’intera area ex industriale da bonificare,  perimetrata  nel Decreto del Ministero dell’ambiente 21.12.1999, compresi i pozzi agricoli  e di privati cittadini– avviò un’apposita campagna di campionamento e analisi.
Le aree che necessitano di trattamento delle acque di falda all’interno del sito ex Italiana Coke erano tre come già descritto. Nell’area ex Enichem tutta la falda era interessata da contaminazione da pesticidi clorurati, diserbanti triazinici, solventi aromatici clorurati, cloro alifatici, azoto ammoniacale, nitrati, nitriti, arsenico. Nell’area Cermec i pozzi immediatamente a valle della discarica di rifiuti solidi urbani (con circa il 3% di scorie provenienti dall’inceneritore) presentavano una contaminazione da percolato, riconducibile essenzialmente a sostanza organica (alto valore del C.O.D.) e ad azoto ammoniacale, Ferro e Manganese. All’interno dell’area Petromar (ex DICA) è stato riscontrato un notevole inquinamento da idrocarburi nell’area nella quale erano collocate le cisterne di oli combustibili e dove era collocata la stazione di smistamento degli oli nelle autocisterne per la distribuzione.
CONCLUSIONI
Il controllo delle attività di bonifica, sia nella fase istruttoria, che nella fase operativa tecnico  analitica ha comportato, e comporta tuttora, un impegno notevole di risorse umane e strumentali a cui il Dipartimento riesce a sopperire, nonostante le carenze di personale, con la disponibilità a collaborare degli operatori e la grande professionalità accumulata nel tempo negli interventi effettuati nel territorio della Provincia, interventi che hanno concorso, pur fra mille difficoltà, al processo di reindustrializzazione della ZIA e quindi al superamento della crisi industriale e sociale degli anni 80-90.
L’inserimento dell’area di Massa-Carrara nel sito d’interesse nazionale ha rappresentato una ulteriore occasione di approfondimento delle conoscenze del nostro territorio, ma anche aumentato i compiti del Dipartimento soprattutto per quanto riguarda i tempi di esecuzione delle opere che sono diventati sempre più stretti, nonostante ciò l’ARPAT è sempre stata disponibile ad offrire il proprio contributo ai Comuni ed alla Provincia come supporto tecnico per le varie problematiche  e supporto alle aziende per la gestione delle bonifiche.
Ultime conclusioni:
- Massa, 19 gennaio 2014 - «Dispongo l 'immediata sospensione di tutte le attività nel piazzale di via Lombarda. E' inibito l'accesso alle linee di trattamento carta, cartone, plastica e verde: il provvedimento è assunto in via d'urgenza a tutele della salute dei lavoratori, stante il rischio potenziale derivante dalla tracimazione delle acque dilavanti dello stoccaggio dei rifiuti ex Damas verso l'area dove si svolgono le nostre attività».
Fa venire i brividi la nota firmata venerdì da Ugo Bosetti, presidente di Cermec SpA. Il manager ha bloccato la raccolta differenziata. Questo perché la pioggia sta trasportando nell'area dove si lavorano plastica, legname e carta, un liquido giallo che viene dall'area ex Damas. Un liquido che a quanto pare esce dal vascone di raccolta. E che poi prosegue la corsa verso il torrente Lavello che scarica alla Partaccia: cos'è questo liquido? Impossibile stabilirlo con precisione. Ieri pomeriggio il responsabile della struttura ha impedito al consigliere comunale Stefano Benedetti (Forza Italia) e al giornalista de La Nazione di visitare l'area ma i dipendenti ammettevano di essere preoccupati. «Non sappiano cos'è ma c'è cattivo odore - spiega uno di loro - a quanto pare il liquido esce dai 3/400 sacchi alti 1,5 metri e larghi uno, dove lo scorso anno hanno stivato il materiale che prima era in tanti container. Dentro c'è una polvere che prima ha corroso i container e ora, con la pioggia, esce dai sacchi, colorando l'acqua». Raggiunta telefonicamente Lucia Venuti, consulente di direzione del Cermec, conferma l'allarme: «Lunedì alla 8 incontreremo la Provincia e il Comune di Massa. Abbiamo dovuto sospendere la raccolta differenziata, ma con il maltempo c'è sempre un forte calo nel quantitativo raccolto». Alla domanda se conosce cosa c'è nei sacchi, la dirigente risponde negativamente: «Non lo sappiamo: ora sentiremo cosa ci dice la Provincia. Quando li abbiamo chiamati hanno detto di essere in contatto con la Regione Toscana per smaltire definitivamente tutto». «L'undici dicembre avevo presentato una denuncia in Procura - spiega Benedetti - inviandola per conoscenza anche a Comune, Provincia, Arpat e Asl.  Chiedevo già allora di mettere subito in sicurezza l'intera area e di accertare eventuali responsabilità». (19 gennaio 2014 di Andrea Luparia, La Nazione)
Anche ieri, 12 febbraio 2014," la Nazione" riportava nella cronaca di Carrara un lungo articolo di due pagine, sulle bonifiche da effettuarsi nella zona di Massa-Carrara. L'inchiesta "Sentieri" dichiara: Si muore troppo, a Massa Carrara, per tumori, malattie del sistema circolatorio, dell’apparato respiratorio, digerente e genitourinario.
Vertenza Syn-tech, nella ex zona della Iniex, la rabbia in diretta televisiva sulla Rai: nella trasmissione de "La vita in diretta" è stato affrontato uno dei più drammatici casi di crisi aziendale del territorio apuano: 40 famiglie lasciate a casa dall’agosto 2012. Sembra proprio che la questione "bonifica" e "crisi" nella nostra zona non abbia mai fine!
Lucio Benassi
Carrara, 2 marzo 2014

Crediti
Bibliografia:
Le foto:  la prevalenza di quelle a colori sono del sottoscritto
http://it.wikipedia.org/wiki/Osvaldo_Sebastianiuzi
http://www.0585news.com/?p=6323
http://www.consorzio.zia.ms.it/
http://it.wikipedia.org/wiki/Farmoplant#La_chiusura_dello_stabilimento_.22Azoto.         22_e_il_progetto_Farmoplant
http://www.consorzio.zia.ms.it/zia/dl33-2013/PDF/CDA_2012_2017.pdf
http://storiaefuturo.eu/la-ricostruzione-della-zona-industriale-di-massa-carrara-    .          nel-secondo-dopoguerra/
“Il Tirreno”, 17 e 18 aprile 1956.
- Camera di Commercio Industria e Agricoltura di Massa Carrara (d’ora in poi Ccms), prat. 62-6, XIII 12/5, Questionario sulle zone industriali, compilato il 24 luglio 1946 e inviato alla Sottocommissione per l’Industria del Ministero per la Costituente, Commissione economica.
- Tesi di Laurea - L'economia italiana dalla ricostruzione al "miracolo economico" di Alfredo Parisi (Università degli Studi di Salerno, Facoltà di Economia, anno 2013) consultabile presso www.tesionline.it
- Problemi inerenti la Zona Industriale di Apuania, documento inviato il 4/2/1946 al ministro dell’Industria e Commercio Giovanni Gronchi (Ccms, prat. 62-6, XIII 12/5).
- Relazione situazione industriale al 31/1/46, Ccms, prat. 62-6, XIII 12/5. dem
- Ccms, prat. 62-6, XIII 12/5, documento senza intestazione.
- Particolarmente significativo, a questo proposito, è il documento preparato dalla Montecatini, su richiesta della Camera di Commercio, proprio in vista della riunione con Gronchi, ed al quale appare inspirato il documento presentato nel marzo al ministro (Problemi inerenti la Zona Industriale di Apuania, documento inviato il 15/5/1946 dalla Montecatini Azoto alla Camera di Commercio, Ccms, prat. 62-6, XIII 12/5).
1. Ccms, prat. 62-6, XIII 12/5, Questionario sulle zone industriali, compilato il 24 luglio 1946 e inviato alla Sottocommissione per l’Industria del Ministero per la Costituente, Commissione economica, p. 6.
2. “Il Tirreno”, 27 agosto 1946.
3. “Il Nuovo Corriere”, 25 settembre 1946.
4. “Il Tirreno”, 12 ottobre 1946.
5. “La Gazzetta”, 27 ottobre 1946.
6. “La Gazzetta”, 30 ottobre 1946.
7. “Il Tirreno”, 10 ottobre 1946.
8. Assemblea costituente, XXVI, seduta dell’11 dicembre 1946, p. 905 ss., consultabile all’indirizzo http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed026/sed026nc.pdf.
9. Relazione situazione industriale al 31/1/46, Ccms, prat. 62-6, XIII 12/5.
10. “La Gazzetta”, 22 febbraio 1947.
11. Decreto Legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 3 aprile 1947, n. 372 (GU n. 120 del 28 maggio 1947).
12. “Il Tirreno”, 17 e 19 giugno 1949.
13. L’attività del Consorzio per la Zona Industriale Apuana nel 1949, Ccms, “Bollettino economico”, n. 2, 1950.
14. “La Sveglia Repubblicana”, n. 2, 31 gennaio 1948.
15. “La Sveglia Repubblicana”, n. 6, 29 febbraio 1948.
16. La legge 27 ottobre 1950 n. 910 stabilì la concessione di finanziamenti agli industriali giuliani e dalmati che si fossero insediati nel Mezzogiorno, nella Zona Industriale Apuana e nei comuni di Ancona e Gorizia. Tuttavia il provvedimento non fu mai operante a causa del rifiuto delle banche di effettuare i mutui alle condizioni previste dalla legge stessa.
17. L’attività del Consorzio per la Zona Industriale Apuana nel 1950, Ccms, “Bollettino economico”, n. 3, 1951.
18. I comuni della Lunigiana contemplati dalla legge 21 luglio 1950 n. 818 erano Aulla, Filattiera, Fivizzano, Pontremoli e Villafranca, mentre i comuni della Versilia erano Forte dei Marmi, Pietrasanta, Seravezza e Stazzema. Dopo la guerra numerosi stabilimenti industriali che si erano istallati in Lunigiana negli anni fra le due guerre non ripresero la produzione o cessarono le attività pochi mesi dopo la Liberazione: fra questi il polverificio di Pallerone, il polverificio di Stacchini di Fivizzano e la Montecatini Sgem di Villafranca, il cementificio di Pontremoli e la Loser di Filattiera (Centro Studi e Ricerche Economico-Sociali, Unione Regionale delle CCIAA della Toscana 1974, 502).
19. Le maestranze occupate al 31 dicembre 1951 nei comuni lunigianesi e versiliesi entrati a far parte della Zia erano pari 2.461 unità; tuttavia, la maggior parte risultava occupata negli stabilimenti già presenti in queste aree (Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Relazione del Presidente Dr. Avv. Gurgo Salice Ermanno al Consiglio direttivo dell’Ente sulla attività svolta nell’anno 1951).
20. Nel 1949 i disoccupati erano 12.167 unità (dato medio annuale), mentre nel 1952 erano 12.210. Ancor più significativo è il dato relativo ai giovani di età inferiore ai 21 anni in cerca di prima occupazione, che nel 1949 erano 2.781, mentre tre anni dopo erano 4.158 (Ccms, Indici della ricostruzione, s.d.).
21. Un ulteriore indicatore della crescita economica stimolata dalla Zia è l’incremento del gettito dell’imposta Icap (Imposta comunale sulle industrie, commerci, arti e professioni) per Massa-Carrara: fatto 1 il 1938, nel 1948 sfiorò quota 21, arrivando a 91,2 nel 1952 (nel 1953, anno di crisi, tornò a 76,2).
22. Associazione degli Industriali della Provincia di Massa e Carrara, Relazione all’Assemblea ordinaria dei Soci del 30 aprile 1953, pp. 61-64.
23. Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Relazione del Presidente Dr. Avv. Gurgo Salice Ermanno al Consiglio direttivo dell’Ente sulla attività svolta nell’anno 1953.
24. Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Relazione del Presidente Dr. Avv. Gurgo Salice Ermanno al Consiglio direttivo dell’Ente sulla attività svolta nell’anno 1956.
25. Archivio del Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Verbale n. 63 del 13 dicembre 1956.
26. Archivio del Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Verbale n. 64 dell’11 aprile 1957.
27. Archivio del Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Verbali n. 64 dell’11 aprile 1957 e n. 65 del 18 giugno 1957.
Si possono consultare i seguenti volumi:
- MARCHINI Matteo, “Zona industriale Apuana”, prima parte 1938-1960 e seconda parte, dal 1960 ai giorni nostri, Ed.Eclettica Edizioni, 2011 e 2013
- PINNA Sergio, “Il comprensorio apuano del marmo”, Socientà Geografica Italiana,  vol. LVII, Roma 1999
- PUCCIARELLI Luciano, “Farmoplant, nel nome del popolo Italiano” Ind.Grafica Zappa, 1990
- A cura di Luigi MARA, Marcello PALAGI, Gianni TOGNONI, “Da Bhopal alla Farmoplant - Crimini e chimica di morte”, L’Ecoapuano editore, Carrara, 1995
- Lunga biografia su Renato RICCI, scritta dal figlio Giulio Ricci nell’ottobre 1998  nel sito web,  http://www.italia-rsi.org/uomini/riccirenato.htm
- Su Osvaldo Sebastiani, vedere su internet, sito web,:   http://www.0585news.com/?p=6323
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- Decreto Legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 3 aprile 1947, n. 372 (GU n. 120 del 28 maggio 1947).
- “Il Tirreno”, 17 e 19 giugno 1949.
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- “La Sveglia Repubblicana”, n. 2, 31 gennaio 1948
- “La Sveglia Repubblicana”, n. 6, 29 febbraio 1948
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- I comuni della Lunigiana contemplati dalla legge 21 luglio 1950 n. 818 erano Aulla, Filattiera, Fivizzano, Pontremoli e Villafranca, mentre i comuni della Versilia erano Forte dei Marmi, Pietrasanta, Seravezza e Stazzema. Dopo la guerra numerosi stabilimenti industriali che si erano istallati in Lunigiana negli anni fra le due guerre non ripresero la produzione o cessarono le attività pochi mesi dopo la Liberazione: fra questi il polverificio di Pallerone, il polverificio di Stacchini di Fivizzano e la Montecatini Sgem di Villafranca, il cementificio di Pontremoli e la Loser di Filattiera (Centro Studi e Ricerche Economico-Sociali, Unione Regionale delle CCIAA della Toscana 1974, 502).
- Le maestranze occupate al 31 dicembre 1951 nei comuni lunigianesi e versiliesi entrati a far parte della Zia erano pari 2.461 unità; tuttavia, la maggior parte risultava occupata negli stabilimenti già presenti in queste aree (Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Relazione del Presidente Dr. Avv. Gurgo Salice Ermanno al Consiglio direttivo dell’Ente sulla attività svolta nell’anno 1951)
- Nel 1949 i disoccupati erano 12.167 unità (dato medio annuale), mentre nel 1952 erano 12.210. Ancor più significativo è il dato relativo ai giovani di età inferiore ai 21 anni in cerca di prima occupazione, che nel 1949 erano 2.781, mentre tre anni dopo erano 4.158 (Ccms, Indici della ricostruzione, s.d.).
- Un ulteriore indicatore della crescita economica stimolata dalla Zia è l’incremento del gettito dell’imposta Icap (Imposta comunale sulle industrie, commerci, arti e professioni) per Massa-Carrara: fatto 1 il 1938, nel 1948 sfiorò quota 21, arrivando a 91,2 nel 1952 (nel 1953, anno di crisi, tornò a 76,2).
- Associazione degli Industriali della Provincia di Massa e Carrara, Relazione all’Assemblea ordinaria dei Soci del 30 aprile 1953, pp. 61-64.
- Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Relazione del Presidente Dr. Avv. Gurgo Salice Ermanno al Consiglio direttivo dell’Ente sulla attività svolta nell’anno 1953.
- Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Relazione del Presidente Dr. Avv. Gurgo Salice Ermanno al Consiglio direttivo dell’Ente sulla attività svolta nell’anno 1956.
- Archivio del Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Verbale n. 63 del 13 dicembre 1956.
- Archivio del Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Verbale n. 64 dell’11 aprile 1957
- Archivio del Consorzio per la Zona Industriale Apuana, Verbali n. 64 dell’11 aprile 1957 e n. 65 del 18 giugno 1957
Note
Elenco delle società presenti
autore: Renato Petri

Z.I.A. ZONA INDUSTRIALE APUANA

Oggi
Ieri
un paese di Cuccagna
Anche Carrara, in tempi non neanche tanto lontani, è stato un paese di Cuccagna nel quale scorrevano fiumi di latte e miele…
  • Pubblichiamo, con l'autorizzazione dell'autore il brano seguente, parte di un racconto ambientato nella Marina di Carrara degli anni sessanta:

"… Il primo dei due operai che stanno pedalando lungo la strada sterrata che porta alla casa di Maria si chiama Giocò e in quei giorni ancora non sa che il suo destino è segnato, che gli restano pochi anni da vivere. Lavora in una di quelle fabbriche della morte che lo sviluppo della chimica ha disseminato per tutta l'Italia negli anni a cavallo delle due guerre e che ora, nel periodo del boom economico del secondo dopoguerra, producono a tutto regime.
Ora come ora Giocò è contento di avere un lavoro sicuro al reparto stoccaggio diserbanti della Rumianca che gli permette di mantenere in modo dignitoso la famiglia, dopo gli anni stentati del dopoguerra nei quali si è arrangiato con cento lavori precari.
Pochi anni dopo la sua morte, una morte come quella di tanti altri, per un tumore al fegato, la fabbrica sarà dismessa, poi in breve tempo anche tutte le altre fabbriche chimiche della zona industriale saranno chiuse. Ancora una manciata di anni e si comincerà a parlare d'inquinamento e danni ambientali, ma intanto le produzioni più inquinanti di sostanze chimiche come quelle che nella zona industriale apuana erano state prodotte per decenni, sono già trasferite, dislocate si direbbe oggi, nei paesi del terzo mondo nei quali i controlli su cosa e come viene prodotto sono inesistenti, nei quali la manodopera costa poco, la vita niente e le molte Bophal provocate restano perlopiù ignote.
VISTA DELLO STABILIMENTO vetrocoke - cokapuania
Quando la Rumianca era da poco chiusa, fu notato dagli abitanti delle case che erano sorte in barba ad ogni piano urbanistico a ridosso o dentro la zona industriale, un notevole andirivieni notturno di betoniere.
Si diffuse poi la diceria che i magazzini seminterrati nei quali erano stoccati i fusti dei diserbanti erano stati incapsulati in un sarcofago di cemento come poi, anni dopo, si vide in televisione fare nella lontana Cernobyl.
Ma forse queste erano solo voci senza fondamento, chiacchiere di paese.
Fatto è, però, che mentre le aree occupate dalle altre fabbriche sono state pian piano bonificate (e anche qui, volendo, si potrebbe sollevare la questione di non poco conto di uno sviluppo economico basato sugli utili di pochi e sulle spese di bonifica a spese della comunità) e riutilizzate per altre attività, l'area ex Rumianca è restata com'era, gli edifici si sono lentamente diroccati e i piazzali riempiti di stente erbacce giallastre.
In seguito si dirà, con sentenza di un tribunale della Repubblica Italiana nel caso di Porto Marghera, che dei rischi connessi a certe lavorazioni industriali, in quei tempi non si aveva conoscenza, ma non era così, le lavorazioni nocive erano definite nocive, il turno di lavoro era, a parità di paga, di sei ore anziché otto, e poi quando mai un padrone ti regalava un litro di latte alla fine di ogni turno di lavoro? Litro di latte che gli operai portavano a casa per i figli e che talvolta rivendevano per arrotondare il salario.
Tutti sapevano, tutti, gli industriali che oltre che ad uccidere direttamente, con cancri e tumori, avvelenavano la terra, i fiumi e il mare con i loro scarichi e le autorità sanitarie che tutto ciò hanno coperto con controlli inesistenti o concordati ed infine i sindacati e gli operai stessi che il rischio di morire per un cancro o un tumore lo mettevano in conto pur di avere la possibilità di lavorare.
In quegli anni di cuccagna il Carrione era color latte per la polvere di marmo che conteneva e il colore era la cosa meno grave, con sé portava, oltre la polvere, gli acidi e le cere impiegati nelle lavorazioni delle segherie sorte accanto alle sue sponde e nelle giornate di mare calmo e senza vento formava un'enorme macchia bianca che per centinaia e centinaia di metri si allargava nel mare.
L'attiguo Lavello, poco più di un semplice fosso, attraversava la contigua zona industriale. Era a vederlo come un fiume in un film di fantascienza, con le sue acque nere, iridescenti e lucide, color arcobaleno, le sabbie delle rive colorate di blu, viola e verde, gli scogli corrosi e neri ancora ora a distanza di quarant'anni e qua e là, secondo la concentrazione degli scarichi del momento, i pesci a pancia all'aria impigliati nelle canne morte.
I due, l'uno bianco latte e l'altro lucido e nero sfociavano in mare a poche centinaia di metri l'uno dall'altro in un tratto di costa nel quale non appena iniziò il turismo di massa sorsero da un anno all'altro una decina di camping.
I turisti del boom economico che lavoravano nelle salubri fabbriche del nord, potevano così sguazzare felici in un mare dal quale alghe, cozze e ricci da un pezzo se n'erano andati inorriditi.
Si può obiettare che queste son cose scontate, che è inutile dirle di nuovo, altri le hanno già scritte, magari in opere scientifiche, corredate di grafici e statistiche, ma ricordarle è giusto. E' giusto ricordare quello che è stato un autentico genocidio compiuto dando a intendere che era progresso, è importante ricordare, specialmente in questi tempi accelerati, nei quali la memoria storica dei fatti accaduti e delle cause che li hanno provocati svapora ad una velocità che và di pari passo al generale istupidimento di una società che dicono globalizzata e che invece è soltanto omogeneizzata nei suoi aspetti più disumani."

  • Sull'altare del progresso
Ho letto il brano indicato...Ci sarebbero infinite "storie" dolorose, in quel periodo, da recuperare alla memoria collettiva... in fatto di insipiente (qualcuno con il rogor ci si lavava la faccia) ed anzi criminale impiego di micidiali sostanze per far produrre, a infimo costo industriale ma ad altissimo costo in vite umane e in termini di inquinamento ambientale) diserbanti, concimi, etc. ed anche asbesto (amianto) confezionato per l'industria automobilistica (freni) e dell'edilizia etc. La giustificazione: non si può imputare ad alcuno il fatto che ancora non fosse accertata scientificamente la loro pericolosità... eppoi se si vuole stare meglio tutti e lavorare...qualcuno dovrà pure esporsi ai rischi che fatalmente sono connessi alle lavorazioni industriali... fatalità, sempre fatalità!
Sull'altare del "progresso", dal dopoguerra ... a pochi anni or sono e a tutt'oggi, si sono sacrificate intere generazioni. E' la cosidetta monetizzazione del rischio, che impera in tutti i settori di lavoro... compreso quello dell'escavazione marmifera...E' di ieri la pubblicazione delle statistiche delle "morti bianche" in Italia, nelle fabbriche, in ogni altro insediamento lavaorativo e, in particolare, nell'edilizia: ogni giorno muoiono tre lavoratori! Solo da pochi annii sono stati riconosciutie e sanzionate-"ripagate" per legge le morti per amianto... Ma noi continuiamo a pensare che tutto sommato una discarica comprensoriale di cemento amianto ben impacchettato all'ex Cava Viti ci starebbe bene... e che tutto sommato qualche decina di inceneritori (pardon, termovalorizzatori) in più in Toscana e qualche discarica di rifiuti anche di obsoleta concezione in più in Lungiana porterebbero solo benefici... altro che la raccolta diffrenziata spinta etc
Quanto a testimonianze e riflessioni-denunce sui "benefici" dell'industrialismo spinto... invito a rileggere alcuni libri, come quelli di Alldo Cecchini (es. Vivere Domani del 1986); di Enzo Tiezzi, del 1984, Tempi storici Tempi biologici; Investi nel Millennio...a cura del Distretto Scolastico n. 2 di Lega Ambiente, sempre degli anni '80, nonchè il recentissimo Lavorare Uccide di Marco Rovelli.
Cordiali saluti, Mar Ven
Sinceramente non ho mia sentito parlare di Carrara come paese della Cuccagna. Forse lo era (e forse lo è ancora oggi) per certi industrialotti dalle mani bucate che non hanno saputo investire in arte quanto guadagnato, come è successo, invece, a tanti loro colleghi di Prato Grazie dell’inserimento nella storia minore. Vi ho scritto il 20\10 segnalandoVi 2 miei racconti di ambiente carrarese. Le avete letti? Ad abundantiam, nella rubrica Saggi del mio sito c’è un saggetto intitolato Le Cantine di Carrara che fu ripreso, a suo tempo, dalla rivista Il Sommelier (organo della FISAR). Grazie di una risposta. Buon lavoro a tutti.
Bezzi
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