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Alluvioni

STORIA
E’ tutta colpa del Carrione
Un tour video tra alluvioni passate e recenti sul nostro territorio.
By CarraraOnline.com
"Nella Pietra le sue Radici"
LA COLPA è TUTTA DEL CARRIONE!!!!!!
l torrente Carrione, è sempre stato considerato poco o nulla dalle Amministrazioni Comunali che si sono avvicendate negli anni. Per decenni considerato come una discarica, è stato riempito di rifiuti solidi urbani di ogni genere, la situazione si è ulteriormente aggravata quando cominciò lo scellerato sversamento nelle sue acque della terribile marmettola, che oltre a ucciderlo biologicamente, provocò il lento ma inesorabile innalzamento del suo letto, con il conseguente abbassamento degli argini.
Il torrente Carrione, è sempre stato considerato poco o nulla dalle Amministrazioni Comunali che si sono avvicendate negli anni. Per decenni considerato come una discarica, è stato riempito di rifiuti solidi urbani di ogni genere, la situazione si è ulteriormente aggravata quando cominciò lo scellerato sversamento nelle sue acque della terribile marmettola, che oltre a ucciderlo biologicamente, provocò il lento ma inesorabile innalzamento del suo letto, con il conseguente abbassamento degli argini. Così già nel primo dopoguerra cominciarono le periodiche devastanti esondazioni. Il 3 novembre del 1949 si verificò una grave alluvione che allagò la Città fino a Marina di Carrara, che distrusse ogni cosa al suo passaggio, mettendo in ginocchio una popolazione già stremata da una guerra sanguinosa. Questo evento però fu considerato dall’Amministrazione Comunale di quegli anni, come un fenomeno eccezionale, che accadeva una volta ogni tanto, e quindi da non prendere in considerazione, così non si fece nulla per mettere il torrente in sicurezza. Nei decenni successivi, complice anche una selvaggia e incontrollata escavazione alle sue sorgenti, che liberavano e mobilitavano tonnellate di sedimenti, la situazione andò sempre più peggiorando, nessuno pensò di fare una benché minima manutenzione al suo letto, che, oltre ad essersi sensibilmente sollevato, si era trasformato in un bosco lussureggiante, ne di programmare interventi sugli argini, divenuti in alcuni punti bassissimi diaframmi di terra. Così in una tempestosa notte di settembre del 2003, un violentissimo nubifragio, raccoglie e poi trascina nel suo corso fango e pietrisco, che per un pò formano quasi una diga, ma che poi rompendosi, generano una vera e propria onda anomale di acqua e fango che si precipita a folle velocità verso valle. L’effetto è disastroso, i fragili argini cedono in più punti, la via Carriona viene trasformata in un fiume parallelo che tutto trascina, che ingoia auto, allaga case e negozi, fa scoppiare fognature, e purtroppo ruba anche la vita a una donna strappandola dalla propria abitazione. Anche Avenza paga un pesante tributo alla distruttiva furia del Carrione, molte case e attività commerciali vengono spazzate via in pochi secondi, le centraline elettriche vanno in tilt, lasciando l’atterrita popolazione a lottare nel buio contro un nemico invincibile. Con le prime luci del giorno ci si rende conto della gravità del disastro! Decine di auto giacciono ammucchiate una sopra l’ altra, come se fossero state accartocciate dalla mano di un gigante infuriato, le strade cittadine sembrano piste carovaniere, piene di fango e detriti, che persino le ruspe stentano a liberare. Ora però si presta più attenzione al Carrione, e qualcuno si accorge che si può trasformare in una vera e propria miniera d’oro. Dopo un lungo e costoso piano di fattibilità, si cominciano i lavori per ridisegnare il suo corso, si mandano le ruspe a scavare attorno alle fondamenta di case trecentesche, alle proteste della popolazione, un arrogante servizio tecnico risponde che non ci sono pericoli. A dare corpo a tale assicurazione, una casa a tre piani crolla nel fiume, per fortuna senza vittime. Nonostante questo, il progetto continua, si accusano i ponti di essere troppo bassi, così si abbattono ponti secolari, per riedificarli esattamente nello stesso posto, poco più alti, senza però consolidare adeguatamente gli argini. La scarsa attenzione verso le segnalazioni dei cittadini prende purtroppo corpo nel settembre del 2012. Vengono ignorate numerose segnalazioni di infiltrazione d’acqua da sotto il Muraglione, un pezzo della Linea Gotica che funge da argine al Parmignola, un fiumiciattolo, poco più di un rigagnolo, al confine tra Carrara e la zona dell’antica Luni. Un nubifragio eccezionale provoca un’onda di piena che sfonda senza difficoltà la muraglia indebolita da decenni di infiltrazioni. L’effetto è disastroso, tonnellate di acqua fangosa inondano la piana, dal Paradiso alla Fossa Maestra, allagando case e distruggendo ogni cosa. Il mare infuriato, non ricevendo a dovere l’acqua, accentua il disastro, che verrà superato dopo oltre un mese di duro lavoro. Così, anche sulla sponda sinistra del Parmignola cominciano i lavori per la sua messa in sicurezza, mentre quelli al Carrione sono quasi terminati. Ma proprio da qui cominciano le dolenti note! Nella notte del 5 novembre 2014, dopo un allarme rosso lanciato dalla Protezione Civile ben 5 giorni prima, il nubifragio puntualmente si scatena, il Carrione si ingrossa a dismisura e rompe un argine appena maldestramente ricostruito, costato milioni di euro, e più volte segnalato per pericolose infiltrazioni d’acqua. Si assiste così ad un film già visto troppe volte. L’acqua senza più freni, si riversa come un torrente impetuoso verso la Marina, allagando e travolgendo ogni cosa al suo passaggio. Invade le strade, distruggendo ogni tipo di attività commerciale, la corrente elettrica si interrompe e il buio più nero cala su ogni cosa, rendendo l’alluvione ancora più terrificante. Il viale XX Settembre diventa un nuovo fiume che senza alcun ostacolo incanala l’acqua putrida e fangosa verso il centro di Marina.  Il silenzio della notte viene lacerato dal suono lamentoso di decine di sirene dei mezzi di soccorso, che si precipitano in aiuto di una popolazione impotente e atterrita. I vigili del fuoco si prodigano come sempre fino all’eroismo per aiutare e recuperare persone che sono in situazioni critiche, ma gli interventi sono talmente tanti che qualcuno, salito sui tetti delle case, deve aspettare ore per essere tratto in salvo. Intanto dall’argine maledetto, l’acqua continua ad uscire, allargando sempre più la falla e sommergendo strada dopo strada, invadendo negozio dopo negozio, distruggendo in un attimo il lavoro e i sacrifici di una vita. Le auto posteggiate, cominciano a galleggiare, e sono trascinate via dalla corrente impetuosa, fino a quando piene d’acqua si fermano contro qualche muro. Così dopo più di sessanta anni la storia si ripete, Marina di Carrara è ancora sommersa delle acque del Carrione, ancora una volta sfuggite al controllo dell’uomo, e come allora è percorribile solo con i gommoni dei pompieri che hanno sostituito gli antichi gozzi da pesca. Nelle pinete allagate non si sente più il dolce profumo di pino muschiato ma quello acre e pungente delle fogne esplose. Ora Marina è simile a una Venezia fangosa, con le strade trasformate in canali, dove non navigano romantiche gondole, ma rami foglie e rottami vari, oltre agli anfibi dei vigili del fuoco.  All’acqua che arriva dalla falla, si aggiunge quella che il nubifragio scarica dal cielo con inaudita violenza, accompagnata da fulmini che graffiano il cielo nero come la pece con unghiate di fuoco, seguite da tuoni così potenti da far temere l’apocalisse. Ora l’acqua in diversi punti supera di gran lunga il metro, così, per favorirne il deflusso  verso il mare, si decide di abbattere con le ruspe un lungo pezzo di muro di divisione tra il porto commerciale e la strada. Ma ormai i danni sono incalcolabili. Molte famiglie che abitavano ai piani bassi delle case,  sono dovute fuggire in fretta e furia così hanno perso tutto rimanendo solo con gli indumenti indossati al momento. Qualcuno si aggira ancora incredulo in quella che un tempo era una ridente cittadina balneare, e che adesso è molto simile a una malsana palude amazzonica. Quando il fortunale si placa e la notte comincia a scolorire, il paesaggio è irreale, e se non fosse tragico sarebbe quasi romantico, dove le case si riflettano alle prime luci dell’alba su un mare di acqua fangosa, ora finalmente calma. Ma la gravità di questa tragedia si capisce appieno solo il giorno dopo, quando la gente torna mestamente alle proprie case devastate ,e ai negozi distrutti. Con la morte nel cuore la gente marinella si rimbocca ancora una volta le maniche, e con la rassegnazione tipica della gente Apuana cerca, per l’ennesima volta, di fare pulizia in quel caos, di acqua fango e detriti. Vengono tolte montagne di mobili, materassi, televisori, e tantissime altre cose che l’acqua ha reso inservibili e irrecuperabili. Si lavano pareti e pavimenti per togliere un fango appiccicoso e maleodorante, che appena si asciuga si trasforma in una impalpabile polvere rossa, che rende l’aria irrespirabile. Si perdono così per sempre i ricordi di una vita, foto, vestiti, lettere e altri oggetti, che hanno un significato profondo per chi li ha perduti, e che nessun risarcimento, se mai ci sarà, potrà mai restituire. Intanto però ancora una volta la solidarietà scatta in modo quasi spontaneo, oggi i volontari della protezione civile sono molto più preparati ad affrontare questo tipo di emergenza, dotati di mezzi all’avanguardia ,e purtroppo allenati dal troppo frequente ripetersi di queste tragedie. Mettono subito in funzione le idrovore che hanno in dotazione per svuotare cantine e scantinati, mentre altri assistono con letti e pasti caldi gli sfollati nel complesso fieristico, requisito allo scopo. Colonne mobili di vigili del fuoco giunte anche da altre regioni coordinano gli aiuti, mentre le ambulanze fanno la spola per assistere i malati e gli infermi. Giganteschi camion dotati di gru a ragno, caricano le masserizie fradice e maleodoranti, e le portano in una discarica provvisoria allestita allo scopo davanti all’ingresso del Porto di Levante, dove ben presto spunta una nuova montagna, quasi a sfidare in altezza le apuane che sono di fronte. Ma la rabbia è incontenibile, e scatta in una protesta spontanea di gente esasperata che si rivolta contro le autorità comunali occupando il municipio. Sarà la magistratura a stabilire se quell’argine è crollato per colpevole incompetenza, o per criminale avidità speculativa, intanto è già cominciato il solito rimpallo di responsabilità tra le  istituzioni, che tentano disperatamente di dare la colpa ...al Carrione. Questa ennesima catastrofe annunciata che solo per caso non ha strappato vite umane, ha però fatto lo stesso le sue vittime; ha ucciso in molti, la speranza, il coraggio, e la voglia di ricominciare, affogati sotto un metro d’acqua fangosa.

Mario Volpi
12 novembre 2014
Carrara un paese di Cuccagna nel quale scorrevano fiumi di latte e miele.
Questi sono i risultati di Appalti e Progetti milionari per la sicurezza, ma di chi sono le responsabilità?
Ovviamente di nessuno, sarà il solito scarica barile, tra Comune, Provincia, Regione, Sindaci, Assessori  e via dicendo, tanto poi il tempo farà dimenticare tutto e chi ha dato ha dato e chi avuto ha avuto.
Qua da noi non vale nemmeno il detto “Cambiano i suonatori ma la musica è sempre la stessa” perché i suonatori sono anni che sono incollati allo scranone.
E’ ovvio che si è favorito, come sempre succede, l’interesse economico di pochi a scapito della collettività, permettendo in nome del progresso economico, uno sviluppo insensato e distorto che ha concentrato la ricchezza nelle mani di pochi e mantenuto il carrarese in condizioni di sviluppo economico e di reddito pro capite molto più bassi di quelli di quasi tutta la Toscana, con il risultato, apparentemente, paradossale, di un basso sviluppo economico in una zona di grande ricchezza mineraria e di grande potenzialità turistica.
Però così va il mondo e il carrarese non è da meno, anzi, Carrara è un poco come il Venezuela, con tutto il rispetto per il Venezuela e i venezuelani, ricca la prima di oro bianco, ricco il secondo d’oro nero, ma entrambi ricchi soprattutto di bandoleros.
Anche Carrara, in tempi non neanche tanto lontani, è stato un paese di Cuccagna nel quale scorrevano fiumi di latte e miele.
https://www.carraraonline.com/storia_minore_e_curiosita.php

  • LA NOSTRA PROVINCIA
Dal Corriere Apuano - http://ilcorriereapuano.it/notizia.asp?idnotizia=3357
Asl condannata per debiti milionari, - da TT NEWS 24.IT –
http://www.ttnews24.it/2013/09/16/buco-asl-debiti-ripianati-per-156-milioni/
Disastri ambientali costruendo il polo chimico industriale ( anni 50/80) tutti sapevano ma chi se ne frega…… se la gente si ammala.
Dal Tirreno - http://iltirreno.gelocal.it/massa/cronaca/2011/03/25/news/in-provincia-record-di-tumori-1.2392874
Il Cermec Aziena Municipalizzata – Dal Tirreno - http://iltirreno.gelocal.it/massa/cronaca/2011/12/18/news/cermec-oltre-l-inchiesta-il-buco-1.2916412

Solidarietà ... secolare
Spetta/Le Redazione
Mai come in questi tragici giorni, l'intera cittadinanza di Marina di Carrara, deve un sincero ringraziamento alle centinaia di volontari delle varie associazioni, che con altruismo assolutamente disinteressato hanno contribuito a dare soccorso e aiutare in qualche modo una popolazione provata da una così grave calamità. L'intera Europa ci invidia la qualità e la professionalità della nostra Protezione Civile composta quasi interamente da volontari non retribuiti, spinti, proprio come secoli fa, solo dalla solidarietà. Tutti noi, quotidianamente, udiamo il suono lamentoso di qualche ambulanza, che corre a soccorrere qualcuno. Formato quasi interamente da volontari non retribuiti, i soccorritori del 118, hanno molto in comune con i volontari, che secoli fa, formarono le prime Confraternite, chiamate poi Misericordie. Nella buia Era medievale, la vita umana aveva scarso valore, continuamente in pericolo per guerre, carestie, malattie, e pestilenze, non esisteva nessuna Autorità costituita, che potesse dare una qualche forma di aiuto. Così, quasi come una forma di auto protezione, vicino a Chiese e Conventi, nacquero le prime Confraternite, composte di cittadini, che obbedivano volontariamente a un comandamento di Dio, ossia soccorrere i feriti, e gli infermi. La prima di queste, di cui si hanno notizie certe, si formò a Firenze, attorno al XV secolo. I cittadini, prestavano la loro opera, non solo gratuitamente, ma come raccomandavano le scritture, nell’anonimato più completo, coprendosi il volto con un cappuccio chiamato “Buffa”. Dapprima osteggiate dalle Autorità religiose, che temevano di perdere potere, poi tollerate, e infine, quando si capì appieno i loro scopi, incoraggiate, queste Confraternite proliferarono rapidamente, in tutta Italia, prendendo il nome di Misericordie. Il concetto di Misericordia di allora era molto diverso da quello attuale, ma in quel contesto, e con i mezzi del tempo, anche l’eutanasia era una forma di misericordia più che giustificabile. Accadeva così. Durante le frequenti guerre, i sacerdoti, e spesso anche i Vescovi, si recavano sul campo subito dopo la fine della battaglia, e decidevano, in base alla gravità delle ferite, chi aveva qualche possibilità di sopravvivere, e chi no, e a questi ultimi, per evitargli inutili sofferenze, erano finiti con un sottile pugnale a lama quadrangolare, detto appunto Misericordia, atto a infilarsi tra le aperture della corazza. Nei secoli, le Misericordie si evolsero, nacquero le Confraternite di Mestiere, che offrivano assistenza in particolar modo ai propri soci. Anche se non si possiede una documentazione che ne accerti l’esistenza, sicuramente qualcuna di queste era presente anche a Carrara, a tutela dei lavoratori delle nostre cave. Lo si suppone, per la consuetudine arrivata fino a nostri giorni, di annunciare tramite il suono del “mugnone” e in tempi antichi, del corno, di un infortunio grave, e dall’accorrere di tutti i cavatori più vicini per prestare soccorso. Questa pratica è uguale a quella ben documentata, che avveniva nei paesi a monte, dove sopravisse fino agli inizi del XX secolo. Era una forma di assistenza, e soccorso, formata da cittadini volontari, scelti in precedenza, che al suono delle campane a martello, lasciavano il lavoro nei campi per accorrere, e trasportare il malato grave, o l’infortunato, verso il piano. Intanto nel 1865 nacque a Pietrasanta la prima associazione di Pubblica Assistenza, risposta laica alle Misericordie, che pretendevano che i loro confratelli fossero cristiani battezzati e praticanti. Le P. A, in Toscana proliferano rapidamente, e grazie alle donazioni della cittadinanza possono acquistare sedi, e mezzi. La loro struttura è improntata alla democrazia più avanzata, i volontari, di ogni ceto sociale, eleggono un Presidente, che sottopone a un Consiglio le sue decisioni per l’approvazione. Anche se nate da due scuole di pensiero diverse, le due Associazioni perseguivano il medesimo scopo, e, di fatto, non vi furono mai contrasti, anzi, ambedue cercarono di evolversi e di dotarsi di mezzi sempre più moderni per servire al meglio la popolazione. Un tempo, nel soccorrere un malato, o un ferito, la priorità era data alla velocità del suo trasporto verso l’Ospitale, il Convento, o in tempi più moderni l’Ospedale. Il trasporto avveniva con mezzi e metodi diversi, a seconda della morfologia del terreno. Vi era la “Zana” una specie di gerla imbottita con fieno, da portare sulle spalle, utile soprattutto nel trasporto di bambini, o il “Cataletto.” Questo era l’antesignano delle moderne barelle. Composto di un pianale di legno fissato su robuste pertiche, aveva una copertura metallica, su cui si stendeva un telo per salvaguardare il ferito dai rovi, e ripararlo da polvere e sole, erano necessari da otto a dodici uomini che si davano il cambio per il suo trasporto. S’inventò poi il “Volantino”una specie di rudimentale barella su grandi ruote, per arrivare poi al “Carro da volata, ” un carro, che poteva trasportare diversi feriti. Paradossalmente furono proprio le guerre, a fare evolvere i sistemi di soccorso e trasporto dei feriti. La prima a usare un servizio di “sanità” nei campi di battaglia fu Isabella di Spagna, che istituì nel 1400 gli “Ambulancias” che avevano il compito di trasportare su carri i feriti al sicuro, da qui il nome usato anche oggi per i mezzi di soccorso. Nelle guerre moderne, soprattutto quella di Crimea, ci si accorse, che era fondamentale per la sopravvivenza del ferito, non solo la rapidità di trasporto, ma che questi ricevesse le prime cure, come ad esempio arrestare un’emorragia, direttamente dal soccorritore. Così si pensò di attrezzare un carro-ambulanza, con personale in grado di prestare le prime cure, per stabilizzare così il ferito, mentre si trasportava velocemente in Ospedale. Dal carro a cavalli, si passò alle neonate auto, certamente più veloci e sicure. Alla fine del secondo conflitto mondiale, a causa dell’aumento esponenziale del traffico cittadino, soprattutto nelle grandi città italiane, le ambulanze con il faro con la croce che si accendeva sul tetto, e la sirena, non avevano più la certezza di precedenza, così nel 1959, si adottò una luce blu lampeggiante, che rendeva molto più visibile il mezzo anche di notte. Le ambulanze del tempo erano semplici auto furgonate, con i vetri sulle fiancate, e posteriori, sabbiati opachi, per non fare vedere l’interno, l’equipaggio era di due persone, ed erano così rare che quando udivamo la sirena, noi ragazzi andavamo sulla strada di corsa per vederla passare. Per rispondere sempre meglio alle aumentate richieste di soccorso, nella metà degli anni ottanta, le Misericordie e le P. A, si misero al passo con i tempi, formando personale paramedico in grado di lavorare in squadra, di rispondere in modo professionale a chiamate di soccorso H/24, e di usare apparecchiature mediche sofisticate. Formarono poi autisti in grado di destreggiarsi con sicurezza, anche ad alta velocità, nel caotico traffico cittadino. Anche le ambulanze si modernizzarono, secondo le norme dettate dalla Comunità Europea, si usarono capaci furgoni, con le dotazioni mediche e di sicurezza standardizzate, con scritte e colori codificati. Per essere subito riconoscibili, anche le sirene diventarono bitonali, diverse da quelle delle forze dell’ordine. Nel 1992 poi, dopo un anno di sperimentazione, fu istituito un numero telefonico di soccorso unico su tutto il territorio Nazionale, il 118. Da una Centrale Operativa un operatore invia al richiedente il mezzo più adatto, dall’ambulanza, all’elisoccorso. Ora questo numero sta per essere sostituito con il 112, che sarà in grado di inviare anche pompieri, o forze dell’ordine. D’ora in avanti, spero che molti, sentendo, magari nel cuore della notte, la sirena di un’ambulanza, ricordino che quel mezzo, oltre al ferito, trasporta un carico ancora più prezioso... la solidarietà.
Mario Volpi
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Crediti
Realizzazione video CarraraOnline.com
  • Voce e testi di Mario Volpi
  • Foto CarraraOnline.com - Lucio Benassi -
  • Base musicale da http://www.freesfx.co.uk/soundeffects/sincere/
Note:
Video amatoriale senza scopo di lucro, alcune immagini sono state prese dalla rete.
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